Gaetano Belloni, un mito che trascende spazio e tempo - Suiveur

Gaetano Belloni, un mito che trascende spazio e tempo

Gaetano Belloni è una leggenda, ingiustamente dimenticata, del ciclismo italiano.

 

 

Gaetano Belloni, Tano per gli amici, è una delle figure più affascinanti emerse subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. Erroneamente considerato un eterno secondo, oltre al ciclismo su strada amava anche la pista, gli Stati Uniti e il biliardo. Un eclettico che raccontava di aver fatto quasi cinquanta traversate dell’Atlantico. E non si stenta a credergli, in fondo, visto che parliamo di un atleta che seppe conquistare traguardi prestigiosi anche al di là dell’oceano.

Belloni era un corridore polivalente e dal fisico erculeo. Si difendeva bene sulle varie salite presenti nelle classiche del calendario italiano e poteva vincere in solitaria oppure trafiggendo i rivali in volata. La sua carriera è stata parallela a quella del Campionissimo di Novi Ligure Costante Girardengo. Il livello dei due era molto simile, ma sovente la maggior cattivera agonistica del piemontese ha fatto la differenza a suo favore.

Tano nasce a Pizzighettone, in provincia di Cremona, il 27 agosto 1892. Tuttavia, si trasferisce ben presto a Milano insieme alla sua famiglia. Non tocca una bicicletta fino ai vent’anni. Prima lavora come apprendista in una manifattura tessile e, allo stesso tempo, si dedica alla lotta greco-romana.

Inizia a correre nel 1912, alternando l’attività su strada a quella sulla pista in cemento del Velodromo Sempione. Tuttavia, in un primo momento non si trova particolarmente a suo agio in sella a una bici. Arriva al punto di meditare un ritiro a dir poco prematuro. Solo grazie ai consigli di un medico, che lo aiuta a prendere piena consapevolezza dei suoi mezzi, Tano non tronca anzitempo quella che sarebbe diventata una carriera straordinaria.

Resosi conto di avere un fisico incredibilmente adatto alla professione del ciclista, Belloni, nel 1914, recita il ruolo di autentico dominatore tra i dilettanti. Vince il campionato italiano di categoria, il Piccolo Lombardia e la Coppa del Re.

Durante la sua precedente attività presso la manifattura tessile, Belloni perde il pollice e l’indice della mano destra in uno sfortunata incidente. Per questo motivo, nel 1915 non viene chiamato a combattere la Prima Guerra Mondiale. Questo evento rappresenta per lui un trampolino di lancio irripetibile, dato che così ha l’occasione di continuare a correre anche durante il conflitto globale.

Sul finire di una stagione di per sé già ricca di successi, partecipa anche al suo primo Giro di Lombardia. Alle 7:50 del mattino del 7 novembre 1915, da Corso Sempione, prende il via l’undicesima edizione della Classica delle Foglie Morte. Il Campionissimo Costante Girardengo è il grande favorito. Sul Brinzio, una delle salite chiave della gara, la sua pedalata non sembra però particolarmente brillante.

Sotto il forcing di Camillo Bertarelli e del vincitore del Giro 1914 Alfonso Calzolari, il fuoriclasse piemontese si stacca dai primi. Al contrario, Tano ha la proverbiale gamba che scappa. Attacca in salita e se ne va insieme a Paride Ferrari, Romeo Poid e Angelo Vay. Più tardi, in una discesa che è teatro delle scivolate di Calzolari e Bertarelli, rientrerà sui battistrada anche lo spericolato Rinaldo Spinelli.

Al centro, Costante Girardengo. ©Il Foglio

Spinelli, tuttavia, molla appena la strada torna a salire. Poid, invece, si ferma al rifornimento e perde le ruote degli altri uomini di testa. A Erba, in seguito, tocca a Vay alzare bandiera bianca, vittima dei crampi e di un’auto dell’organizzazione che lo investe mentre cerca di superare un gruppo di tifosi in bici che ostruivano la strada. Tano resta da solo in testa con Ferrari e i due vanno di comune accordo fino al traguardo. Paride lancia la volata appena passato il cartello che indica l’ultimo chilometro. Belloni, ad ogni modo, non si fa sorprendere e nel finale lo fulmina conquistando il suo primo Giro di Lombardia.

