Quella miniera d'oro di Tolkien. Il giro di soldi dietro a Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere - Startmag skip to Main Content

Il Signore Degli Anelli – Gli Anelli Del Potere

Quella miniera d’oro di Tolkien. Il giro di soldi dietro a Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere

Non è ancora uscita ma la serie di Amazon Gli Anelli del Potere ha già battuto svariati record economici, almeno a livello di budget. Intanto, un inatteso passaggio di mano dei diritti sulle opere di Tolkien accende il faro sull'arrembante realtà svedese Embracer 

Manca ormai pochissimo al debutto de Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere, la serie televisiva incentrata su una piccola parte, come vedremo, dello sterminato immaginario tolkeniano. Serie su cui Amazon Prime ha scommesso molto, anzi moltissimo per il rilancio della stagione autunnale.

Non deve perciò sorprendere se ora gli occhi di tutti siano concentrati su questo nuovo, possibile, successo televisivo dalla portata planetaria o, in caso opposto, considerati gli investimenti, su questo venturo flop colossale.

QUANTO È COSTATO GLI ANELLI DEL POTERE

Non è certo un mistero che Amazon Prime voglia fare de Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere un kolossal capace di superare perfino Game of Thrones, e caso vuole che quest’opera televisiva debba competere proprio con uno spin off de Il trono di spade: House of the Dragon.

Almeno i costi di realizzazione al momento paiono non paragonabili se si pensa che Il Trono di Spade, serie Hbo trasmessa anche via Sky in 170 Paesi e seguita da 23 milioni di telespettatori, costava all’incirca 100 milioni di dollari a stagione, con un budget a episodio che dai 6 milioni della prima serie è arrivato ai 15 dell’ultima (sono aumentati gli effetti speciali, certo, ma pure i compensi del cast), mentre Amazon per la produzione della prima stagione della serie Il Signore degli anelli: Gli anelli del potere ha già speso 465 milioni del miliardo circa accantonato, per un totale di oltre 58 milioni a episodio, dunque.

Del resto, per non sfigurare rispetto all’esalogia cinematografica firmata da Peter Jackson, la produzione ha dovuto rivolgersi ad artisti che hanno collaborato col regista neozelandese, come il compositore premio Oscar Howard Shore o il truccatore Jamie Wilson, la cui presenza non ha certo contribuito a mantenere bassi i costi. In tutto ciò è stato vitale il contributo offerto dal governo della Nuova Zelanda, dov’è ambientata la prima stagione, pari a circa 116 milioni di dollari. Ma il budget a carico di Amazon resta stellare.

BUDGET CHE SUPERANO HOLLYWOOD. SERIE A CONFRONTO

Già questo è un record non di poco conto destinato a restare imbattuto anche nell’immediato se si considera che pure lo spin off di Game of Thrones, House of the Dragon, almeno secondo alcune fonti citate da Variety, si manterrà, per questa prima serie in onda proprio in questi giorni, attorno al costo di 20 milioni di dollari a puntata, per un totale di 200 milioni complessivi.

Si tratta di una somma modesta, superata anche dal fenomeno Stranger Things di Netflix che ormai veleggia sui 30 milioni a puntata, dato che il cachet degli imberbi attori, ormai vere e proprie star hollywoodiane, continua a lievitare a dismisura.

La scelta di puntare su artisti per lo più sconosciuti non tiene a lungo basse le spese, ma si tratta di una conseguenza comunque agognata dagli stessi produttori dato che significa che, nel mentre, la serie ha successo. E i ricavi? Le piattaforme online tengono le bocche cucite, ma si sa per esempio che 15 secondi di pubblicità negli intervalli di Games of Thrones sono arrivati a costare tra i 50 e i 100 mila dollari.

LIBRI D’ORO, QUANTO VALGONO I DIRITTI DI TOLKIEN

E poi ci sono le licenze da pagare, molto più di quanto possa costare un team di autori. Nel caso de Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere, Amazon nel 2017 è arrivata a sborsare 250 milioni di dollari per aggiudicarsi all’asta le sole Appendici, ovvero quella parte narrativa in calce alla trilogia composta da La compagnia dell’Anello, Le due torri e Il ritorno del Re che lo scrittore britannico J.R.R. Tolkien aveva aggiunto per dare maggior compiutezza all’opera, nel tentativo di incastrarla anche con gli accadimenti già narrati ne Lo Hobbit.

