Il colore venuto dallo spazio, il ritorno all'horror Sci-fi di Richard Stanley è “oltre”

Il film del visionario regista sudafricano di Hardware - Metallo letale, con un Nicolas Cage ancora più fuori di testa di Mandy, è entrato nella libreria di Prime Video.
Il colore venuto dallo spazio
Prime Video

Un anno dopo il delirante Mandy, Nicolas Cage ha donato al mondo un’altra interpretazione folle in Il colore venuto dallo spazio, da pochissimo nella libreria di Prime Video. La storia si ispira a uno dei racconti più perturbanti di HP Lovecraft, quel Color Out of Space del 1927 che indugia tra horror e fantascienza e ha già subito svariate trasposizioni. Nessuna tanto disturbante, perversa e caleidoscopica - non era stata fortunata, finora, come La "cosa" (di un altro mondo) di Campbell del 1938 tradotta nel cult di John Carpenter - come questa diretta da Richard Stanley che si avvale, come accennato, dell'interpretazione di uno strepitoso Cage. Una famigliola del New England vive in una fattoria sperduta; è composta dal padre Nathan, dalla madre Theresa e da tre figli (gli adolescenti Lavinia e Jack e il più piccolo Benny). Nathan alleva alpaca, Theresa lotta contro un tumore, Lavinia cerca di salvarla con riti Wiccan, Jack e Benny vivono in un mondo tutto loro. Quando un meteorite si schianta nella loro bucolica proprietà, un’atmosfera sinistra cala sui Gardner, sui loro terreni e sulla foresta circostante, traghettandoli verso la follia. 

Richard Stanley è il regista dell'agghiacciante Hardware – Metallo letale, (chi scrive da piccola ne aveva il sacro terrore), pellicola di culto di supernicchia per fanatici di tecno-horror su un cyborg assassino ,con una colonna sonora potente tra classica e alternative metal. Dopo essere stato risucchiato dall’oblio per vent’anni (complici quei dissensi creativi che molti geni riottosi dell’intrattenimento soffrono, valga l’esempio del Bryan Fuller di Hannibal) il regista sudafricano ci ha onorato con questo ritorno clamoroso. Rispetto ad altri esemplari del genere Il colore venuto dallo spazio ha un ritmo lento, quasi immobile. L’andamento procede sempre più snervante mentre i Gardner scivolano lentamente nella pazzia, ma in modo differente: c’è chi è perseguitato dall’odore della morte e diventa gradualmente più rabbioso e aggressivo; chi è soggetto a catalessi e si automutila, chi sente sibili lancinanti e affoga nella paranoia, chi viene totalmente soggiogato dalle emanazioni della sinistra presenza insinuatasi nel pozzo in giardino, infettando l’acqua della valle. 

Allegorico, zeppo di simbolismi, è la cronaca della spiazzante discesa all’inferno dei Gardner, e con loro dei loro animali e degli altri esseri viventi della foresta, sistematicamente corrotti, mutati, annichiliti e sostituiti da una flora aliena caratterizzata da un indefinibile psichedelico colore rosa. La messa in scena è un selvaggio e delirante trip e non c’è davvero altro modo per definirla se non “fuori di testa”. Man mano che l’influenza tossica della presenza aliena - l’effetto di un perverso terraforming – prende il sopravvento, l’atmosfera e l’andamento della storia diventano sempre più grotteschi, confusi, nel vero senso della parola: alienanti. Le emissioni prismatiche del meteorite, onde di luce sinestetiche che aggrediscono i sensi e mutano i corpi, aprono le porte della percezione su una natura ultraterrena che è affascinante e a inquietante al tempo stesso, ma che alla fine trasforma tutto quello con cui viene in contatto in aberrazioni mostruose. 

Il colore venuto dallo spazio gradualmente abbandona l'andamento narcolettico e narcotizzante della narrazione e diventa un body horror psicotropo, un tableau vivant popolato da raccapriccianti fusioni di corpi umani e animali che evocano gli orrori di David Cronenberg, di Brian Yuzna, di Shinya Tsukamoto. Il risultato è disgustoso, aberrante, culminante in un tripudio gore. Qualcuno lo ha chiamato horror di serie B, ma Color Our fo Space non lo è affatto: per l’opera di Stanley non esiste neanche una lettera dell’alfabeto in grado di classificarla… è oltre.