San Tommaso d’Aquino. Un breve profilo storico. #cronachedelcristianesimo #tomismo – Club Theologicum

San Tommaso d’Aquino. Un breve profilo storico. #cronachedelcristianesimo #tomismo

Vita e opere

Nato con tutta probabilità nel 1225, figlio minore di Landolfo d’Aquino, signore di Roccasecca e Monte San Giovanni, e della sua seconda moglie, Teodora di Chieti, Tommaso aveva cinque sorelle, tre fratelli maggiori e almeno tre fratellastri. Il castello di famiglia di Roccasecca, dove Tommaso nacque, a metà strada tra Roma e Napoli, si trovava su una montagna nell’angolo nord-occidentale del regno di Sicilia. Quest’ultimo era al tempo governato dall’imperatore svevo Federico II (1194-1250), che fu costantemente in guerra con i papi durante i pontificati di Onorio III (1216-1227), Gregorio IX (1227-1241) e Innocenzo IV (1243-1254). Data la posizione del feudo della famiglia di Tommaso, questa si trovava quindi in una situazione di particolare precarietà, in costante tensione tra la fedeltà al papa o all’imperatore.

Tommaso trascorse i primi cinque anni di vita nel castello di famiglia sotto le cure della madre e di una nutrice. Essendo il figlio più giovane della famiglia, all’età di cinque o sei anni fu affidato (oblatus, “offerto”) dai genitori all’abbazia benedettina di Montecassino, nella ferma speranza che alla fine scegliesse la vita monastica e potesse un giorno diventare abate della stessa. La sua prima formazione fu nella vita spirituale, principalmente attraverso il salterio latino, e nei rudimenti di lettura, scrittura e matematica. La lotta tra il papa e l’imperatore raggiunse il culmine nel 1239, quando Federico fu scomunicato una seconda volta. Le truppe imperiali occuparono l’abbazia e i giovani studenti furono inviati in una delle case benedettine di Napoli per frequentare l’università imperiale fondata nel 1224 come rivale di Bologna. All’università, dove Tommaso rimase fino al 1244, questi studiò con il maestro Martino (grammatica e logica) e con Pietro d’Irlanda (filosofia naturale). Fu lì che venne introdotto alla filosofia di Aristotele.

Nel 1243 il giovane Aquinate entrò in contatto con i domenicani. Quest’ordine di frati mendicanti, fondato da Domenico (1170-1221) e confermato da Papa Onorio III nel 1216, era dedito alla predicazione, allo studio e alla vita comune. Colpito dal loro zelo apostolico, dalla povertà e dalla semplicità, e libero da obblighi, Tommaso ricevette l’abito nell’aprile del 1244, all’età di diciannove anni. In circostanze normali avrebbe fatto il noviziato a San Domenico, ma poiché i frati temevano che la sua famiglia potesse intervenire con la forza per impedire il suo ingresso nell’ordine, fu inviato a Roma. A Roma si decise che doveva andare a Parigi e così, all’inizio del maggio del 1244, lasciò la città in compagnia di Giovanni il Teutonico, terzo maestro dell’ordine che si stava, recando a Bologna per il capitolo generale che si riuniva ogni anno a Pentecoste.

Venuta a conoscenza dell’ingresso del figlio in un ordine mendicante, Teodora, ormai capofamiglia, si precipitò a Napoli e poi a Roma, solo per sapere che il figlio era partito per Bologna. Inviò l’ordine al figlio maggiore Rinaldo, che si trovava con l’esercito di Federico a nord di Roma, di intercettare Tommaso e riportarlo a casa con la forza, se necessario. Rinaldo e la sua scorta raggiunsero il gruppo di viaggiatori a cui il giovane Tommaso era aggregato nei pressi di Acquapendente, a nord del territorio papale, e lo catturarono. Secondo un aneddoto tramandato dagli agiografi, fermatisi per la notte nel castello di famiglia di Monte San Giovanni, in territorio pontificio, i soldati si assicurarono i servizi di una prostituta locale per sedurre Tommaso, ma senza successo. Il giorno successivo il gruppo si diresse a Roccasecca, dove Tommaso fu rinchiuso nel locale castello fino a quando Federico II fu scomunicato e deposto dal Concilio di Lione il 17 luglio 1245. A quel punto Teodora (che nutriva un sincero affetto nei confronti di suo figlio) si rese conto che ulteriori tentativi di far cambiare idea a Tommaso erano inutili e gli permise di ricongiungersi ai frati domenicani a Napoli, da dove fu inviato a Parigi.