Il 1916 è un anno interlocutorio per Tano, anche perché a causa della guerra le occasioni per correre non sono molte. Non organizzano nemmeno la Milano-Sanremo, in quella stagione. La Classicissima, tuttavia, torna nel 1917 e Belloni è intenzionato a vincerla. La concorrenza, però, è di alto livello. Ci sono, infatti, Girardengo, il quale evita la chiamata alle armi grazie al suo lavoro in fabbrica, e lo svizzero Oscar Egg, fuoriclasse sia su strada che su pista.

Il 15 aprile 1917 la pioggia battezza la grande classica primaverile sin dalla partenza. Sul Turchino, oltretutto, la situazione peggiora e una vera e propria tempesta inizia ad abbattersi sui corridori. Tano, in questa situazione a dir poco estrema, si esalta e porta un portentoso attacco in salita che non lascia scampo a nessuno. Scollina per primo con 4’03” su Egg e 6’27” su Girardengo. Sulla successiva discesa, inoltre, lo svizzero è vittima di una crisi di freddo e viene raggiunto dal novarese.

I due continuano per un po’ insieme, mentre il vantaggio dal battistrada si stabilizza intorno ai cinque minuti. Poi, sui Piani d’Invrea, lo svizzero crolla definitivamente (si ritirerà) e molla le ruote del Campionissimo. Il libeccio, nel frattempo, continua a infrangersi con veemenza contro i concorrenti. Tano prosegue noncurante della tormenta e nemmeno due forature riescono a fermarlo. Al contrario, invece, Girardengo deve dire addio ai sogni di gloria dopo essere stato bersaglio di infingarde coliche di stomaco.

©Gerardo Necchi, Twitter

Alle 19:00, mentre le luci dei fari delle auto squarciano l’acqua che continua a scendere impetuosa, Belloni arriva a Sanremo, accolto dagli applausi di un pubblico tanto bagnato quanto festante. Girardengo è secondo a 11’48”, mentre Angelo Gremo, giunto dopo oltre 42′, sale sul gradino più basso del podio.

Il 1917 prosegue bene per Tano, il quale, a venticinque anni e con Sanremo e Lombardia nel palmarès, è da considerarsi di fatto uno degli esponenti di spicco del movimento italiano. Nel corso della stagione, inoltre, conquista la terza Milano-Varese consecutiva e, in coppia con Alfredo Sivocci, la prima edizione del Giro della Provincia di Milano: una corsa particolare, suddivisa in due prove, una cronocoppie e una gara in pista.

A fine stagione si ripresenta al via del Giro di Lombardia. Stavolta, alla partenza della Classica delle Foglie Morte, non ci sono solo gli italiani, ma anche i grossi calibri stranieri, come Philippe Thys e Henri Pélissier. Tano non ha una gran gamba, fatica già sul Brinzio; rimane coi primi solo grazie all’indulgenza degli avversari. In seguito, però, fora ai piedi dell’erta di Binago, proprio quando Thys e Pélissier iniziano a infiammare la gara. Belloni resta staccato e deve accontentarsi di chiudere al sesto posto, a 3’25” da Thys, che centra il bersaglio grosso regolando in volata Pélissier, Leopoldo Torricelli, Luigi Lucotti e Charles Juseret.

Alla Milano-Sanremo del 1918 Girardengo si prende la sua rivincita su Tano. La corsa vive un’altra giornata da tregenda. Alla partenza, a causa della guerra che continua a imperversare, ci sono solo trentatré atleti. Belloni parte forte e tenta di mettere tutti in difficoltà sin da subito, ma Girardengo risponde bene e va al contrattacco a duecento chilometri dall’arrivo, staccando il rivale.

Il lombardo, oltretutto, finisce presto vittima della spietata dea bendata: prima fora e poi cade. Il distacco dal Campionissimo di Novi s’impenna fino a 7’30”. Sul Turchino, dando fondo a tutte le sue energie, gli recupera 1’30”, ma ormai è tardi; mentre una violenta mareggiata bersaglia i corridori in quel di Alassio, Tano è costretto ad alzare bandiera bianca. Al traguardo è secondo a 13′ dal vincitore.

