GRIFFITH, David Wark in "Enciclopedia del Cinema" - Treccani - Treccani

GRIFFITH, David Wark

Enciclopedia del Cinema (2003)

Griffith, David Wark (propr. David Llewelyn Wark)

Giulia Carluccio

Regista e produttore statunitense, nato a Crest-wood, nei pressi di La Grange (Kentucky), il 22 gennaio 1875 e morto a Hollywood il 23 luglio 1948. È considerato il 'padre' del cinema americano, se non del cinema tout court (disse di lui Sergej M. Ejzenštejn: "è Dio Padre. Ha tutto creato, tutto inventato"), al cui sviluppo tecnico, espressivo e produttivo diede un contributo fondamentale. Attraverso un uso in buona parte innovativo della macchina da presa e del montaggio, G. riuscì a tradurre in modo sistematico il linguaggio narrativo in linguaggio cinematografico, le parole in immagini, delineando in questo modo gli elementi fondamentali e le principali figure artistiche del cinema futuro. Il suo decisivo e notevole contributo alla nascita di una nuova espressività artistica influenzò in maniera radicale numerosi cineasti di diversi Paesi. Nel 1935 gli fu assegnato un Oscar speciale per il suo grande apporto al progresso dell'arte cinematografica.

Fin da bambino fu fortemente influenzato dai racconti del padre, un medico che aveva preso parte sia alla guerra con il Messico (1846-1848) sia, nell'esercito sudista, a quella civile, e dalle letture in famiglia delle opere di Ch. Dickens, W. Shakespeare e W. Scott. Dopo la morte del padre (1882) dovette iniziare a lavorare per aiutare la famiglia; per un periodo fu anche cronista e critico teatrale in un quotidiano di Louisville (Kentucky), ed entrò quindi in contatto con l'ambiente culturale e teatrale della città. Iniziò così a recitare in gruppi amatoriali, e nel 1895 fece il suo debutto professionale in piccoli ruoli con una compagnia di repertorio, cui seguì un'attività con varie compagnie itineranti. In questa fase fu significativo anche il contatto con un importante regista teatrale quale David Belasco. Nel 1906 scrisse una commedia che fu rappresentata senza successo a Washington nell'autunno 1907. Su consiglio di un collega attore, vendette alcuni brevi scenari a Edwin S. Porter, della società Edison Manufacturing Company, e poi alla American Mutoscope and Biograph Company (dal 1909 Biograph Company). Recitò così in un film diretto da Porter, Rescued from an eagle's nest (1907), e poi in vari film della Biograph, che lo assunse quando ebbe bisogno di un regista. Nel 1908 diresse il suo primo film, The adventures of Dollie, la storia di una bambina rapita dagli zingari. Nel periodo alla Biograph, dal 1908 al 1913, diresse più di 450 film, nei quali, spesso con l'aiuto del suo abile e fedele operatore Billy Bitzer o dell'altro operatore Arthur Marvin, introdusse o elaborò in forma già compiuta gli elementi della moderna cinematografia: il primo piano e il dettaglio (An awful moment, 1908; The medicine bottle, 1909; The broken cross, 1911; Enoch Arden, 1911; The girl and her trust, 1912), il piano americano (For love of gold, 1908; Ingomar, the Barbarian, 1908; Gold is not all, 1910), il campo lungo, l'uso espressivo della luce (Edgar Allan Poe, 1909; A drunkard's reformation, 1909), la dissolvenza, il montaggio alternato (che divenne noto come il 'montaggio alla Griffith'), usato per creare la massima tensione prima dello scioglimento finale (The fatal hour, 1908; The lonely villa, 1909, dove sottolineò l'effetto suspense montando in parallelo azioni simultanee: da un lato la donna in pericolo, dall'altro i salvatori in arrivo; The medicine bottle; The Lonedale operator, 1911), oltre a introdurre, a volte anche accidentalmente, importanti innovazioni tecniche. Trasformò inoltre il tradizionale modo di