Giunto al priorato di Saint-Jacques nell’ottobre del 1245, Tommaso iniziò gli studi all’Università di Parigi sotto la guida di Alberto Magno, che allora teneva lezioni sugli scritti di Dionigi l’Areopagita. Dopo tre anni di studi a Parigi, Tommaso e altri studenti particolarmente dotati accompagnarono Alberto a Colonia, dove doveva essere istituito un nuovo studium generale, come decretato dal capitolo generale di Parigi nel 1248. Nei quattro anni successivi l’Aquinate continuò a seguire e a trascrivere le lezioni di Alberto su Dionigi e le sue questioni sull’Etica di Aristotele. Come baccelliere di Alberto (1250-1252), tenne delle brevi lezioni su Isaia, Geremia e Lamentazioni.

Nel mentre, gli ordini mendicanti stavano subendo un duro attacco da parte dei maestri secolari dell’Università di Parigi, in particolare da particolare Guglielmo di Saint-Amour. Nel 1252 il maestro generale domenicano era ansioso di inviare all’università gli studenti più promettenti perché potessero prepararsi a ricoprirvi l’incarico di maestro (professore ordinario). Alberto convinse il maestro generale a inviarvi Tommaso, nonostante la sua giovane età. Questi iniziò i suoi studi sotto Elia Brunet de Bergerac nell’autunno del 1252, tenendo per quattro anni lezioni sulle Sentenze di Pietro Lombardo.

La sua originalità e la sua chiarezza di pensiero traspaiono già dai suoi primi scritti, come ne L’ente e l’essenza. In quest’opera difese inequivocabilmente (1) la distinzione reale tra essenza ed essere (esse) in tutte le creature, (2) la pura potenzialità della materia prima, (3) l’assenza di materia nelle sostanze spirituali, (4) la partecipazione di tutta la realtà creata, materiale e immateriale, all’essere (esse) di Dio e (5) la dipendenza aristotelica degli universali astratti dalle cose materiali individualmente esistenti.

Nella primavera del 1256, Tommaso, benché non avesse ancora raggiunto il limite minimo di età normalmente richiesto, ottenne la licenza come docente grazie ad una disposizione di papa Alessandro IV del 3 marzo. Quando finalmente gli fu concesso di prendere possesso della sua cattedra, ancora una volta grazie ad un intervento diretto del papa del 17 giugno, la sua lezione inaugurale dovette essere protetta da un contingente di arcieri reali inviati da Luigi IX. Un opuscolo fortemente polemico nei confronti degli ordini mendicanti a firma di Guglielmo di Saint-Amour fu condannato dal papa il 5 ottobre e il suo autore fu esiliato definitivamente da Parigi dal re. La risposta di Tommaso alle accuse di Guglielmo (Contra impugnantes Dei cultum et religionem), completata alla fine di settembre o all’inizio di ottobre, arrivò a Roma dopo che il papa aveva preso la sua decisione e, quindi, non influenzò il risultato.

Godendo di una tregua nella polemica sugli ordini mendicanti, dal 1256 al 1259 Tommaso tenne lezioni sulla Bibbia, disputazioni (Questioni disputate sulla verità) per tre anni, predicò e iniziò a comporre la sua Somma contro i gentili (1259-1264), un testo che sembra fosse stato concepito come manuale di studio per i missionari domenicani che in Spagna e Nord Africa dovevano confrontarsi con i musulmani. Questa sintesi sistematica in quattro libri è un arsenale di argomenti solidi e persuasivi “contro i gentili”, cioè i non credenti e gli eretici.