©Il Foglio

La musica, però, cambia rapidamente nel corso della stagione. Il nativo di Pizzighettone, infatti, nei mesi successivi si leva lo sfizio di vincere due classiche prestigiose come la Milano-Modena, in cui precede Lauro Bordin e il belga Alexis Michiels, e la Milano-Torino, ove si mette alle spalle l’amico Sivocci e Angelo Vay.

Il 10 novembre 1918, alle 7:45 di una giornata plumbea, prende il via da Milano la quattordicesima edizione del Giro di Lombardia. Belloni è l’assoluto protagonista di giornata; attacca su tutte le salite: Brinzio, strappo di Binago, Cappelletta e Cicognola. È chiaramente il più forte e per questo stenta a trovare collaborazione, tanto che, alla fine, non riesce a portare via un gruppetto di poche unità e deve giocarsi la corsa con ben dodici atleti.

All’ultimo chilometro, dalla testa, il cremonese lancia la volata. Il suo sprint è incredibilmente impetuoso, tanto che Sivocci, il quale si trova in seconda posizione, fa fatica ad affiancarlo. Poi, all’improvviso, un cane si infila in mezzo al plotone provocando la caduta di Lucotti e spezzando il gruppo. Nessuno, così, ha più possibilità di replicare e Belloni conquista il secondo Giro di Lombardia della sua carriera.

Nel 1919, dopo cinque anni, torna finalmente il Giro d’Italia. Le tappe previste sono dieci: parte da Milano, arriva fino a Napoli e poi torna su per concludersi laddove la corsa era iniziata. Girardengo prende la testa della classifica già nella prima tappa, ove conquista il successo parziale superando in volata altri quattro atleti: Alfonso Calzolari, Alfredo Sivocci, Giuseppe Santhià e Giovanni Roncon.

Tano arriverà a oltre 11′. Il Campionissimo serve il bis il giorno successivo, questa volta staccando tutti e giungendo in solitaria sul traguardo di Trieste. Precede di 3’30” Calzolari, di 5′ Santhià, di 7’10” Clemente Canepari e di 9’05” un Belloni che pare in crescita.

©Urtekaria, Twitter

Oscar Egg, il campione svizzero, spezza il dominio dell’Omino di Novi vincendo una volata di quattordici atleti a Ferrara. Il leader della classifica generale è comunque secondo, mentre Tano giunge terzo. Ezio Corlaita trionfa nella frazione più lunga del Giro, quattrocentoundici da Ferrara a Pescara, superando Luigi Lucotti in uno sprint a due. Girardengo e Belloni arrivano nel primo gruppo inseguitore a 8’23”.

Nella Pescara-Napoli, invece, è finalmente la volta del cremonese, che conquista il suo primo successo parziale sulle strade della Corsa Rosa. Tano regola, in un arrivo a tre, Girardengo e il campione belga Marcel Buysse.

Negli ultimi cinque giorni la gara diventa un monologo. Girardengo è straripante e vince sempre; Belloni deve accontentarsi di un paio di piazzamenti sul podio di tappa, nelle due frazioni conclusive, e del secondo posto in classifica generale a 51’56” dal vincitore. Terzo arriva Marcel Buysse, primo straniero sul podio del Giro d’Italia.

Tano è nuovamente secondo dietro a Girardengo anche al Lombardia. La corsa si mette subito male per il cremonese, il quale fora nelle fasi inziali e subisce l’attacco dei fratelli Pélissier, intenti ad approfittare della sfortuna che ha colpito il campione uscente. Tuttavia, mentre sono in fuga con Ottonello e Azzini, i due francesi si scontrano con un tram e finiscono per terra, permettendo al grosso del gruppo di rientrare su di loro.

Sul Brinzio, successivamente, si scatena una bufera di neve e con lei anche l’Omino di Novi. Noncurante del tempo da leoni, infatti, il piemontese attacca e si leva tutti di ruota. In seguito, sull’inedito Ghisallo, mentre il Campionissimo continua a guadagnare sui rivali, Belloni e il fenomeno svizzero Heiri Suter staccano il resto della compagnia.

