Rapito: il nuovo film di Marco Bellocchio è la cosa migliore da vedere al cinema

Arriva al cinema il 25 maggio, dopo il passaggio a Cannes, il nuovo lavoro del regista piacentino sulla storia di un bambino ebreo rapito dallo Stato Pontificio. Ed è un capolavoro
Rapito il nuovo film di Marco Bellocchio è la cosa migliore da vedere al cinema
ANNA CAMERLINGO

Quando è salito sul palco per ritirare il David di Donatello alla miglior regia per Esterno Notte, Marco Bellocchio ha detto che la cosa più importante per lui è continuare a lavorare e avere la forza di non fermarsi. «Mi auguro di avere ancora un po' di tempo per fare delle cose belle», ha ribadito sollevando il premio al cielo e tenendo fede alla parola data, visto che Rapito, il suo ultimo film presentato in concorso al Festival di Cannes, è un capolavoro di regia e di scrittura come non ne vedevamo da tempo. A 83 anni Bellocchio, infatti, dirige e confeziona un film mastodontico e difficilissimo ispirato a un fatto storico realmente accaduto che aveva già attirato l'attenzione di un pezzo da novanta come Steven Spielberg, che aveva pensato in tempi non sospetti di scrivere un film sull'incredibile storia di Edgardo Mortara, il bambino ebreo di sette anni strappato alla sua famiglia d'origine nella Bologna del 1858 per essere cresciuto da cattolico alla corte del Papa Re Pio IX. Questa storia assurda di ingiustizia, meschinità e dolore viene raccontata dalla regia di Bellocchio e tratteggiata dalla sceneggiatura stilata dallo stesso regista e da Susanna Nicchiarelli con una perizia e una cura meticolosissime, frutto di un'attenta ricostruzione storica e, soprattutto, di una storia che non ha bisogno di grandi nomi per essere portata alla ribalta perché sono gli sguardi, i piccoli gesti e le microespressioni a guidare lo spettatore all'interno di un tunnel di angoscia e tensione che regge incredibilmente fino alla fine.

La famiglia Mortara in RapitoANNA CAMERLINGO

Rapito, più che un dramma a sfondo storico, è un thriller capace di interrogare i cristiani su quanto sia labile il confine tra la fede e il comune buonsenso. Esattamente come Silence, il meraviglioso film di Martin Scorsese che ha costretto lo spettatore a porsi delle domande su cosa rappresenti la religione e su quanto in nome di essa sia stato fatto del male a una marea di innocenti, così Rapito ci mette di fronte a un'autorità, quella del Papa, che decide di distruggere una famiglia in nome di un battesimo che il piccolo Edgardo non ha mai voluto. La bravura del piccolo Enea Sala, assolutamente perfetto nel restituire la purezza di un infante che dall'oggi al domani è costretto a rinunciare alla protezione della sua famiglia - bellissima la scena in cui sua madre, la grande Barbara Ronchi, prova a nasconderlo alle guardie infilandolo sotto le pieghe della sua gonna scura - per sentirsi dire che tutto quello in cui ha creduto fino a quel momento è sbagliato è la ciliegina sulla torta di un capolavoro che regala scene di assoluta potenza estetica e scenografica. Come quella in cui Edgardo, di notte, si arrampica sull'altare e stacca i chiodi dalle mani e dai piedi del Cristo crocifisso liberandolo dalle catene per permettergli di andarsene: una scena che ricalca alla lontana una sequenza di Marcellino pane e vino che la regia di Bellocchio e la straordinaria fotografia di Francesco Di Giacomo rendono addirittura sinistra.

Leonardo Maltese è Edgaro Mortara da grandeANNA CAMERLINGO

Tutto in Rapito restituisce le vertigini di un potere assoluto sulla via del tramonto e la disperazione di una famiglia, i Mortara, che spenderà tutta la vita per ricongiungersi con Edgardo scontrandosi con l'autorità papale che, al tempo, esercitava il controllo su quasi tutto il territorio. Il trono tenuto a spalla su cui è accomodato il Papa interpretato brillantemente da Paolo Pierobon, le lacrime strozzate del padre interpretato dal bravissimo Fausto Russo Alesi e la potenza espressiva di una madre risoluta e coraggiosissima che ha il volto di Barbara Ronchi non sono altro che piccoli tasselli in grado di restituire un mosaico di umanità e resistenza dal quale usciranno sconfitti tutti: il potere del Papa, annientato dalle truppe sabaude che conquistano Roma in una scena spettacolare che ricorda l'invasione dei garibaldini nel Gattopardo di Visconti; i Mortara, consumati dall'impotenza di non essere riusciti a fare niente per riportare il figlio sotto la loro ala, e lo stesso Edgardo, un ragazzo sradicato dalle sue origini che spenderà la sua vita al servizio della Chiesa ma senza più una bussola in grado di aiutarlo a orientarsi del mondo - il frame in cui l'Edgardo adulto interpretato da un incredibile Leonardo Maltese viene colto da un raptus di rabbia cieca che lo porta a unirsi ai rivoltosi per gettare la bara del Papa nel Tevere è forse uno dei più poderosi dell'intero film. E poi ci sono Filippo Timi e Fabrizio Gifuni in due ruoli secondari ma rilevanti grazie alla loro forza espressiva, ci sono i costumi meravigliosi di Sergio Ballo e Daria Calvelli, la scenografia di Andrea Castorina, le musiche di Fabio Massimo Capogrosso, e una fotografia caravaggesca che speriamo possa vincere tutto il vincibile ai David e non solo.

Bruno Cariello, Fausto Russo Alesi e Barbara Ronchi in una scena di RapitoANNA CAMERLINGO

A 83 anni Marco Bellocchio e la sua squadra sono riusciti a mettere a punto un film vicinissimo alla perfezione che ci rende fortunatissimi all'idea di averlo nel nostro catalogo, con la speranza che il pubblico corra a vederlo in massa al cinema perché Rapito è forse uno dei film italiani più belli mai usciti negli ultimi dieci anni.

Fabrizio Gifuni in RapitoANNA CAMERLINGO

Rapito è una produzione IBC Movie e Kavac Film con Rai Cinema in coproduzione con Ad Vitam Production (Francia) e The Match Factory (Germania), ed è prodotto da Beppe Caschetto e Simone Gattoni, coprodotto con la partecipazione di Canal +, Cine’ + e Br/Arte France Cinéma in associazione con Film-und Medienstiftung NRW con il supporto di Région Ile-de-France. Il film gode del contributo selettivo del MIC Ministero della Cultura e del sostegno della Regione Emilia-Romagna attraverso l’Emilia–Romagna Film Commission. La sceneggiatura è di Marco Bellocchio e Susanna Nicchiarelli con la collaborazione di Edoardo Albinati e Daniela Ceselli, e la consulenza storica di Pina Totaro. Il film si ispira liberamente a Il caso Mortara di Daniele Scalise, edizioni Mondadori.

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