Dopo aver servito gli interessi dell’ordine a Parigi, Tommaso tornò in Italia dove insegnò, scrisse e predicò dal 1259 al 1268. Dopo aver trascorso due anni a Napoli, si spostò ad insegnare ad Orvieto (1261-1265), dove tenne lezioni su Giobbe alla comunità e fu di grande aiuto a Papa Urbano IV. Su richiesta del papa, compose la liturgia per la nuova festa del Corpus Domini e scrisse un opuscolo per confutare gli errori teologici dei greci (il Contro gli errori dei greci). Iniziò anche la compilazione di una glossa continua, o esposizione, dei Vangeli (Catena aurea), costituita quasi interamente da brani tratti dagli scritti dei padri greci e latini, dedicando il commento a Matteo a Urbano IV. Nel giugno 1265, il capitolo provinciale di Anagni incaricò Tommaso di aprire una scuola di teologia a Santa Sabina a Roma. Rendendosi presto conto che le Sentenze di Pietro Lombardo, allora di uso comune per l’insegnamento della teologia, non erano pienamente adatte per istruire i giovani principianti, Tommaso progettò un’ampia esposizione in tre parti della teologia cattolica (Somma teologica) che sarebbe stata più semplice, più ordinata e più inclusiva delle altre opere allora disponibili. La prima parte di questo scritto fu completata e messa in circolazione nel 1268. A Roma disputò anche le questioni concernenti il tema della potenza di Dio (La potenza di Dio) e il problema del male (Il male). Tenne anche delle lezioni sulla Bibbia.

Alla fine del 1268, all’Aquinate fu ordinato di tornare a Parigi per impegnarsi nuovamente nella polemica relativa agli ordini mendicanti portata avanti dai maestri secolari. Quando lui e il suo segretario Reginaldo di Piperno arrivarono a Parigi all’inizio del 1269, il primo si rese conto che la situazione era molto più complessa e grave di quanto avesse supposto. Dovette impegnarsi infatti su tre fronti: quello della polemica dei maestri secolari che si opponevano alla presenza degli ordini mendicanti nell’università; quello dell’opposizione di alcuni dei suoi stessi confratelli, dei francescani e dei teologi secolari all’uso del pensiero di Aristotele in teologia; e quello che lo vide schierarsi contro gli avverroisti, un gruppo di maestri della facoltà delle arti che, interpretando il pensiero di Aristotele alla luce di quello del suo commentatore arabo Averrè, sostenevano posizioni di tipo eterodosso rispetto alla fede cristiana. Nei cinque anni successivi Tommaso adempì agli obblighi universitari di tenere lezioni sulla Bibbia, disputazioni e predicazioni, portando avanti allo stesso tempo una vigorosa polemica contro gli avversari degli ordini mendicanti, scrivendo commenti a tutte le principali opere di Aristotele, continuando la compilazione della Summa theologiae e rispondendo a numerose richieste di opinioni.

La ripresa della polemica contro gli ordini mendicanti ad opera di Gerardo d’Abbeville e i suoi colleghi di Parigi (incoraggiati dall’esiliato Guglielmo) si concentrò in gran parte sul ruolo della povertà evangelica nella vita spirituale e sulla pratica di ammettere giovani ragazzi al noviziato. Tommaso attaccò le opinioni di Gerardo nelle sue dispute quodlibetali (1269-1271), in due trattati polemici sulla perfezione cristiana e nella sua Somma teologica (II.II,179-189). Questa fase della controversia si concluse solo con la morte dei suoi principali protagonisti, Guglielmo di Saint-Amour il 13 settembre 1272 e Gerardo l’8 novembre dello stesso anno.

Il 10 dicembre 1270, Stefano Tempier, vescovo di Parigi, condannò tredici proposizioni legate alla filosofia aristotelica contrarie alla fede cattolica. Per contrastare l’ondata anti-aristotelica che montava in ambiente universitario, Tommaso si dedicò alla produzione di dettagliati commentari a tutte le principali opere di Aristotele. È possibile chequesti Tommaso abbia iniziato il suo commento a L’anima mentre era in Italia, ma tutti gli altri sono stati scritti dopo il suo ritorno a Parigi nel 1269, e sono i commenti alla Fisica, aDell’interpretazione, agli Analitici posteriori, all’Etica, alla Metafisica, alla Politica e alcuni altri rimasti incompiuti alla sua morte. Poiché tutte queste opere di Aristotele erano utilizzate come libri di testo nelle facoltà ddelle arti e venivano spesso interpretati alla luce della loro lettura averroista, l’Aquinate sentì l’urgenza di scrivere i propri commenti che rimanessero più vicini alle fonti originali e ne mostrassero la compatibilità con la fede cristiana.

