Etgar Keret: “Noi israeliani come i passeggeri di un autobus con l’autista irresponsabile: non ci sentiamo al sicuro” - la Repubblica

Esteri

L’intervista

Etgar Keret: “Noi israeliani come i passeggeri di un autobus con l’autista irresponsabile: non ci sentiamo al sicuro”

Etgar Keret: “Noi israeliani come i passeggeri di un autobus con l’autista irresponsabile: non ci sentiamo al sicuro”
Lo scrittore israeliano risponde a Repubblica quando per lui si avvicina una data difficile: ad agosto suo figlio inizierà il servizio militare obbligatorio. Si rammarica per gli estremismi: “quello di Hamas, ma anche quello dell’estrema destra che non vuole la convivenza di due popoli”
2 minuti di lettura

«Mia madre dice che quando i tempi sono duri non puoi restare appeso all’albero pensando a proteggerti, ma devi costruire radici». Nel caso di Etgar Keret, uno dei più importanti scrittori israeliani, costruire radici significa pensare ai libri. «Mi sto occupando della copertina del mio nuovo libro. Ma è complicato, con mezza casa editrice che è nella riserva dell’esercito. E anche perché la gente pensa che sia strano parlare di libri mentre c’è una guerra. Ma per me, significa costruire radici».

È un Keret preoccupato, quello che risponde al telefono da Tel Aviv. Sei mesi sono passati dall’inizio di questo ciclo di conversazioni, un tik tok segnato dallo shock prima, dalla preoccupazione poi, che per lo scrittore coincide anche con un conto alla rovescia personale: quello che ad agosto porterà suo figlio sotto le armi, per il servizio militare di 32 mesi obbligatorio in Israele.

Non un bel pensiero di questi tempi…

«No. Ma non è semplice preoccupazione di genitore la mia. Per tutta la vita ho saputo che questo momento sarebbe arrivato: non metto in discussione la volontà o la necessità di difendere il Paese che sta alla base del servizio militare obbligatorio. La preoccupazione è generale: Israele è su un autobus che viaggia da mesi con un autista irresponsabile. I soldati siedono in posti più rischiosi di altri: ma in pericolo c’è l’intero autobus. Chi guida l’autobus sta usando i soldati e i loro sacrifici per condurre l’autobus in un posto più sicuro? A me non pare».

È questo che la preoccupa di più sei mesi dopo quel giorno, la politica?

«Sono le divisioni. Appena chiuderò questa chiamata andrò alle manifestazioni per chiedere le dimissioni del governo. Accanto a me ci saranno, come sempre, familiari degli ostaggi e riservisti appena tornati da Gaza. Facce diverse della società. Fra di noi c’è solidarietà, la stessa che c’è fra le diverse anime della società che in questo momento combattono in prima linea. Ma io so l’unità è solo di facciata: perché dietro c’è un vulcano di divisioni. C’è gente che parla di ricostruire insediamenti a Gaza, gente che è felice guardando la morte e la distruzione. Non ho mai pensato che potessero essere le minacce esterne a mettere a rischio Israele: né Hamas, né Hezbollah, né l’Iran. Ma il fanatismo e le divisioni».

Come è cambiato il Paese dal 7 ottobre?

«Non è cambiato ed è questo il problema. Abbiamo ancora Netanyahu al potere che parla di “vittoria definitiva”. Gallant che parla del rumore dei nostri carri armati sulla testa di Sinwar. Ma nessuno ha un piano per domani. La gente di Gaza paga un prezzo altissimo e lo paghiamo anche noi, con soldati morti, decine di migliaia di sfollati, ostaggi che muoiono. Qual è lo scopo? Distruggere Hamas? Eliminare Sinwar? Liberare gli ostaggi? Nulla di ciò sta accadendo».

Sbaglio se dico che lei non è mai stato così pessimista?

«Siamo in mano a due estremismi. Quello di Hamas che non può accettare l’esistenza di Israele. E quello dell’estrema destra, che controlla il governo, e non può accettare nessuna forma di convivenza con i palestinesi. Se devo cercare una nota di ottimismo, la cerco nel proverbio ebraico che dice più o meno che la salvezza arriva quando hai toccato il fondo. Non so quanto profondo debba essere questo fondo, ma mi pare che siamo abbastanza in basso: è il momento della redenzione, di cercare una soluzione diversa».

I commenti dei lettori