Una Pasqua per un mondo migliore | Orvietonews.it
cultura

Una Pasqua per un mondo migliore

sabato 13 aprile 2024
di Mirabilia Orvieto

Non è certo un caso che in questo nostro tempo si assiste alla netta separazione tra fede e politica. Credere è sempre più un fatto privato, sganciato dalla cosa pubblica. Questa realtà sembra richiamare alla memoria la storia di Giona che Dio inviò per una missione importantissima, quella di diventare sentinella della polis, la città di Ninive, in procinto di andare in rovina a causa dei suoi stessi mali. Ma Giona si rivela completamente inadatto. Fugge continuamente di fronte alla sua responsabilità, fino a nascondersi nella stiva di una nave pur di non affrontare ciò che lo aspetta. Più si allontana dalla storia, più la storia lo insegue, lo bracca come una maledizione. Praticamente si sente debole e impotente, rifugiandosi dietro il pretesto che gli abitanti di Ninive non meritano di essere salvati. In realtà Giona è intriso di smisurate ambizioni di potere, e per questo ha paura di fallire, anzi non vuole assolutamente fallire. Ma chi agogna il potere, piccolo o grande che sia, manca al dovere più grande dell’uomo: cercare il bene per sé e per gli altri.


Giona

Giona finisce gettato in mare e vomitato persino da un pesce, scartato dagli uomini e dalla sorte, perché così com’è, centrato solo su se stesso, sul proprio egoismo, non serve a niente e a nessuno. Giona è invitato a cambiare interiormente. In un intervista pubblicata nell’autunno 2011, il cardinale Carlo Maria Martini constata inquieto la debolezza della chiesa che nasce dalla sua scarsa capacità di servire le esigenze del mondo di oggi. Questa chiesa, dice, nasce "in parte da un’umanità poco sensibile, in parte dal fatto che pensa troppo in termini politici". E pensare in termini politici significa appunto pensare a se stessa, a come vincere, a come comandare, a come acquistare un potere, e "dedicandosi a questo perde la capacità profetica" di lottare, di sacrificarsi per costruire un mondo migliore, esattamente come ha fatto Gesù Cristo. 

È vero i cristiani non entrano nella politica, intesa come lotta e gara di potere per selezionare il più idoneo al comando, ma nella politica ‘alta’ sì. Il cristiano vi entra pienamente dal momento che, in modo mite, vuol anticipare un mondo migliore. Vuole anticiparlo, infatti, per la cura della sua città, la polis, e per una convivenza cittadina di grande civiltà: la missione può avere successo come fallire! E che la politica riguardi in qualche modo anche la fede, lo dimostra il significato dell’aggettivo ‘mite’ che sembra contenere l’idea di un vincolo fra cittadini, e della responsabilità di ciascuno verso la comunità in una logica di mutuo, reciproco soccorso. Praticamente si può essere umili o modesti per se stessi, ma si è miti verso gli altri, e innanzitutto per gli altri. È stato così lungo i secoli, nelle prime polis democratiche greche o nella visione del ‘buon governo’ di Ambrogio Lorenzetti, affrescata nel Palazzo pubblico di Siena. È il bene che si traduce in giustizia la quale, quando è ispirata dalla sapienza, tiene legati a sé, come una corda che non si spezza, i cittadini del Comune.


Allegoria del buon governo

L’umiltà serve perciò a liberare l’uomo dalla ‘chiusura’ della vita individuale, dalle scorie dell’ego, mentre la mitezza ha il potere di far passare gli uomini alla vita sociale, all’arte della comunione e della compassione. Di fatto c’è una politica che è competizione tra persone e partiti per la conquista del potere, e c’è una politica che corrisponde a quello che si vuol fare per il bene comune di questa generazione e di quelle successive. L’agnello pasquale, simbolo di Cristo risorto, è l’immagine di tutto questo, è la mitezza intesa come capacità di vivere la città, di entrare attivamente nell’agorà politica quanto nell’assemblea dei fedeli, così come appare dal doppio volto di Cristo, al centro del rosone del duomo di Orvieto, un volto guarda all’esterno e l’altro all’interno della cattedrale. In ogni caso si è mossi sempre dall’etica del dovere, che è un’etica d’amore, fatta di tante perle che sono le virtù.