L’ampia seconda parte della Somma teologica fu scritta interamente a Parigi durante gli intensi anni dal 1269 al 1272. Questa parte, suddivisa in due sezioni, tratta il fine ultimo della vita umana, cioè la beatitudine (II.I.1-5) e i mezzi per raggiungerla, cioè gli atti umani, la ragione, la grazia e tutte le virtù considerate in generale (II.I) e in particolare (II.II) come praticate nei vari stati di vita. La terza parte, iniziata a Parigi, considera l’incarnazione e la vita di Cristo (III,1-59) e i sacramenti, ma non fu mai completata.

Poco dopo la Pasqua del 1272, Tommaso lasciò Parigi con fra Reginaldo da Piperno per il capitolo di Firenze, che lo incaricò di fondare uno studio teologico in un luogo di sua scelta della provincia romana. Scelse il suo priorato di Napoli, dove in seguito insegnò, scrisse e predicò. Dopo cinque anni di intensa attività, tuttavia, Tommaso ebbe un’esperienza mistica mentre celebrava la messa nella cappella di San Nicola il 6 dicembre 1273. Questa cagionò un profondo cambiamento in lui, che, da quel momento in poi, interruppe quasi completamente la sua attività di scrittore.

Papa Gregorio X chiese personalmente a Tommaso di partecipare al Secondo Concilio di Lione, che si sarebbe dovuto aprire il 1 maggio 1274. Gli chiese anche di portare una copia del suo trattato Contro gli errori dei greci, composto per Urbano IV. Partito da Napoli con Reginaldo e altri all’inizio di febbraio, l’Aquinate ebbe un grave incidente nei pressi di Maenza, in cui batté la testa contro un ramo sporgente e fu sbalzato a terra dalla cavalcatura su cui viaggiava. Sempre più debole, chiese di fermarsi al castello di Maenza, dimora della nipote Francesca, moglie di Annibaldo, conte di Ceccano. Il 14 febbraio era già iniziata la Quaresima e le condizioni di Tommaso divennero così gravi che chiese di essere trasportato nel vicino monastero cistercense di Fossanova, dove il vecchio abate Teobaldo era un membro della famiglia Ceccano. Lì ricevette l’estrema unzione e morì la mattina di mercoledì 7 marzo 1274. Le sue spoglie rimasero a Fossanova fino a quando, il 28 gennaio 1369, furono trasferite per ordine di Urbano V nel priorato domenicano di Tolosa, dove si trovano ancora oggi. Poiché l’anniversario della morte di Tommaso cade sempre in Quaresima, con la più recente riforma liturgica si è deciso di spostare la sua memoria al 28 gennaio.

Tommaso non ebbe successori immediati in grado di cogliere la sua originalità e profondità, anche se ebbe molti ammiratori. I suoi sforzi furono momentaneamente dissipati dalla condanna di 219 proposizioni diverse a Parigi il 7 marzo 1277 e di 30 proposizioni diverse a Oxford il 18 marzo dello stesso anno. Sedici proposizioni della lista di Parigi riflettevano il pensiero di Tommaso; tre della lista di Oxford riguardavano direttamente l’unicità della forma sostanziale nei composti materiali, una tesi tomistica fondamentale. Solo dopo la canonizzazione di Tommaso, il 18 luglio 1323, una nuova generazione di tomisti, in gran parte autodidatti, poté iniziare a insegnare e sviluppare liberamente il suo pensiero. Col tempo, l’importanza del pensiero dell’Aquinate assunse una tale preminenza in seno alla Chiesa cattolica d meritargli il titolo di Doctor Angelicus (XV secolo), che si andò ad aggiungere a quello di Doctor Communis (già in uso dal XIII secolo).