recitare di matrice teatrale, rendendolo meno enfatico e più stilizzato, e facendo esordire o valorizzando giovani attori e attrici, molti dei quali sarebbero presto divenu-ti delle celebrità: Linda Arvidson (sua moglie dal 1906 al 1936), Blanche Sweet, Mary Pickford, Lillian e Dorothy Gish (che debuttarono insieme in An unseen enemy, 1912), Mae Marsh, Mack Sennett, Lionel Barrymore, Harry Carey.Nel 1913 la realizzazione del suo primo lungometraggio, Judith of Bethulia (Giuditta di Betulia, proiettato nel 1914), ispirato ai film storici italiani, suscitò contrasti con i dirigenti della Biograph Company, contrari a investimenti onerosi, in seguito ai quali G. lasciò la società e si accordò con la Reliance Motion Picture Company (che distribuiva i suoi film tramite la Mutual Film Corporation); portò con sé in California, oltre a Bitzer, un gruppo di attori che sarebbe rimasto invariato negli anni successivi e che comprendeva tra gli altri Lillian Gish, Blanche Sweet, Robert Harron e Henry B. Walthall. Nel luglio 1914 iniziò a girare il primo dei suoi film più ambiziosi, The birth of a nation (1915; Nascita di una nazione), rievocazione della grande ferita della storia americana, la guerra civile, attraverso le vicende di due famiglie amiche, una nordista e una sudista, separate dal conflitto. Girato in nove settimane con mezzi insoliti per l'epoca (costò 5 volte un film normale, per una lunghezza di 12 rulli, pari a circa 2 ore e 40 minuti di proiezione), fu una grande summa delle innovazioni tecniche griffithiane, dai piani ravvicinati agli effetti luministici fino all'ormai celebre montaggio parallelo. Fu presentato nel febbraio 1915 (inizialmente con il titolo The clansman), provocando ammirazione ma anche roventi polemiche per il suo carattere reazionario e l'aperta apologia del Ku Klux Klan, presentato come baluardo contro l'anarchia provocata dalla vittoria nordista; temi che G. aveva ripreso direttamente dalla sua fonte, i romanzi The clansman: an historical romance of the Ku Klux Klan e The leopard's spots; a romance of the white man's burden 1865-1900 del pastore protestante Th. Dixon Jr. Il film fu probabilmente il primo proiettato alla Casa Bianca, alla presenza del presidente Th.W. Wilson; ma, in seguito alle proteste del pubblico per le tesi razziste sostenute, venne censurato in molte città, compresa New York. G. divenne così un fiero oppositore della censura cinematografica, pubblicando anche un pamphlet in difesa della libertà di opinione, e sostenne a più riprese di non essere mai stato razzista ma di avere semplicemente illustrato dei fatti documentati.Il successivo film del regista, Intolerance (1916), si può considerare, in parte, anche una risposta a quanti lo avevano criticato. Una delle opere più spettacolari mai realizzate, per la maestosità delle scenografie e il numero di comparse, Intolerance è composto da quattro storie molto diverse, separate nello spazio e nel tempo: la caduta di Babilonia a opera di Ciro il Grande; la passione di Cristo; il massacro della notte di S. Bartolomeo; un conflitto tra un industriale e i suoi operai a causa del quale un uomo viene condannato a morte per errore. Dapprima ben distinte, le quattro storie vengono intrecciate in misura crescente, in un flusso di immagini sempre più complesso ma controllato con grande maestria (e culminante nell'audace montaggio parallelo dei finali delle storie), mirante a sottolineare le analogie tra passato e presente e il carattere immutabile dell'intolleranza, fino all'allegoria finale che invoca la fine di ogni violenza. Le accuse di pacifismo, proprio mentre gli Stati Uniti si preparavano a entrare nel conflitto mondiale, e le perplessità del pubblico di fronte