Fidanzata in affitto, la recensione del film con Jennifer Lawrence

Il film, diretto da Gene Stupnitsky e scritto a quattro mani con John Phillips, esce nelle sale italiane dal 21 giugno distribuito da Sony Pictures.

Fidanzata in Affitto recensione
and Maddie (Jennifer Lawrence) and Percy (Andrew Barth Feldman) in Columbia Pictures’ NO HARD FEELINGS.

La promozione di No hard feelings, sexual comedy diventata nella versione italiana Fidanzata in affitto, è iniziata ufficialmente quando Jennifer Lawrence è arrivata sulla Croisette in infradito in occasione della 76° edizione del Festival di Cannes. L’attrice, il cui ultimo film Causeaway l’ha vista indossare i panni di un militare, è volata in Francia a maggio proprio per la nuova comedy diretta da Gene Stupnitsky (Good Boys – Quei cattivi ragazzi), sceneggiata con John Phillips, nella quale interpreta Maddie, un’autista di Uber disposta a vendere il proprio corpo per ottenere un’auto che le permetta di lavorare e pagare le bollette.

 

Una commedia in cui la Lawrence, come afferma lei stessa, ha dovuto superare l’imbarazzo della nudità per poter girare alcune scene più hot, in particolare una in cui fa il bagno al mare assieme al partner Andrew Barth Feldman, che interpreta l’adolescente imbranato Percy. Fidanzata in affitto, che ha avuto la sua prima cinematografica nella cornice londinese lo scorso 12 giugno, esce nelle sale italiane il 21 giugno distribuito da Sony Pictures.

Fidanzata in affitto, la trama

Maddie (Jennifer Lawrence) sta per perdere tutto: la casa della madre e il suo lavoro come autista Uber, poiché ha perso la sua auto e non riesce a pagare le bollette. Decisa a fare di tutto per poter raccimolare dei soldi, accetta di candidarsi ad un annuncio di lavoro in cui due genitori troppo apprensivi cercano una ragazza che possa iniziare il figlio adolescente Darcy (Andrew Barth Feldman) al sesso.

Il ragazzo, prossimo al college, non ha mai condiviso il letto con una donna, non ha amici, non suona il pianoforte in pubblico anche se è molto bravo, e sta sempre chiuso a casa, e per l’inizio della sua nuova vita a settembre, secondo i genitori, ha bisogno di fare esperienza. In tutti i sensi. Maddie è disposta a vendersi in cambio di un’auto che questa coppia le regalerà se andrà a letto con il figlio. Ma quando conosce Darcy, le cose vanno diversamente rispetto a quello che lei si aspettava e il loro rapporto si trasformerà in una bellissima amicizia, non prima però di aver attraversato grandi turbolenze.

Fra buone premesse e un po’ di disorientamento

Fidanzata in affitto inizia con un primo piano che raffigura – e anticipa – intelligentemente il fulcro della storia: il gancio di un pick-up trasandato, che sembra un gigantesco amo penzolante. La trama pone infatti al suo centro un pesce, l’innocente bambinone Percy, che deve abboccare al bellissimo amo Maddie, lanciato dai suoi troppo apprensivi genitori, i quali vogliono svezzarlo in vista del college a settembre. L’incipit del racconto si basa su interessanti premesse, con un incidente scatenante (molto comico) – la paura dello sfratto di Maddie – che aggancia subito lo spettatore, poiché curioso di come la linea della storia curverà. Una volta guadagnata l’attenzione del pubblico, il film continua con il suo lavoro preparatorio, posizionando sulla scacchiera le pedine archetipiche su cui questo tipo di narrazione si fonda: una femme fatale, un adolescente da iniziare al sesso, genitori preoccupati per il figlio mai cresciuto.

Sistemati gli ingredienti, Fidanza in affitto sembra prendere la forma e l’obiettivo di American Pie: far perdere nella lussuria e nel piacere carnale giovanissimi ancora immacolati che sono nel pieno degli ormoni impazziti. Per poter raggiungere la gloria eterna. Perché la verginità, a quell’età, è vista come uno stimga, qualcosa che ti etichetta come sfigato e disadattato. Che quindi bisogna affrontare, come fosse un rito di passaggio, per poter accedere alla fase adulta (ossia il college) con dignità e orgoglio.

Ma se nel film di Paul e Chris Weitz sono proprio i quattro amici a volersi togliere di dosso la paura di diventare le pecore nere della situazione, in Fidanza in affitto sono i genitori di Darcy a temere per il futuro del figlio, che non vedendolo socialmente – e sessualmente – attivo lo guardano come fosse un alieno. Il film così nella sua prima parte cerca di conferire una struttura e un taglio ai suoi personaggi e al suo pretesto, fornendo allo spettatore una sorta di first look preparatorio alla storia, prima di perdersi nella sua “seconda tranche.”