©Gerardo Necchi, Twitter

Girardengo ha 17′ di vantaggio sui due inseguitori, ma, improvvisamente, lo colpisce lo stesso problema che novantotto anni più tardi azzannerà Tom Dumoulin giù dallo Stelvio. L’Omino di Novi è costretto a fermarsi e perde 4′. Dietro, Tano viene avvertito delle difficoltà del rivale, quindi accelera e stacca Suter. La corsa sembra potersi realmente riaprire quando Costante scende dalla bici una seconda volta. Alla fine, però, il Campionissimo riesce a ripartire e giunge al traguardo con 8′ di vantaggio sul cremonese.

Il 1920 è l’anno d’oro di Tano Belloni. La stagione inizia con la solita Milano-Sanremo. La gara, quell’anno, è movimentata sin dall’inizio. Il favorito Girardengo, infatti, fora e immediatamente partono gli attacchi. Ben presto, in testa, si forma un gruppetto composto da Alavoine, Luguet, Henri Pélissier, Lombardi, Cerutti, Gremo, Annoni, Sivocci, Torricelli, Azzini, Belloni, Brunero e Oliveri.

Il Campionissimo rientrerà sul Turchino insieme a Francis Pélissier. In seguito, in testa alla corsa, rimangono solo i due Pélissier, Brunero e Luguet. A Savona, tuttavia, Henri fora e l’andatura rallenta, in quanto Francis decide di aspettare il fratello. Ne approfitta Tano, che rientra. Il francese, invece, tornerà sotto a Capo Noli, insieme a Girardengo e Giuseppe Azzini.

Il piemontese ha nuovamente problemi meccanici ad Alassio, ma, con un grosso sforzo, riprende i battistrada appena giù dal Capo Berta. Tuttavia, al termine della salita, per non perdere la scia delle ammiraglie, decide di non cambiare rapporto e resta col 46×18.

Si arriva così allo sprint, dove la Bianchi, forte del fatto di avere tre uomini (Tano, Henri Pélissier e Azzini), la fa da padrone lanciando il cremonese. Belloni, contro un Girardengo penalizzato dall’avere il rapporto da salita, ha vita facile e vince la sua seconda Classicissima. Precede il compagno Pélissier e lo stesso Campionissimo, che deve accontentarsi del gradino più basso del podio.

Tom Dumoulin. ©Aivlis Photography

La Bianchi domina anche al Giro d’Italia. Si parte con una tripletta nella prima tappa in cui Giuseppe Olivieri precede Angelo Gremo e Tano Belloni. Il giorno successivo, invece, tocca al cremonese, il quale vince la Torino-Lucca regolando il giovane Giovanni Brunero in una volata a due. Mentre Tano balza in vetta alla classifica generale, Girardengo, caduto il giorno prima sul Monte Ceneri, è costretto al ritiro.

Belloni serve il bis nella Lucca-Roma, dove batte Gremo in volata. La Bianchi continua a spadroneggiare, vincendo anche le frazioni numero quattro e sei col francese Jean Alavoine. Nella settima e penultima tappa, Tano chiude la pratica con un successo in solitaria. Belloni dà un saggio di tutta la sua forza e giunge al traguardo di Trieste con 2’04” su Ugo Agostoni e 25’37” sul sopraccitato Alavoine.

Nell’ultimo giorno di gara, la corsa vede la vittoria parziale assegnata a ben nove corridori: vale a dire Agostoni, Sala, Rossignoli, Petiva, Buysse, Belloni, Alavoine, Gremo e Di Biase. Il motivo è presto detto: nel circuito dell’Ippodromo di Milano il pubblico ha invaso la pista, non permettendo ai corridori di disputare la volata. Poco male, ad ogni modo, per Tano Belloni che conquista il suo primo e unico Giro d’Italia con 32’24” su Gremo e 1h 01′ 14″ su Alavoine.