a un lungometraggio di tre ore e mezza contribuirono, malgrado gli entusiasmi della critica, all'insuccesso finanziario del film, che fece perdere a G. i profitti ottenuti con The birth of a nation. Solo dopo una lunga pausa, e su invito del governo inglese, poté realizzare il film successivo, Hearts of the world (1918; Cuori del mondo), una storia ambientata durante la guerra che G. iniziò a girare in Inghilterra dopo aver visitato il fronte in Francia; trattandosi di un film di propaganda (ne furono realizzate tre versioni, una inglese, una francese e una americana, più una quarta, mostrata in tempo di pace, nel 1919), non raggiunse il livello dei due precedenti, anche se confermò il grande talento delle sorelle Gish.Fondata nel 1919, con Mary Pickford, Charlie Chaplin e Douglas Fairbanks, la United Artists Corporation, un'innovativa società indipendente che garantiva la libera produzione e distribuzione dei film dei propri associati, G. realizzò nello stesso anno Broken blossoms (Giglio infranto), il suo più celebre melodramma, memorabile, oltre che per l'interpretazione di Lillian Gish e di Richard Barthelmess, per la straordinaria cura posta nell'illuminazione e nella fotografia, ancora una volta di Bitzer. Nel 1920 fondò dei nuovi studi nei pressi di New York; qui girò il suo ultimo capolavoro, Way down East (1920; Agonia sui ghiacci), nel quale, grazie anche alla presenza di Lillian Gish, trasformò un convenzionale melodramma in una grande rappresentazione epica per immagini che segnò a un tempo il culmine e il sunto della sua inventiva tecnica (memorabile la sequenza finale del salvataggio sul ghiaccio). Orphans of the storm (1922; Le due orfanelle), ambizioso melodramma storico sullo sfondo della Rivoluzione francese, fu il suo ultimo successo di pubblico, e anche la sua ultima collaborazione con le sorelle Gish. In seguito realizzò ancora film degni di nota, come America (1924), potente rievocazione della Rivoluzione americana, e Isn't life wonderful (1924), il primo film sulle tragedie della Germania sconfitta. Ma ormai il declino di G. era iniziato; tra difficoltà finanziarie e produttive e forti contrasti con i suoi soci della United Artists, realizzò ancora diverse opere di minore rilievo. Il suo primo film sonoro, Abraham Lincoln (1930; Il cavaliere della libertà), non andò oltre i limiti di una convenzionale e rapsodica biografia, malgrado la vigorosa interpretazione di Walter Huston; ma il successivo The struggle (1931), sua ultima realizzazione, sul dramma dell'alcolismo, venne ritirato pochi giorni dopo l'uscita. In seguito a questo fallimento non trovò più finanziamenti per altre opere, né riuscì a recuperare un lavoro regolare in quell'industria cinematografica che tanto gli doveva, ma che ormai si sviluppava lungo linee e con finalità differenti.Scrisse un'autobiografia, che venne pubblicata postuma nel 1972 con il titolo The man who invented Hollywood: the autobiography of D.W. Griffith.

Bibliografia

L. Arvidson Griffith, When the movies were young, New York 1925.

L. Gish, Lillian Gish: the movies, Mr. Griffith and me, London 1969.

R.M. Henderson, D.W. Griffith: the years at Biograph, New York 1970.

R.M. Henderson, D.W. Griffith, his life and work, New York 1975.

R. Schickel, D.W. Griffith: an American life, New York 1984.

David Wark Griffith, éd. J. Mottet, Paris 1984.

T. Gunning, D.W. Griffith and the origins of American narrative film: the early years at Biograph, Urbana 1991.

S. Simmon, The films of D.W. Griffith, Cambridge-New York 1993.

G. Carluccio, Verso il primo piano: attrazioni e racconto nel cinema americano: il caso Griffith-Biograph, Bologna 1999.

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