Un film indeciso

Il problema di Fidanza in affitto non è il concept, di per sé valido, ma il non osare e approfondire i suoi protagonisti che, dopo un inizio divertente e dinamico, sembrano lasciati andare al loro destino. Il film sembra infatti perdere la presa sulla costruzione narrativa dopo il primo atto, galoppando a briglia sciolta senza preoccuparsi della direzione. Il risultato è che un prodotto promettente – in cui è Jennifer Lawrence a tenerne redini, cavalli e carrozza insieme, grazie alla sua ingombrante e funzionale prescenza scenica – perde le buone intenzioni per strada. Non bastano gli sketch, alcuni anche teneri, e i comic relief fra Maddie e Percy a sollevare il film dalle sue sorti.

Maddie (Jennifer Lawrence) and Percy (Andrew Barth Feldman) in Columbia Pictures’ NO HARD FEELINGS.

Non è sufficiente neppure lo sforzo fatto da Lawrence nel mostrarsi disinvolta nelle scene di nudo. Poiché è la sceneggiatura che, fossilizzandosi troppo sulla macrostoria, non arricchisce il suo contenuto di dettagli – qui necessari per creare più contatto fra lo spettatore e i suoi protagonisti – e accenna solamente alle sfumature dei personaggi, restituendo la sensazione di incompiutezza. Come se l’infrastuttura della narrazione fosse fatta di cartapesta che, al primo soffio, crolla a terra. Fidanzata in affitto tra l’altro non è un film demenziale, anzi, ma quando prova ad approfondire certi aspetti, certi temi, – perché Gene Stupnitsky vorrebbe riflettere sull’oppressione e l’invadenza di alcuni genitori, o su cosa vuol dire la fase adolescenziale – non calca mai davvero la mano. Dando l’impressione di aver timore di spingersi oltre, come se così facendo il tono umoristico andasse perduto.

Non pensando invece che è proprio questo “tremolio”, l’indecisione, a rovinare la seconda parte dell’opera. Fidanzata in affitto però, oltre a queste evidenti problematiche, adempie comunque e tutto sommato al suo compito: intrattenere. Lo riesce a fare soprattutto all’inizio, come dicevamo, e se riesce a farlo è merito di una versatile e molto simpatica Jennifer Lawrence, che si mette in gioco e si diverte a dare una verve e un’esuberanza alla sua Maddie tali da catalizzare l’attenzione del pubblico interamente su di lei. E alla fine è lo stesso Gene Stupnitsky a focalizzarsi sul suo personaggio, forse perché sa che è l’unica carta vincente dell’intero canovaccio. E fa bene, perché senza Lawrence sarebbe stato un prodotto facilmente dimenticabile. Purtroppo.

- Pubblicità -
RASSEGNA PANORAMICA
Voto di Valeria Maiolino
Articolo precedenteThe Bear: trailer della seconda stagione in arrivo su Disney+
Articolo successivoSecret Invasion: recensione dei primi due episodi della serie con Samuel L. Jackson
Valeria Maiolino
Classe 1996. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza, con una tesi su Judy Garland e il cinema classico americano, inizia a muovere i primi passi nel mondo della critica cinematografica collaborando per il webzine DassCinemag, dopo aver seguito un laboratorio inerente. Successivamente comincia a collaborare con Edipress Srl, occupandosi della stesura di articoli e news per Auto.it, InMoto.it, Corriere dello Sport e Tutto Sport. Approda poi su Cinefilos.it per continuare la sua carriera nel mondo del cinema e del giornalismo, dove attualmente ricopre il ruolo di redattrice. Nel 2021 pubblica il suo primo libro con la Casa Editrice Albatros Il Filo intitolato “Quello che mi lasci di te” e l’anno dopo esce il suo secondo romanzo con la Casa Editrice Another Coffee Stories, “Al di là del mare”. Il cinema è la sua unica via di fuga quando ha bisogno di evadere dalla realtà. Scriverne è una terapia, oltre che un’immensa passione. Se potesse essere un film? Direbbe Sin City di Frank Miller e Robert Rodriguez.
fidanzata-in-affittoDopo una prima parte divertente, che funge più da preparazione al racconto, il film si perde nei suoi stessi intenti, dando l'impressione di non volersi sbilanciare troppo. Tocca diversi punti e diverse tematiche, ma non le approfondisce, focalizzandosi molto più sulla macrostoria che sui dettagli, perdendo così di consistenza. Un'attenzione in più sulla sceneggiatura non avrebbe guastato.