L’annata, poi, si concluderà in modo trionfale con la vittoria di entrambe le prove, cronocoppie e australiana, e della classifica generale nel Giro della Provincia di Milano, al quale partecipa insieme al fido Giuseppe Azzini. Al Lombardia, invece, deve accontentarsi di un tragicomico terzo posto.

Tano, Henri Pélissier e Brunero sono in testa da soli a pochi chilometri dalla fine. Il cremonese fora e, benché l’ammiraglia fosse subito dietro, ci mette un po’ a cambiare la ruota. Brunero, il quale era stretto nella morsa della Bianchi, prova ad approfittare del colpo di fortuna, ma la dea bendata ne ha anche per lui: il torinese, infatti, è vittima di un salto di catena che spiana la strada a Pélissier verso la sua terza vittoria nella Classica delle Foglie Morte.

©Gerardo Necchi, Twitter

A ventotto anni, Tano Belloni ha già vinto un Giro d’Italia, due Milano-Sanremo, due Giri di Lombardia, una Milano-Modena e due Giri della Provincia di Milano. Non proprio il palmarès che ti aspetti da uno conosciuto come eterno secondo. L’epopea effettiva del cremonese come piazzato lusso inizia solo nel 1921.

Quell’anno, infatti, al netto delle sette vittorie stagionali, tre tappe al Giro d’Italia, entrambe le frazioni e la classifica generale del Giro della Provincia di Milano b (si correvano due edizioni in una stagione) e la seconda Milano-Modena della carriera, deve accontentarsi della medaglia d’argento sia alla Corsa Rosa che al Lombardia.

In ambedue i casi, inoltre, la sconfitta arriva in modo beffardo. Al Giro, infatti, Brunero lo precede per soli 41″, un distacco all’epoca ancor più irrisorio rispetto ad oggi. Nella Classica delle Foglie Morte, invece, Girardengo lo supera in volata per pochi centimetri.

Al Giro del 1922 l’inizio di Tano è folgorante: vince due delle prime tre frazioni e si porta in testa alla classifica generale. Tuttavia, la giuria, dopo aver inizialmente squalificato Giovanni Brunero nel corso della tappa inaugurale per un cambio ruota irregolare, gli permette di correre sub iudice e in seguito lo riammette con venticinque minuti di penalizzazione. Per protesta, la Bianchi di Belloni e la Maino di Girardengo ritirano la squadra dal Giro. Probabilmente, senza questa mossa totalmente folle del suo team, il lombardo avrebbe vinto la sua seconda Corsa Rosa.

La stagione non è comunque da buttare. Tano, in coppia prima con Girardengo e poi con Brunero, conquista entrambi i Giri della Provincia di Milano. Inoltre, partecipa per la prima ed ultima volta alla Parigi-Roubaix, ottenendo un buon sesto posto. Su pista, insieme alla leggenda australiana Alfred Goullet, trionfa nella Sei Giorni di New York.

©CremonaSport

Il 1923 e il 1924 sono gli anni più duri. Arriva per due volte secondo alla Sanremo, battuto allo sprint prima da Girardengo e poi da Pietro Linari. È il primo dei battuti, inoltre, anche alla Milano-Torino del ’23 e al Giro del Veneto, al Giro dell’Emilia e al Giro della Provincia di Milano b del ’24. In quest’ultima gara, peraltro, conquista nella prova su pista la sua unica vittoria in quel biennio. Al Giro è costretto al ritiro nel ’23, mentre nel ’24, come tutti i grandi campioni dell’epoca, diserta la Corsa Rosa a causa di un contenzioso tra squadre e organizzazione.

La stagione successiva sarà quella del riscatto. Al Giro conquista due tappe, tra cui quella conclusiva. In classifica generale, peraltro, è quarto dietro a Binda, Girardengo e Brunero (poker d’assi vero e proprio). Oltretutto, torna a vincere la Milano-Modena per la terza volta in carriera. Il successo più prestigioso dell’annata, tuttavia, arriva il 3 maggio. Belloni supera in una volata a due Bartolomeo Aimo, dopo essersi già sbarazzato in precedenza di Binda, Girardengo e Brunero, e taglia per primo il traguardo del Giro del Piemonte, una delle poche grandi classiche che mancavano nel suo palmarès.