Il pensiero

Pur asserendo il primato a ciò che Dio ha rivelato attraverso il popolo ebraico e attraverso Gesù Cristo, Tommaso riconosceva l’ampio raggio della conoscenza disponibile alla nuda ragione. A differenza di molti suoi contemporanei, questi sottolineava l’importanza della filosofia aristotelica e delle scienze, anche per la teologia. Il suo pensiero strettamente filosofico si trova esposto nei suoi numerosi commenti ad Aristotele e in alcuni brevi trattati specifici (ma traspare spesso anche dalle pagine delle sue opere teologiche). Alla maniera dei suoi colleghi universitari, adattò la propria comprensione delle idee, della terminologia e della metodologia aristoteliche allo studio della “sacra dottrina”, specialmente nella sua Somma teologica.

Tommaso d’Aquino, è stato uno dei maggiori protagonisti della storia della filosofia occidentale, portando a compimento quella straordinaria sintesi tra la grande eredità classica e la metanoia cristiana, che pone l’uomo al centro della creazione.

Nella sua filosofia la conciliazione tra cristianesimo e aristotelismo avviene in seno ad una altissima concezione dell’Essere secondo cui questo è la perfezione assoluta; l’origine degli enti è dovuta alla creazione; la creazione è una partecipazione per somiglianza della perfezione dell’essere da parte degli enti; tra i singoli enti e l’Essere c’è solo analogia. In tale prospettiva, fede e ragione sono modi di conoscere diversi, che non si contraddicono ma si completano reciprocamente: l ) la ragione accetta una verità nell’ordine delle cose naturali in base alla loro evidenza; 2) la fede accetta una verità nell’ordine del soprannaturale sulla base dell’autorità di Dio rivelante.

Filosofia e teologia sono di conseguenza due scienze diverse, che non si contraddicono poiché Dio è il loro autore comune. Circa la concezione antropologica, Tommaso considera l’uomo come un composto (sinolo) di anima e corpo, in cui l’anima è l ‘unica forma del corpo. La conoscenza umana è autosufficiente per cui non abbisogna di interventi straordinari per avere luogo. L’anima è immortale, di immortalità personale perché essa è “forma assoluta, che non dipende dalla materia”. Pur riconoscendo all’anima un più elevato grado di perfezione rispetto al corpo nella gerarchia degli esseri, egli crea una antropologia integrale, nella quale al corpo viene restituita tutta la sua dignità nell’ordine della creazione.

Tommaso considera la conoscenza dell’uomo autonoma rispetto ad un influsso diretto di Dio e risultato di un processo che l’intelletto compie a partire dall’esperienza. Definisce inoltre la coscienza quale “ritorno completo del soggetto in se medesimo”: la coscienza, in virtù dell’intenzionalità, pone se stessa in relazione con le cose e, confrontandosi con esse, conquista la propria identità. La dignità dell’uomo è tale che questi può dimostrare tramite la propria ragione sia l’esistenza di Dio che l’immortalità dell’anima.

In Tommaso trova spazio anche il problema politico, in relazione al quale egli asserisce l’origine naturale dello Stato, che considera una società perfetta poiché ha un fine proprio, il bene comune, e mezzi sufficienti per realizzarlo. Nel conflitto tra i due poteri, tipico del suo contesto storico, egli è assertore della dipendenza indiretta dello Stato dalla Chiesa, che è una società più perfetta in ordine ai fini e ai mezzi che le sono propri: lo Stato dipendente indirettamente dalla Chiesa nell’ordine dei fini soprannaturali dell’uomo.

La teologia, che Tommaso chiama “sacra dottrina”, si distingue dalla filosofia pura e dipende dal dono divino della fede, che coinvolge l’intero ambito della rivelazione, della legge divina, del culto ecclesiale, della vita spirituale e della speculazione umana su di essi. Il regno della fede è in senso stretto “sovrannaturale”, in quanto le sue verità, i suoi valori e la sua efficacia trascendono il regno della “natura”. Le capacità della fede sono date gratuitamente da Dio per la salvezza dell’uomo e vanno oltre le capacità della pura natura. Il contenuto della fede riguarda ciò che Dio ha rivelato in merito a ciò che si deve credere e fare per ottenere la beatitudine eterna. La vita di fede è una partecipazione personale per grazia all’intima vita trinitaria di Dio. L’efficacia della vita di fede deriva dalla passione e dalla morte di Gesù Cristo, il Figlio unigenito di Dio. Queste convinzioni e questa morale sono trasmesse nella storia attraverso la Bibbia e attraverso la Chiesa vivente fondata da Cristo su Pietro e i suoi successori.

