Il grande e potente Oz, pregi e difetti del film di Sam Raimi - Panorama
Il grande e potente Oz, pregi e difetti del film di Sam Raimi
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Il grande e potente Oz, pregi e difetti del film di Sam Raimi

Ambizioso e colorato, ecco il prequel del cult Il mago di Oz. Con James Franco e Rachel Weisz

Finalmente dal 7 marzo Il grande e potente Oz è al cinema, per la gioia di chi ama il tripudio dei colori e degli effetti visivi. Il film di Sam Raimi, al servizio della Disney, è una sfida imponente visto che si erge a prequel de Il mago di Oz del 1939, cult di Victor Fleming (lo stesso di Via col vento) scolpito nelle memorie con cui è difficile confrontarsi. Come dimenticare le scarpette magiche di Dorothy interpretata da Judy Garland e la strada di mattoni gialli? Questo nuovo episodio cerca però di togliersi dall'impiccio dei raffronti ispirandosi sì anch'esso ai libri di L. Frank Baum, ma per certi versi se ne affranca andando a immaginare chi fosse il mago e come fosse il mondo di Oz prima che Oscar Diggs divenisse il mago di Oz.

Il risultato qual è? Il regista dell'horror La casa e della trilogia di Spider-Man supera la sfida, a metà. E, anche se si snatura meno di quanto fece Tim Burton sempre al servizio della Disney con Alice in Wonderland, il suo film ricorda un po' quell'operazione, non del tutto riuscita. In questo caso l'attore feticcio di Raimi non è Johnny Depp ma James Franco (l'Harry Osborn di Spider-Man). Lui non è male (certo, come si può criticare Franco?!), ma immaginare Robert Downey Jr., colui che ha declinato l'offerta della parte da protagonista, nei panni del mago da strapazzo e donnaiolo Oscar Diggs, be', fa pensare a un film diverso. Ma non si può ragionare per ipotesi.

E così, punto per punto, ecco - secondo me - cosa funziona e cosa non funziona de Il grande e potente Oz.

Cosa va:

- Titoli di testa e inizio in bianco e nero seducenti. I titoli di testa, che si aprono in una sorta di tunnel roteante, sono davvero affascinanti. Com'è apprezzabile la scelta di iniziare la storia con il formato tradizionale 4:3, in un bianco e nero seppiato, come a sottolineare una netta separazione tra il prima e il dopo, nel mondo di Oz a widescreen.

- Effetti visivi apprezzabili. Nel grande realismo della bambola vivente di porcellana, che pare davvero una bimbetta alta poco più di un ginocchio e birichina, sta il sunto della bontà degli effetti visivi, dietro ai quali ritroviamo lo stesso John Frazier premio Oscar per Spider-Man 2. Se in verità io mi aspettavo un mondo di Oz ancor più meraviglioso e stordente, visto che a crearlo c'è lo scenografo Robert Stromberg di Avatar, sono tanti comunque i pregi del reparto tecnico. La caduta nella cascata di Oscar Diggs, con la scelta della ripresa soggettiva, è fantastica.

- 3D sobrio. Il 3D è dosato perfettamente. Niente che dia fastidio, nulla che sembri ridondante. Una volta si sussulta anche sulla sedia per qualche "fuoriuscita" di oggetti, ed è così inaspettato che è divertente.

- Rachel Weisz torreggia. Tra le tre streghe è l'ambigua e malvagia Evanora interpretata da Rachel Weisz la più ammaliante e riuscita. Anche se basta un'inquadratura per capire che in realtà è lei la cattiva, è comunque elegante e ambigua. Forse è lei la perla del cast: James Franco è un attore sublime, e questo si sa, ma sembra a volte quasi sforzarsi a tenere perennemente in viso quell'espressione da sbruffone, come a Oscar Diggs, mago da circo, si chiede.  

- Omaggio al cinema. La magia è illusione, e il cinema pure. Sam Raimi lo sa bene e con grande amore dissemina qua e là omaggi alla settima arte. Come nel formato del prologo iniziale o nel panegirico di Oscar Diggs al prassinoscopio. E poi Oscar, o meglio il mago di Oz, che sul finale guida il maestro Tinker e il nano Knuck, guardando dentro un mirino e dando disposizioni, studiando tempi ad effetto, sembra in tutto un regista sul suo set.

Cosa non va:

-  Sceneggiatura non brillante. Scritta da Mitchell Kapner e David Lindsay-Abaire non ha grandi sussulti ed è spesso piatta e prevedibile. È sicuramente uno dei talloni d'Achille del film e penalizza molto il ritmo. Si sollevano ogni tanto dal piattume i dialoghi tra Oscar e la scimmietta volante Finley.

- Troppo lungo: la noia è un'insidia. Il film dura 2 ore e 10 minuti. Di per sé la lunghezza non è un difetto, ma quando a un certo punto, guardandoti attorno e stropicciando i piedi sotto la poltroncina, cominci a chiederti quanto durerà ancora la visione, be', qualcosa non va. Sarebbe stato meglio sforbiciare qua e là.

- Poco di originale. I diversi richiami a Il mago di Oz e a Il meraviglioso mago di Oz di Baum (vedi il Paese di porcellana o la strada di mattoncini gialli) sono graditi e anzi sanno di omaggio rispettoso agli originali. Da un film che però prende ispirazione dai racconti di Baum ma vuole poi volarne lontano, immaginando altro, mi aspettavo di più. Mi aspettavo più poesia, più sogno. Pensavo di sentirmi trasportata distante e di essere strabiliata. Non è stato così. Forse i punti di vista dipendono però molto dalle aspettative.

- Mila Kunis sacrificata. La povera Mila Kunis sembra compressa nei panni tutt'altro che seducenti di Theodora: così ingenua prima, così ridicolamente incattivita dopo. Per c'è poco approfondimento del personaggio. Va meglio a Michelle Williams e alla sua Glinda, più ricca di sfumature.

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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