Il 1926 è un anno di grandi cambiamenti per Tano. Il lombardo, infatti, passa alla Opel e inizia a correre in Germania. Belloni, all’epoca trentaquattrenne, è comunque tutt’altro che un corridore finito. In quella stagione vince ben sei corse, vale a dire: la Rund um Hainleite-Erfurt, il Gran Premio di Hannover, la Sachsen-Rundfahrt, il Grand Prix Sachs, la Hannover-Amburgo e il Gran Premio dell’Industria di Berlino.

Inoltre, Tano giunge quarto alla Sanremo a 12’45” da Girardengo, autore di un’autentica impresa in una giornata da tregenda, sesto al Giro di Lombardia vinto da Giovanni Brunero e terzo alla Rund um Koln, preceduto da Heiri Suter e Kastor Notter.

Alfredo Binda. ©Il Tempo

Nel 1927 resta in Opel, ove conquista la Rund um Koln, la classica più prestigiosa del calendario tedesco. In quell’occasione batte il belga Jules Van Hevel, seigiornista come lui e già vincitore di Fiandre, Roubaix e di due campionati nazionali, e il padovano Adriano Zanaga. In quella stessa stagione, oltretutto, Tano trionfa nel Giro di Monaco e nel Giro della Ruhr e si classifica quarto nel primo campionato del mondo della storia, al Nürburgring, battuto solo dai connazionali Binda, Girardengo e Piemontesi.

L’anno seguente, Belloni torna a correre tra le file della Wolsit-Pirelli e, dopo due stagioni di assenza, partecipa nuovamente al Giro d’Italia. La corsa viene dominata da Binda, mentre Tano non è mai protagonista e si vede anche costretto a ritirarsi. Il cremonese sembra ormai sul viale del tramonto, ma non è così e lo dimostra il 3 novembre 1928.

In una giornata dal meteo ballerino, il lombardo conquista il suo terzo Giro di Lombardia. Quel dì Tano è, tra l’altro, particolarmente sfortunato. Fora due volte, infatti: una ai piedi del Brinzio e una sulla discesa del Brinzio. Tuttavia, complice una corsa tatticamente abbastanza bloccata, riesce a rientrare sui battistrada in entrambe le occasioni. Successivamente, nel “suo” Velodromo Sempione, lancia una lunghissima volata, degna del grande pistard che è.

Su una pista letteralmente sommersa dall’acqua, la strapotenza di Belloni non lascia scampo ad Allegro Grandi, Pietro Fossati, Ambrogio Beretta e Alfredo Binda (quest’ultimo verrà poi squalificato per un cambio ruota irregolare), suoi rivali per il trionfo. Quel giorno Tano fa la storia. Nessuno oltre a lui, infatti, è riuscito a vincere due edizioni della Classica delle Foglie Morte a tredici anni di distanza l’una dall’altra.

Nel 1929 Belloni continua a dare sfoggio di una longevità con pochi eguali nel grande libro della storia del ciclismo. Al Giro d’Italia vince la prima tappa, la Roma-Napoli, e resta in testa alla classifica generale per tre giorni. In seguito, dovrà cedere la prima piazza assoluta al ciclone Alfredo Binda che conquista otto frazioni consecutive.

©Gerardo Necchi, Twitter

Il 20 settembre di quello stesso anno, inoltre, Belloni aggiunge al suo palmarès una delle poche perle che gli mancavano: la Roma-Napoli-Roma. Oggi questa è una gara completamente dimenticata, ma per decenni è stata la corsa per eccellenza dell’Italia meridionale. Nata classica e diventata giro a tappe ciclo-motoristico di financo sedici frazioni, dal 1902 al 1961 la Roma-Napoli-Roma è stata terreno di conquista dei più forti corridori del globo. I lati delle strade, durante il suo passaggio, erano sempre gremiti di tifosi. A testimonianza di quanto il ciclismo fosse amato in regioni che, successivamente, sono state un po’ trascurate dall’universo del pedale.