Ai tempi di Tommaso la teologia non veniva distinta in varie discipline, come la teologia biblica, teologia fondamentale, la teologia sistematica, la teologia dogmatica, la teologia morale, ecc. Ogni maestro di teologia doveva essere ferrato sia nella Sacra Scrittura che nella dogmatica che nella morale. Tommaso scrisse la sua Somma teologica non come un sostituto della Bibbia, ma come un aiuto extrascolastico per i principianti che avevano bisogno di una panoramica della “sacra dottrina”. Sebbene la Somma sia divisa in tre parti, la sua unità concettuale è strutturata secondo i principi dell’exitus (“uscita”) di tutte le cose da Dio e del reditus (“ritorno”) di tutte le cose a Dio. La prima parte considera Dio e l’uscita di tutte le cose da Dio. La seconda e la terza parte considerano la meta finale della vita umana e l’effettivo ritorno di tutte le cose a Dio. Le due sezioni della seconda parte considerano i mezzi intrinseci come le virtù, la legge e la grazia, mentre la terza parte considera Cristo e i suoi sacramenti come mezzi estrinseci indispensabili per la salvezza. Senza dubbio il contributo più originale di Tommaso alla teologia fu l’ampia seconda parte, sulle virtù e sui vizi, inserita tra l’exitus e il reditus originali che si trovano in tutte le summae di teologia contemporanee.

Poiché la teologia concerne i misteri rivelati da Dio, le verità che la riguardano non si possono né dimostrare né comprendere in senso pieno. Si può però pensarli in modo coerente e difenderli dagli attacchi dei miscredenti. Di tutti i misteri rivelati, Tommaso ne considerava due assolutamente fondamentali per la religione cristiana: la Trinità delle persone in un unico Dio e l’incarnazione del Figlio di Dio come vero uomo.

Per l’Aquinate i doni soprannaturali della grazia santificante e delle virtù (fede, speranza, carità e virtù morali) sono normalmente conferiti attraverso il battesimo d’acqua nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. In un adulto gli inizi di questa vita soprannaturale sono suscitati da Dio prima del battesimo d’acqua vero e proprio. La vita soprannaturale di grazia sperimentata in questa vita è, per Tommaso, già un anticipo della vita eterna in cielo. L’eccesso di grazia si esprime nelle opere buone e nell’esercizio di tutte le virtù.

La fede, la speranza e la carità sono chiamate virtù “teologali”, perché hanno Dio come oggetto diretto. Nella vita futura, la fede lascerà il posto alla vista e la speranza al possesso di Dio. Solo la carità, che Tommaso definisce come amicizia con Dio, continuerà sostanzialmente inalterata in cielo nel grado di intensità raggiunto in questa vita. Questa amicizia divina, che non è altro che l’inabitazione della Trinità nell’uomo, inizia con il battesimo, viene alimentata dall’eucaristia e accresciuta dalla preghiera e dal servizio al prossimo. L’intensità della beatitudine celeste è determinata dalla capacità di amare sviluppata in questa vita.

L’influenza

A parte l’ammirazione, l’amore e il rispetto che gli accordarono gli studiosi e i teologi, Tommaso esercitò una scarsa influenza al momento della sua morte, avvenuta nel 1274. A Parigi i suoi sforzi letterari e personali non riuscirono ad arginare la marea di eterodossia tra i professori di filosofia né a placare i crescenti timori dei teologi agostiniani contro l’uso di Aristotele o di qualsiasi altro filosofo pagano nelle scuole di teologia.

