Abbiamo letto tutto il libro del principe Harry (così non dovete farlo voi)

In Spare il duca di Sussex si toglie più di un sassolino dalla scarpa, puntando i riflettori sugli angoli più bui della monarchia britannica da cui prende le distanze con tante accuse…
Principe Harry abbiamo letto tutto il suo libro

Come il suo libro, Il principe Harry  è pieno di affascinanti contraddizioni: considera la sua vita come The Truman Show eppure contribuisce a mantenerla sotto i riflettori. Taglia i ponti con la famiglia reale inglese ma vuole mantenere il titolo nobiliare e la scorta. Detesta le attenzioni della stampa e poi le alimenta con interviste, una docu-serie e, da ieri, anche un memoir: Spare – Il minore, edito in Italia da Mondadori.

Pesa quanto un dizionario e non solo per le rivelazioni che contiene ma per le 540 pagine ricche di particolari che variano dal kitsch allo scabroso, quindi mettetevi comodi. Lo abbiamo letto per voi, così da fornirvi un piccolo manuale d’istruzioni e qualche dritta prima d’imbarcarvi nella lettura. 

Un po' too much

Partiamo dalla domanda più ovvia: il libro del principe Harry è davvero un racconto sfacciato? Sì, anche troppo, per via di alcuni dettagli morbosi e ricorrenti, come la volta in cui durante una regata - a poche ore da uno dei primi appuntamenti con Meghan Markle - si è fatto la pipì addosso. O quando, in preda a funghi allucinogeni, si è messo a parlare con la tazza del water mentre espletava i suoi bisogni fisiologici. Insomma non risparmia proprio niente, inclusa la perdita della verginità, “un episodio inglorioso con una donna più grande. A lei piacevano molto i cavalli e mi aveva trattato in maniera non diversa da un giovane stallone. Una rapida cavalcata, alla fine della quale mi aveva dato una pacca sulla schiena e mi aveva mandato a pascolare”.

Percentuali d’amore

Chi si aspetta la favola con l’attuale moglie ed ex attrice della serie Suits deve attendere ben oltre la metà dell’autobiografia prima di leggere ogni particolare dell’idillio. Insomma una extended edition dell’intervista a Oprah combinata al documentario Netflix Harry & Meghan. Sul matrimonio arriva a menzionare anche i bagni chimici. E, quando si arriva ai figli, svela anche dove e come sia stato sepolto il loro bimbo non nato. La sua anima gemella e salvatrice, in cui nota sempre più similitudini con la compianta madre Lady Diana, è descritta come martire e paladina, con doti infinite. Per non parlare dei sacrifici: per un certo periodo, tra un’audizione e l’altra, si cambiava addirittura d’abito in macchina. È sorprendente l’ingenuità con cui Harry si stupisca di tutto, provando sempre un forte senso d’inadeguatezza nei confronti della compagna di vita. Un retaggio, ovviamente, di essere sempre considerato “the Spare”, la riserva dell’Erede.

Non proprio Amleto

Più che un personaggio shakespeariano, il duca di Sussex sembra una figura un po’ disneyana e un po’ dickensiana. Alterna le lunghissime descrizioni delle missioni in Iran e Afghanistan con dettagli che mescolano Rambo e Top Gun e gli interminabili viaggi in Africa aggiungendo anche un pizzico di Forrest Gump, come quando ha corso scalzo per 8 chilometri nella savana per rincorrere un elefante. Il padre Carlo sembra il principe Giovanni del cartone animato Robin Hood, ma al posto di succhiare il pollice stringe al petto un orsacchiotto malandato (descritto, anche lui, nei più minuziosi particolari). Lo descrive in boxer a fare la verticale nella sua camera per curare gli acciacchi, descrive intere conversazioni piene d’invidia e, nonostante l’affetto, non lo promuove certo a genitore dell’anno (mai neppure un abbraccio, nel migliore dei casi arrivava una leggera pacca sulla spalla). Camilla, invece, è rappresentata come la classica matrigna delle favole, una che fa assumere un addetto stampa al consorte per inventare calunnie a suo vantaggio e spifferare alla stampa i segreti della prole di Lady D. Ribattezzata «l’Altra Donna», una che lo “aveva sacrificato sull’altare delle pubbliche relazioni” e che, per inciso, ha trasformato la sua stanza in spogliatoio.

