Challengers. Regia di Luca Guadagnino. Interpreti: Zendaya, Josh O’Connor, Mike Faist.

Si capisce che Tashi Duncan (Zendaya) è diventata ricca dall’hotel di lusso in cui si muove ma anche da dettagli come le espadrillas (dico le espadrillas) di Chanel che si intravedono per un attimo quando entra in ascensore, come il colore e piega dei capelli, frutto del lavoro di parrucchieri prim’ordine, come gli abiti non all’ultima né alla penultima ma alla prossima moda (disegna il guardaroba Jonathan Anderson, idolo del mondo fashion).

Si capisce che il tennis è una metafora da come sono girate le partite: colpo su colpo, lo spettatore messo nelle condizioni della pallina, lanciato nel vuoto, nel cosmo, nell’altrove. Un altrove che è quello delle relazioni d’amore e d’amicizia, dove a volte chi apprezza mente e chi disprezza compra. Un altrove che è particolarmente aggrovigliato e contraddittorio quando si è giovani, quando il desiderio è scambiato per amore e l’amicizia per eternità.

Interessante, seducente, avvincente, il nuovo film di Luca Guadagnino forse metterà a tacere (finalmente) i suoi detrattori? Spero di sì: la capacità di dirigere gli attori, il saper creare un’alchimia felice tra tutti gli elementi del film (fotografia, musica, dialoghi), l’eleganza di non annoiarci mai con le troppe spiegazioni.

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Challengers è un film acceso e che accende e, un po’ come capita con certe cotte amorose, non saprete mai il vero motivo della frenesia che suscita. E va bene così. Ricorda storie triangolari del passato (ovviamente Jules & Jim, molto The Dreamers) ma non è esattamente un film che vuole essere trasgressivo come quegli illustri precedenti. È un film sintonizzato su un modo di intendere le passioni molto contemporaneo: fluido? Sì, fluido. Ma soprattutto non sentimentale, dove per sentimentale si intende la melassa romantica dell’Ottocento ereditata poi anche dal Novecento.

Il cast non poteva essere scelto meglio. L’intuizione di mettere Zendaya (nella vita vera, anche, la più famosa dei tre, quella che già conosce il dolce profumo del successo e dunque il timore di perderlo) è vincente. I due ragazzi (O’Connor e Faist) fanno il resto, con un’energia credibile, diretta e immacolata come una t-shirt bianca appena uscita dal negozio. Che match, Guadagnino.

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