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“But here we are”: il nuovo inizio dei Foo Fighters

Abbiamo ascoltato in anteprima il nuovo disco di Dave Grohl e soci: il racconto dei brani dell’album
“But here we are”: il nuovo inizio dei Foo Fighters

Nel 2021, in attesa dell’uscita di “Medicine at midnight”, ci si chiedeva cosa sarebbero riusciti a tirar fuori i Foo Fighters per il loro decimo album in studio, dopo non esser neanche riusciti a festeggiare i venticinque anni di carriera secondo i piani originali, a causa del Covid. Due anni fa, con il successore di “Concrete and gold” del 2017, Dave Grohl e soci presentarono il loro “Saturday night party album” e introdussero non poche novità all’interno della propria discografia, facendo convivere cowbell, chitarre elettriche e colpi frenetici di batteria. Ora, le premesse e le domande che precedono l’arrivo del

nuovo album della formazione dell’ex sodale di Kurt Cobain sono decisamente diverse, più personali, e per questo più intense. Di conseguenza, il lavoro che segna il ritorno dei Foo Fighters dopo la scomparsa del loro amico e compagno Taylor Hawkins, non ha niente a che vedere con i suoni e le atmosfere di “Medicine at midnight”. Il titolo del disco, in uscita il prossimo 2 giugno, è “But here we are”. Lo abbiamo ascoltato in anteprima.

“But here we are”

Insieme al tour mondiale partito Oltreoceano il 24 maggio, per cui è stato arruolato Josh Freese come nuovo batterista, l’undicesimo album di Dave Grohl e compagni conferma la rinascita della band, segnando di netto la fine di un capitolo della sua storia e l’inizio di una nuova vita dei Foo Fighters.

Come si legge sulla copertina, “But here we are” è dedicato a Taylor Hawkins e alla madre di Dave Grohl, Virgina, anche lei scomparsa lo scorso anno. Il dolore si insinua naturalmente e fisiologicamente tra le riflessioni e le tematiche che la band affronta nel nuovo album. La reazione dei Foo Fighters a quanto si sono trovati ad affrontare, come amici e band, si traduce nelle dieci tracce del disco, per oltre 45 minuti di musica, nei cambi di sonorità e atmosfere. Le prime anticipazioni, “Rescued” e “Under you”, hanno svelato fin da subito la determinazione e l’energia che si trovano in “But here we are, tra

aggressività e riflessività. L’ultimo singolo estratto, “Show me how”, inciso con la figlia di Grohl, Violet, alla seconda voce, è poi arrivato a mostrare altre sensazioni di un disco che racchiude diverse direzioni e racconti sonori. “But here we are” suona con autenticità, mostrando sia i Foo Fighters come si sperava di risentire, sia in modo inedito, andando oltre quanto già fatto.

I crediti: Dave Grohl alla batteria per il nuovo album

Dalla scomparsa di Taylor Hawkins, il gruppo si è trattenuto dal parlare con i media o rilasciare dichiarazioni, e il nuovo disco non è quindi stato preceduto da indiscrezioni, venendo annunciato a sorpresa. Per annunciare l’uscita dell’album, oltre a una presentazione stampa, Grohl e soci hanno così scelto di lasciar parlare davvero solo la loro musica, il costante motivo di tutto. Sono quindi arrivati i primi singoli e un concerto in streaming a preparare il pubblico. È stato proprio il live “Preparing music for concerts” a confermare quanto i fan sospettavano grazie alle prime anticipazioni, in attesa di leggere i crediti sulle note di copertina: per le registrazioni di “But here we are”, oltre a cantare e suonare la chitarra, Dave Grohl è tornato nuovamente a prendere il posto alla batteria per un disco dei Foo Fighters, dopo aver lasciato a Taylor Hawkins, a partire da “One by one” del 2002, il timone dietro alle pelli anche in sala di incisione

Il tocco di Grohl riporta il gruppo a ripercorrere strade già battute e a tornare a suoni familiari. Facendo tesoro dei propri elementi caratteristici e tornando al suo rock più frenetico, in alcuni pezzi del nuovo progetto la band ritrova il suo sound più classico, impostato sulla sacra triade chitarra, basso e batteria. In altri momenti, l’energia e la smania rincorrono sperimentazioni fuori dall’ordinario

“But here we are” spiegato, canzone per canzone

1. Rescued

Un giro di chitarra che si ripete, la voce di Dave Grohl che entra decisa insieme a netti colpi di batteria. Il piglio è frenetico e la foga urlata invita ad andare avanti in cerca di salvezza: “I'm just waiting to be rescued / bring me back to life”. Il compito di aprire il disco è affidato al primo singolo estratto, il brano che ha segnato il ritorno dei Foo Fighters e del loro sound più aggressivo, ma melodico, con frasi e ritornelli da cantare a squarciagola ai concerti. 

2. Under you

"Someone said I'll never see your face again / Part of me just can't believe it's true / Pictures of us sharing songs and cigarettes / This is how I'll always picture you", canta Grohl nel secondo verso del secondo brano di “But here we are”. È una canzone tanto struggente nella sua narrazione, quanto semplice nei suoi suoni accattivanti, che richiamano i lavori passati e più noti dei Foo Fighters. Dentro una dimensione riconoscibile e confortante di un mid tempo rock, la band si concede quindi uno sfogo per il suo dolore.