Quando Tano vince la Roma-Napoli-Roma, essa è una gara in linea di quattrocentosettanta chilometri. Si parte alle 21:15 di sera dai Cessati Spiriti di Roma. La notte è serena, la luce della luna squarcia il buio e una leggera brezza accompagna i quarantasei partenti. A Terracina scattano in sette: Frascarelli, Binda, Piemontesi, Pancera, Catalani, Chiappini e Gori; Belloni si fa sorprendere. Tuttavia, il cremonese si lancia in un veemente inseguimento e va a riprendere i battistrada in vista di Formia. Nel frattempo, Binda fora tre volte e decide di ritirarsi.

Il gruppo giunge a Napoli dopo nove ore e nove minuti dal via, marciando a una media di 25,450 chilometri orari. La gara, dopo tanti tentativi velleitari, si accende in quel di Frosinone. Intanto, il cielo si fa sempre più plumbeo sopra il plotone. Domenico Piemontesi porta il suo primo allungo e lo seguono solo Belloni e Alessandro Catalani. Più avanti, complice il poco accordo tra i battistrada, rientreranno sui primi anche Pancera, Mammina, Vallazza, Bestetti e Spadolini. Quando, poco dopo Palestrina, Piemontesi fora, la bagarre divampa.

Piemontesi, tuttavia, con un grandissimo numero riesce a tornare sui primi, dai quali invece perdono contatto Spadolini, Mammina e Vallazza. I cinque di testa, dunque, vanno verso una volata sul rettilineo posto davanti allo stadio della Rondinella. Nelle ultime centinaia di metri, Tano parte e si esibisce in uno sprint regale. Il secondo, Piemontesi, fatica anche solo a uscirgli dalla scia.

Il trentasettenne Belloni, oltretutto, si toglie le sue soddisfazioni anche su pista. In coppia con il leggendario pistard del Nuovo Galles Reginald McNamara, uno dei più forti seigiornisti di tutti i tempi, vince la seconda Sei Giorni di Chicago stagionale. Nella seconda delle tre Sei Giorni di New York in programma in quell’annata, invece, conquista il terzo posto in tandem con Anthony Beckman.

©David Guénel, Twitter

Il periodo a cavallo tra gli anni ’20 e gli anni ’30 del ‘900 è un’assoluta età dell’oro per le Sei Giorni. Oltre venti città negli States ne ospitano una. Al Madison Square Garden, come scritto nel paragrafo precedente, arrivano addirittura a organizzarne tre in un anno proprio nel 1929. D’altronde, quella che oggi è la casa dei New York Knicks all’epoca si riempiva di spettatori ogni volta che i grandi del ciclismo europeo e australiano attraversavano gli oceani per andare a sfidarsi nella pista a stelle e strisce per eccellenza.

L’ultimo grande successo di Tano sarà proprio la prima Sei Giorni di New York del 1930. Trionfa insieme al fortissimo belga Gérard Debaets, il quale aveva conquistato le due edizioni precedenti in coppia con il fuoriclasse di Varese Franco Giorgetti. Belloni si ritira dal ciclismo professionistico a quarant’anni, nel 1932, dopo un triennio avaro di soddisfazioni. Su pista, invece, sarà capace di agguantare ancora un terzo posto nella rassegna newyorchese sopraccitata nel 1935, spalleggiato da Tino Reboli.

Dopo il ritiro, Tano diventerà il direttore del Velodromo Vigorelli. Sarà lui, inoltre, a scoprire per primo il talento del fenomeno del ciclocross Renato Longo. A ottantasette anni, il 9 gennaio 1980, dopo una vita lunga e ricca di soddisfazioni, Belloni si spegne.

Il cremonese è stato un grande pistard, grande stradista, ma, soprattutto, un grande uomo. Un generoso in sella e giù dalla sella. Un’icona vera del suo tempo e del belpaese. Tano ha lasciato qualcosa di sé alle platee di buona parte del globo. Ha infiammato le strade dell’Italia tutta, da nord a sud, ha dato spettacolo in una Germania ancora ignara del nefasto incubo che l’aspettava da lì a poco e ha gremito gli spalti dei velodromi statunitensi. Tano è, e sempre sarà, un mito la cui leggenda non conosce confini di spazio e tempo.

 

 

Foto in evidenza: ©Nicola Sbetti