A partire dal 1278, tuttavia, i capitoli generali dell’ordine domenicano mostrarono una crescente interesse verso gli scritti di Tommaso, promuovendone la diffusione all’interno dell’ordine. Nel 1309 il capitolo richiese a tutti i lettori domenicani di tenere lezioni sulle opere di Tommaso, di ispirarsi costantemente alla sua dottrina e di istruire i loro studenti nello stesso modo. Già prima della sua canonizzazione, i domenicani erano tenuti a insegnare secondo la dottrina di Tommaso e l’insegnamento comune della Chiesa. Nel 1279 il francescano parigino Guglielmo de la Mare compilò un “correttore” (Correctorium) degli scritti di Tommaso, indicandovi le differenze con Bonaventura e Agostino. Nel maggio 1282 questo testo fu reso obbligatorio per tutti i maestri francescani, ma nel 1284 ci furono cinque risposte difensive da parte di giovani maestri domenicani, tre dei quali erano oxoniensi influenzati dal brillante Thomas Sutton, un tomista domenicano autodidatta. La canonizzazione di Tommaso, il 18 luglio 1323, e la revoca, nel 1325, della condanna parigina di alcune delle sue tesi, rimossero le principali barriere all’insegnamento delle sue idee a livello universale. Ma solo nel XVI secolo i tomisti cominciarono a sviluppare in modo significativo i suoi principi fondamentali. Un’eccezione fu il domenicano francese Giovanni Capreolo (1380-1444), “il principe dei tomisti”, che nelle sue Defensiones spose e difese incisivamente il punto di vista di Tommaso contro Enrico di Gand, Duns Scoto, Giovanni da Ripa, Guglielmo di Ockham e altri.

Nel XVI secolo quattro influenti insegnanti sostituirono la Somma teologica di Tommaso alle Sentenze di Pietro Lombardo come testo per l’insegnamento della teologia: Pietro di Crokaert a Parigi (nel 1509); Tommaso de Vio a Pavia (nel 1497); Konrad Koellin a Heidelberg (1500-1511); Francisco de Vitoria a Salamanca (nel 1526). Questi tomisti non si preoccuparono tanto di difendere il tomismo quanto di rispondere alle questioni sollevate dai riformatori, di risolvere i nuovi problemi posti dalle mutata situazione sociale e culturale e di applicare i principi di Tommaso agli sviluppi del diritto internazionale e al trattamento degli indigeni nel Nuovo Mondo. Al tempo del Concilio di Trento (1545-1563), la maggior parte dei teologi cattolici di spicco erano tomisti. L’influenza di Tommaso è evidente in tutti i decreti conciliari, in particolare in quelli sulla giustificazione, sui sacramenti e sulla messa. L’influente Catechismo Romano, pubblicato per ordine di Pio V nel 1566, fu opera di tre tomisti domenicani. Pio V dichiarò Tommaso dottore della Chiesa (1567) e ordinò la stampa di una preziosa edizione della sua Opera omnia (18 volumi, 1570-1571). A questa prima edizione ne sono succedute altre dieci, oltre all’attuale edizione critica voluta da Papa Leone XIII nel 1879, che è ancora in corso.

Dopo la Riforma e durante il secolo dei lumi, l’interesse per la filosofia e la teologia tomistica fu scarso al di fuori dell’ordine domenicano. Tuttavia, una rinascita tomistica nel mondo cattolico cominciò a manifestarsi nel XIX secolo e raggiunse il suo culmine nell’enciclica Aeterni Patris di Leone XIII (4 agosto 1879), che esortava allo studio delle opere di Tommaso tutti gli studenti di teologia, e nella successiva legislazione di Leone e dei suoi successori. Questo revival si concentrava sulla filosofia tomistica come sistema in grado di contrastare gli effetti del positivismo, del materialismo e del secolarismo sulle credenze e sulle pratiche cattoliche. Questa intenzione polemica è stata modificata dall’atteggiamento di dialogo con il mondo moderno che ha caratterizzato l’approccio del Concilio Vaticano II (1962-1965). In questo spirito Paolo VI, nella sua enciclica per il settimo centenario della morte dell’Aquinate (1974), lo propose come modello per i teologi, non solo per quanto riguarda i suoi insegnamenti, ma anche per il suo esempio di apertura al mondo e alla verità da qualsiasi fonte provenga. Di conseguenza, si sono moltiplicati gli studi e le rivalutazioni critiche del pensiero, dei principi e della metodologia di Tommaso. Sia in ambito filosofico che teologico oggi il tomismo è probabilmente più vivo che mai, anche se fortemente osteggiato (sia nel mondo cristiano che al di fuori di esso) da molti che non ne comprendono la potenza e l’intrinseca coerenza.

Adriano Virgili

Lascia un commento