3. Hearing voices

Mentre le prime due tracce rincorrono lo stesso bisogno di liberazione tramite sonorità familiari, con “Hearing voices” ci si inizia ad addentrare negli ambienti sonori meno prevedibili che i Foo Fighters hanno plasmato per “But here we are”. Nella terza traccia del disco, l’atmosfera è cupa e, su un sottofondo di chitarre elettriche tirate e post punk, il ritmo rimane costante e ripetitivo, seppur sostenuto. Arriva qui la confessione di un lamento timido che rimanda a una mancanza: “I've been hearing voices / None of them are you”, afferma Dave Grohl nel pezzo, prima di chiudere con un sussurro sulle corde di una chitarra: “Speak to me, my love. Speak to me, my love”.

4. But here we are

Nomen omen: in quanto title-track, la quarta canzone di “But here we are” è uno dei momenti chiave e getta in faccia all’ascoltatore l’essenza del disco. La dichiarazione scelta come titolo dell'album, in questo brano si ripete per ricordare la determinazione di Dave Grohl e dei suoi Foo Fighters: “Save to my arms, but here we are”. La frenesia della batteria che scandisce come un orologio l’inizio, si trasforma poi in una corsa fino all’ultimo con la chitarra elettrica, mentre la voce del frontman è a tratti controllata, ma soprattutto carica di rabbia fino a esplodere.

5. The glass

“The glass” riporta su binari più comodi, in un altro terreno familiare, con i Foo Fighters che fanno i Foo Fighters nella loro vena più malinconica. Con il cantato di Grohl regolare sulla melodia della chitarra, il brano parte come una ballata e si carica nel ritornello, come da aspettative. “I see my reflection on you / See our reflection in me/  How could it be?”, sono le emozioni di questo confronto e desiderio. 

6. Nothing at all

I Foo Fighters hanno, forse, ben pensato che il groove di “Shame shame”, il primo singolo del loro precedente album, fosse passato un po’ troppo inosservato. Ecco che Grohl e soci hanno quindi deciso di riproporlo, sviluppandolo in un brano più grintoso che riesce a esplodere nella parte centrale. “Nothing at all” regala così uno dei momenti più interessanti e meglio riusciti di “But here we are”. Dopo la parte vocale filtrata, il ringhio di Dave Grohl arriva a colpire di netto l’ascoltatore con una riflessione tanto personale quanto umana: “Never mind, love and hate / Peace of mind, it's a bit too late / I'll get by with nothing at all / Waste my time with nothing at all”. 

7. Show me how

La settima traccia di “But her we are” apre una parentesi a sé. Tastiere e un delicato giro di chitarra introducono la sensazione onirica di “Show me how”, che prende corpo con la batteria e il basso, ma si scioglie con le voci di Dave Grohl e la figlia Violet che cantano insieme. In una dimensione sonora moderata, malinconia e bisogno di accettazione sono i temi principali: “I’ll take care of everything from now on / Where are you now? Who will show me how?”.

8. Beyond Me

Una voce sussurrata accompagnata al pianoforte, presto raggiunta dalla chitarra elettrica, introduce “Beyond me”. La melodia raggiunge in fretta la sua stabilità in un pop rock in cui tranquillità e inquietudine convivono, fino a lasciare spazio sul finale all’assolo di chitarra elettrica. “You must relate what you want here. So I feel / But it's beyond me / Forever young and free”, canta Dave Grohl.

9. The teacher

Prima di arrivare al vero atto conclusivo, ci sono i dieci minuti di “The teacher”, un brano che cambia forma e intenti nel suo stesso corso. La band chiude il suo sfogo esplorando, forse, il suo lato più “progressive” e sperimentale, come aveva immaginato inizialmente Grohl per un possibile successore di “Medicine at midnight”.

Chitarra acustica strozzata e veloce, di stampo Cramps, mormorii e voci: così si apre “The teacher”, penultima traccia del disco, un brano multiforme. La compostezza resiste solo per il primo minuto, e il tono si alza con il martellante ritmico di batteria e basso distorto. La frenesia che sembra portare Dave Grohl e soci allo sfinimento, si placa quando la canzone si trasforma di nuovo, prima della metà. “You showed me how to breathe, never showed me how to say goodbye”, confessa quasi teneramente Grohl in un passaggio del brano che, come suggerito dal titolo, sembra una dedica alla madre Virginia (che era un'insegnante). Dopo un altro momento di quiete, è però con uno sfogo di percussioni e urla che i Foo Fighters intendono far concludere il brano, tra le distorsioni.  .

10. Rest

Una chitarra acustica e una voce spezzata introducono “Rest”, il brano che porta alla fine di “But here we are”. Dave Grohl si mostra nel suo stato più contemplativo, lasciandosi cullare dal suo stesso suono, mentre con un sospiro ammette: “Rest / You can rest now / Rest / You will be safe now / Love and trust / Life is just a game of luck”. Suoni distorti e una ritmica solenne con la chitarra elettrica riempiono poi l’atmosfera e anche la voce di Grohl diventa quasi un ringhio, fino a spegnersi nella sua intimità.

Scheda artista:   
Foo Fighters
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