Game Night - Indovina chi muore stasera? Recensione

Game Night: recensione della commedia nera con Rachel McAdams e Jason Bateman

30 aprile 2018
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Un meccanismo drammatico perfetto, una regia curata, un look da noir e dei favolosi protagonisti nerd al punto giusto.

Game Night: recensione della commedia nera con Rachel McAdams e Jason Bateman

Per alcuni i giochi da tavola come Cluedo, Risiko e l'intramontabile Monopoli sono un ricordo degli anni '90, così come Jenga e il divertentissimo gioco dei mimi, oppure sono un passatempo da rispolverare, per esempio, durante le festività natalizie. Per altri sono un genere di intrattenimento ancora attuale e la garanzia di una serata perfetta. Per altri ancora sono stati soppiantati dai videogame o dall'abbuffata "geek" di serie tv o b-movie tempestati di zombie e altri mostri.

Per i primi della lista, ma i fondo anche per i secondi e i terzi, ritrovarli tutti ma proprio tutti in un film sarà un gradevole salto nel passato. E sarà anche un piacere immenso, perché il secondo film da registi di John Francis Daley e Jonathan Goldstein possiede una cosa chiamata ritmo (o sceneggiatura di ferro o meccanismo a orologeria), una cosa rara nel cinema in generale e soprattutto nelle commedie, una virtù che distingueva le screwball-comedies dei tempi d'oro di Hollywood, le commedie anni '80 in stile Una poltrona per due, storici must della risata come L'aereo più pazzo del mondo e Una pallottola spuntata e ancora Tutti pazzi per Mary e Signori, il delitto è servito.

Non c'è un modo per insegnarla questa virtù, questa capacità di far combaciare i pezzi di un puzzle che una volta completato diffonde euforia. E’ semplicemente questione di talento, e nel copione di Mark Perez è presente in ogni singolo fotogramma e nasce anche da una conoscenza enciclopedica della cultura pop e dall'abilità di metterla al servizio del racconto. Come Spielberg in Ready Player One, così il poco conosciuto sceneggiatore americano snocciola a velocità supersonica, insieme al duo di scrittori di Come ammazzare il capo ...e vivere felici e Spider-Man: Homecoming, una serie di accattivanti riferimenti e di citazioni, rifacendosi a The Game e a Pulp Fiction ma anche ai fumetti, per esempio a certi atteggiamenti topolineschi o da Banda Bassotti.

Ma c'è dell'altro in Game Night, o meglio c'è un altro "motore” di sapida vivacità. I registi, abilmente e imprevedibilmente, percorrono infatti la strada del film da ridere nelle battute e nelle situazioni, mentre stilisticamente seguono il cammino e il mood del thriller e del noir, con il giusto spargimento di sangue, il buio che prevale sulla luce e certi campi lunghi di classica memoria. Così facendo, creano quel leggero spaesamento e quella tensione che tengono sulle spine lo spettatore, che immagina che tutto andrà a buon fine ma si domanda se nel gioco reale di cui Annie e Max sono due inconsapevoli pedine il morto ci scapperà per davvero. Di certo qualcuno si fa male e i pugni sono veri e sonori, e siccome l'uso di droni e un certo modo di muovere la macchina da presa avvicinano la realtà a un tabellone da gioco, si partecipa eccome al mistery inscenato dal fratello ricco del protagonista, che simula un rapimento mettendo in palio una Corvette Stingray del 1976 ben presto soppiantata dalla vita stessa. E il fatto che a cercare di fermare i criminali di turno siano sei nerd abitudinari come non mai accresce la suspence, così come la curiosità. I nerd in questione, poi, sono "middle-class" fino al midollo, il che consente al film di funzionare anche da satira sociale, con i borghesi che guardano con disgusto ma anche con malcelata invidia ai giochi proibiti dei più ricchi, che esorcizzano la noia che è conseguenza del benessere con ben organizzati fight club.

Non dimenticano, infine, Daley, Goldstein e Perez, di scherzare non tanto sulle conseguenze della dipendenza dai giochi, quanto sull'esagerata competitività e sull'infantilismo di chi gongola se riesce a costruire un tripudio di alberghi su Viale dei Gardini e Parco della Vittoria o di chi si rabbuia quando fallisce nel mimare il titolo di un film. Sono bravi a Jason Bateman e Rachel McAdams a fare gli adulti ragazzini, la coppia perfettamente assortita che, un po’ tristemente, ha deciso di sposarsi durante una partita di pictionary e a cui l'arrivo di un figlio potrebbe togliere lo squisito piacere delle sfide settimanali. Se al posto loro ci fossero stati attori specializzati nella commedia, probabilmente avrebbero privato i personaggi della tenerezza e della complessità che caratterizzano Annie e Max e avrebbero funzionato quasi esclusivamente da perfette macchine sforna gag, da orsetti Duracell impazziti e privi di quella goffaggine che rende ancora più rocambolesca l'impresa degli sposini "precisini". Certo, non tutte le scene che li vedono protagonisti sono da 10 e lode (e non spoilereremo Game Night raccontandovele). Ci basti dire che il livello è comunque altissimo e che i registi "tirano in ballo" perfino i tutorial di youtube e l'ossessione per Instagram.

Ciò che fortunatamente Daley e Goldstein evitano, nell'indiavolato inanellarsi di situazioni esilaranti, è la volgarità, la comicità grossolana. Alla pernacchia e al doppio senso a sfondo sessuale preferiscono gustosi e farseschi inseguimenti, un uovo Fabergé lanciato di mano in mano e improbabili escamotage per non invitare a una serata di giochi l'invadente vicino di casa. A proposito del vicino di casa - che qui si identifica con l'uomo della porta accanto che tutti noi cordialmente detestiamo ed evitiamo in ogni modo di incontrare - è il personaggio forse migliore di Game Night, un aggressivo-passivo che sfiora la follia e la paranoia e che Jesse Plemons rende irresistibile. Il suo poliziotto che non si toglie mai la divisa e vive per il suo cagnolino bianco avrà un ruolo importante nella nostra storia, e ci confermerà che nel grande gioco della vita un perdente può diventare improvvisamente un vincitore.

Perché in fondo il film ci insegna proprio questo: che se abbiamo dalla nostra intelligenza, intraprendenza e capacità di strategia (unite però alla bontà d'animo) possiamo arrivare ovunque vogliamo, o almeno davanti a un mucchio di dadi, legnetti, pennarelli e soldi di carta.



  • Giornalista specializzata in interviste
  • Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali
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