Andate

San Marco

L’invito del Risorto è di portata assolutamente universale: <Andate in tutto il mondo e proclamata il Vangelo ad ogni creatura> (Mt 16, 15). Possiamo immaginare una certa commozione nella mano dell’evangelista Marco o, forse ancor più certamente, di quel discepolo e ammiratore che ne ha concluso il testo con una mirabile aggiunta. La commozione di scrivere ancora una volta questa parola che se è capace di toccare e cambiare il cuore, può in questo modo cambiare il mondo e orientare radicalmente la storia: <Vangelo>! L’apostolo Pietro, nella sua lettera, fa menzione di questo discepolo filiale con queste parole: <Vi saluta la comunità che vive in Babilonia, e anche Marco, figlio mio> (1Pt 5, 13). L’ultima raccomandazione dell’apostolo che vive l’esperienza della diaspora e si prepara interiormente al martirio suona così: <Salutatevi l’un l’altro con un bacio d’amore fraterno. Pace a voi tutti che siete in Cristo> (5, 14).

In questo estremo saluto troviamo riassunto l’essenza stessa del Vangelo che è capace di profumare il mondo intero e di illuminare, di luce nuova, la storia dell’umanità: la tenerezza dell’amore che porta come frutto la pace. Sono questi gli elementi che fanno del Vangelo non semplicemente e primariamente un messaggio, ma un vero farmaco per tutte le nostre ferite di umanità che abbiamo ricevuto e inflitto: <Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono… guariranno> (Mc 16, 17-18). Se questa è la cura del Vangelo capace di guarire fino a risanare completamente la nostra umanità e ridare vigore e fiducia alle nostre relazioni, vi è uno stile che bisogna assumere. Nonostante l’evangelista Marco sia simbolizzato dal leone che sventola su tutte le terre conquistate da Venezia, il cammino è proprio quello di diventare sempre meno leoni e sempre più agnelli.

L’apostolo Pietro lo dice con chiarezza e fermezza: <Umiliatevi…> (1Pt 5, 6). Come ricordano i padri del deserto è proprio l’umiltà a mettere in fuga l’avversario delle nostre anime, il nemico della pace il quale <come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede> (5, 8). Vi è, infatti, un altro ruggito cui bisogna dare ascolta ed è quello del <leone di Giuda> (…) che nel nostro cuore ci richiama continuamente alla sapienza terapeutica del Vangelo la cui potenza è ancora oggi confermata dai <segni> (Mc 16, 20) che l’accompagnano e che fanno di noi stessi un segno di speranza, di amore e di pace per <ogni creatura> (Mc 16, 15). Il tutto animato da quell’<umiltà> cui esorta l’apostolo Pietro nella prima lettura che è l’atteggiamento chiavi di ogni annuncio e di ogni evangelizzazione perché si tratta di dare pieno spazio alla parola di Dio e alla sua azione efficace nella vita dei suoi figli. Annunciare esige sempre un andare che comporta la disponibilità a fare non solo dei passi in avanti, ma anche dei passi indietro… proprio come quando si danza. Per questo si può ben dire: <Come sono belli sui monti i piedi…>!

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