I LIMITI LEGALI CHE VINCOLANO GLI ANELLI DEL POTERE

Ebbene, a dispetto di ciò che i più credono, nonostante il titolo, il telefilm che partirà il prossimo 2 settembre su Amazon Prime non solo non ha di fatto nulla a che vedere col Signore degli Anelli (nel senso che il telefilm avviene persino in un’altra era storica) ma, soprattutto, per motivi di diritti non può citare eventi, fatti e personaggi apparsi esclusivamente nel Silmarillion, l’altro romanzo di Tolkien che, prendendo spunto dalle Appendici, descriveva nel dettaglio l’escatologia dell’universo immaginato dal filologo inglese.

I diritti acquistati da Amazon sono per uno show di 50 ore che dovrebbero essere spalmate lungo 5 serie che non potranno avere più di 8 episodi visto che, per intricate questioni legali, i diritti per un numero maggiore di puntate fino a poco tempo fa erano in mano a The Saul Zaentz Company mentre Amazon ha trattato direttamente con la fondazione che cura gli interessi degli eredi di Tolkien e che conserva i diritti per le serie fino a 8 episodi.

EMBRACER HA ACQUISITO I DIRITTI DELLE OPERE DI TOLKIEN

A proposito di licenze, non è stata svelata la cifra pagata da Embracer Group, compagnia svedese fondata nel 2011 e attiva nel campo dei videogame ma che sembra intenzionata a imporsi in ogni settore mediatico, per aggiudicarsi la Middle-earth Enterprises, detentrice dei diritti delle opere di Tolkien, incluso il piatto forte: Il Signore degli Anelli.

L’intero pacchetto apparteneva, dal 1976, alla The Saul Zaentz Company, che a febbraio lo aveva messo in vendita per 2 miliardi di dollari. Voci di corridoio parlano di una operazione compresa tra i 500 e gli 800 milioni di dollari messi sul piatto senza fiatare da Lars Wingefors, imprenditore che iniziò a fare affari a soli 13 anni, commerciando in borse in plastica, oggi con la sua Embracer tra le figure più influenti del Nord Europa.

COSA FA LA EMBRACER DI LARS WINGEFORS

Tra i 500 e gli 800 milioni per utilizzare le IP dell’immaginario tolkeniano in qualsiasi media: dai videogiochi, che è il principale business del Gruppo, ai comics, passando per il cinema. Sconosciuta ai più, Embracer Group si è finora mossa nel sottobosco videoludico con numerose acquisizioni di software house ed editori poco noti e fortemente verticali.

A giugno del 2011, la holding ha acquisito per esempio JoWood Entertainment AG, publisher in bancarotta che deteneva i diritti di serie di videogiochi come i classici Gothic e SpellForce. Quindi ha preso Asmodée Éditions, editore e distributore francese di giochi da tavolo, di carte e di ruolo, per arrivare a Dark Horse Comics, la casa editrice indipendente legata a serie a fumetti come Hellboy e The Umbrella Academy.

LE LICENZE E GLI STUDI NEL PORTAFOGLI SVEDESE

Il colpo da 90 lo ha portato a segno con l’acquisizione di THQ, una delle rare software house occidentali degli anni ’90 (se si escludono i colossi) ancora in vita. L’etichetta svedese ha così messo le mani su IP del calibro di Saints Row, Darksiders, Destroy All Humans, MX vs ATV e Red Faction. E non le sono bastate, vista l’acquisizione a stretto giro di Koch Media Holding, ora Plaion, della divisione publishing Deep Silver (che vanta videogiochi come Metro, Chivalry e Dead Island) e infine dello studio italiano Milestone (Ride, MotoGP) fondato nel 1996 a Milano per 50 milioni di dollari.

Poi ha acquisito Tripwire Interactive e Limited Run Games. Dalla giapponese Square-Enix ha acquistato marchi di importanti serie videoludiche come Tomb Raider, Deus Ex, Thief e i rispettivi studi di Crystal Dynamics, Eidos Montreal e Square Enix Montreal. Operazioni che hanno portato il totale delle aziende legate a Embrace a 120 sparse più o meno ovunque, con 270 videogiochi tuttora in via di sviluppo. E adesso, appunto, con l’acquisizione della Middle-earth Enterprises, il Gruppo svedese potrebbe puntare al cinema: i fondi, del resto, non mancano.

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