Best villain

Il premio come miglior cattivo di questa saga va decisamente al fratello William, che il principe Harry chiama per la maggior parte del tempo Willy, mentre lui gli si rivolge con un formale Harold. Il nomignolo, a metà tra la tenerezza e lo scherno, è solo il preludio di un racconto che lo dipinge come codardello nelle risse, invidioso, rancoroso, violento e meschino. Pare sia stata sua l’idea – assieme all’allora fidanzata Kate – di fargli indossare il costume da nazista ad una festa di Halloween, per esempio. Infatti nei ringraziamenti compaiono gli Spencer, la suocera e gli amici, ma neppure una parola sulla royal family. Al futuro sovrano riserva frecciatine («le calvizie incipiente») e tantissime accuse dirette, come quello di avergli vietato di rivolgergli la parola in collegio. Secondo la sua ricostruzione l’erede non gli ha detto che si sarebbe sposato, non lo ha voluto come testimone e insinuava sempre che forse non avrebbe mai trovato una donna. Harry, dal canto suo, ha tirato fuori un tanga d’ermellino durante il discorso delle nozze con Kate e nel libro ha sempre associato quel matrimonio al suo pene congelato al Polo (durante una spedizione nei giorni precedenti). Non lo ha mai invitato a casa sua, impedendogli di fatto anche un rapporto con i figli, e lo ha anche preso in giro quando ha avuto attacchi di panico in sua presenza: secondo i ricordi di Harry, insomma, William sarebbe stato geloso persino del suo lavoro ambientalista. “I rinoceronti, gli elefanti, sono miei”. Anche da adulti, quindi, si contendono attenzioni e attività come se fossero giocattoli. Il memoir, insomma, scardina l’idea di un affiatamento adulto e solidale tra i due e confuta, una per una, le affermazioni dei tabloid.

Cenerentola sono io

Lui non si sente principe, ma Cenerentola, al punto che racconta di come stenda il bucato sul termosifone e si ritrovi a comprare vestiti fallati e fuori moda ai saldi perché il budget annuale di papà riguardava solo gli abiti formali (mosso a compassione, lo chef reale gli riempiva il freezer di sformati di pollo e cottage pie). L’anaffettività dei parenti e la perdita prematura della madre lo rendono dipendente dall’adrenalina, sempre in cerca di risse, sostanze stupefacenti o alcool. Henry sa contro chi puntare il dito perché esiste un solo colpevole per ogni disgrazia della terra, la stampa. Nel libro usa epiteti coloriti, insulti e offese di ogni genere contro una categoria che gli ha rovinato la vita.

La verità del principe

Nel memoir il principe elenca tutti i suoi vezzeggiativi, soprattutto il suo preferito, Spike, che gli è stato affibbiato perché quando i capelli ribelli sembravano quelli di un esemplare del Taronga Zoo, l’echidna. In pubblico stringeva la mano a Nelson Mandela e si faceva prendere a buffetti dalle Spice Girls o faceva un test per l’Hiv con Rihanna alle Barbados, ma in privato oscillava tra gli attacchi di panico e la letargia, sempre con maratone di Friends in sottofondo o infinite partite a Halo

Cuore di mamma

La parte più struggente dell’autobiografia riguarda la mamma: la ciocca di capelli che zia Sarah ha tagliato alla sorella per darle ai figli, il desiderio di percorrere alla stessa velocità (chilometri all’ora) il tunnel parigino dove ha perso la vita, i suoi gusti di sorbetto preferiti (ribes nero e mango), il fiore più amato (il non ti scordar di me), la località sciistica che odiava (Klosters). Ha anche confessato di aver portato con sé una boccetta del suo profumo per annusarlo durante una seduta di psicoterapia (First, di Van Cleef & Arpels). Preferiva la guerra a Buckingham Palace perché – conclude - “se avessi avuto scelta, nemmeno io avrei voluto questa vita”.