Cirinnà e Montino agricoltori a Capalbio: “Oggi bruceremmo i soldi sotto la cuccia” - la Repubblica

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Cirinnà e Montino agricoltori a Capalbio: “Oggi bruceremmo i soldi sotto la cuccia”

Cirinnà e Montino agricoltori a Capalbio: “Oggi bruceremmo i soldi sotto la cuccia”

Le coppie della politica. Viaggio nel buen retiro dell’ex senatrice dem e dell’ex sindaco di Fiumicino: “Nel Pd ancora troppe invidie”

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Lui è Esterino Montino, 75 anni, figlio di un agricoltore veneto sceso a Maccarese, litorale nord di Roma, per le bonifiche degli anni Trenta, una lunga carriera nel Pci-Pds-Ds-Pd, consigliere regionale del Lazio nel 1975 («Insieme a Nanni Loy e Gian Maria Volontè, che però si stufò dopo un anno e mezzo e si dimise», ricorda), assessore delle giunte Rutelli in Campidoglio, senatore per due legislature, molti incarichi direttivi nel partito che qui è inutile elencare. Lei è Monica Cirinnà, 60 anni, ascendenze nobiliari milanesi per parte di madre, ecologista, garante dei diritti degli animali a Roma sempre con Rutelli, senatrice del Pd fino alla scorsa legislatura e soprattutto madre della legge sulle unioni civili, una delle pochissime riforme di peso che la sinistra italiana possa rivendicare negli ultimi venti anni. Stanno insieme dal 1995 – «o era il 1996?», dubita Montino, «era il ’95», conferma lei – sposati con rito civile nel 2011 da Massimo D’Alema, e da qualche mese sono una coppia passata dalla politica all’agricoltura bio.

“Una battuta infelice”

Montino ha smesso di fare il sindaco di Fiumicino nel maggio scorso, Cirinnà non è stata rieletta alle Politiche dello scorso settembre, quando il Pd la candidò nel difficilissimo collegio di Ostia-Fiumicino e lei protestò: «Territori inidonei ai miei temi». «Fu un battuta infelice», dice il marito. «Lo so, mi uscì male, ma ero arrabbiata perché di fatto il Pd aveva deciso di farmi fuori – si giustifica Cirinnà – io ero stata designata capolista nel Lazio, il mio errore fu scrivere una lettera a Letta in cui mi dicevo disponibile a correre anche in un collegio complicato». Irrompe Montino: «Un errore gravissimo, io so bene come funziona il Pd, non aspettavano altro che dire: non ci siamo capiti, ce l’avevi chiesto tu…».

Insomma, com’è come non è, non avendo più impegni la coppia ha deciso di spostarsi a vivere nell’azienda agricola dalle parti di Capalbio che gestisce dal 2001 e che produce vini, olio, conserve, marmellate, tutto biologico, e da meno di un mese è anche un ristorante molto frequentato. Cirinnà cucina alcuni piatti e serve ai tavoli, Montino è l’autore del ragù bianco delle pappardelle e consiglia i vini della tenuta, «produciamo – spiega – centomila bottiglie l’anno». L’orgoglio di casa è un bianco bariccato, ma notevole anche lo spumante rosé. D’Alema vi ha chiesto consiglio per avviare la sua attività? «No, il suo rosso è un’altra cosa». Diplomazia montiniana. «Ora fa lo spumante anche lui, l’ho assaggiato in sua presenza, mi è venuta una faccia un po’ così. Lui si è risentito: Come, non ti piace? E io: sì, Massimo, per carità, insomma…».

Il fuoco amico

Capalbiesi, produttori bio, di sinistra, lei pure paladina Lgbtq+, Montino e Cirinnà sembrano disegnati apposta per una caricatura salviniana sui radical chic. «Basta con questa leggenda di Capalbio piccola Atene della sinistra, è roba vecchia di trent’anni», sbotta Cirinnà. «Ché poi qui vince da anni il centrodestra», aggiunge Montino.

Ma a entrambi, in questi anni, ha fatto più male il fuoco amico che le campagne della destra. «Il Pd è un partito divorato dall’invidia. A Monica non hanno perdonato di aver avuto successo sulle unioni civili», dice Montino. «Ebbi l’incarico di relatrice perché pensavano tutti che sarei andata a sbattere», interviene lei. E il marito: «Quando tornò a casa e mi disse dell’incarico il mio commento fu: non sanno che cazzata hanno fatto. Quando Monica si mette in testa qualcosa non la fermi». «Fu difficile superare le resistenze nel Pd – continua Cirinnà – c’era un nostro senatore, Ugo Sposetti, che in quei giorni si lamentava ogni giorno con i colleghi: Ormai ci occupiamo solo di cani e froci. Dissi a Esterino: parlaci tu, sennò lo mando io a…». «Ci parlai e Sposetti votò la legge». «Ma Tronti no», chiosa la moglie. E Montino: «Sui diritti civili c’è sempre stata qualche resistenza a sinistra. Il Pci era una Chiesa, quando negli anni Settanta divorziai dalla mia prima moglie, che era una militante, il segretario della sezione di Maccarese convocò un direttivo per affrontare il problema».

Al via con un litigio

Questa storia d’amore e politica non fu esattamente un colpo di fulmine. Anzi, il primo impatto fu un litigio. Successe che Montino chiese a Rutelli di intercedere con Cirinnà per farle incontrare il capo di una associazione che voleva introdurre i falchi pellegrini nei cieli di Roma. «Ma a me quel tizio non piacque, così mi alzai e me ne andai». «Io chiamai Rutelli e gli dissi: ma perché m’hai mandato ’sta stronza?». Poi le cose cambiarono quando ci fu da costruire il nuovo canile di Roma. Montino, assessore ai Lavori Pubblici, insisteva per accompagnare Cirinnà sui terreni candidati a ospitare la costruzione. «Ma guarda caso – ride lei – sempre di sera. Io ero terrorizzata, lui aveva alle spalle due divorzi e quattro figli». Poi il canile si fece, alla Muratella, e la relazione pure.

Intanto il ristorante si riempie di ragazzi («Abbiamo fatto una bella campagna su Instagram», spiega Cirinnà). Nostalgia della politica attiva? «Nessuna, ma abbiamo ancora la tessera del Pd». E Schlein? «Ho votato Bonaccini alle primarie – risponde Montino – però mi aveva colpito l’entusiasmo seguito alla sua elezione. Ora mi pare che il Pd sia tornato a funzionare come prima». Cirinnà: «Non mi è piaciuta la scelta di non votare l’emendamento Magi sulla Gpa, poco coraggio». Sostiene il marito: «Come suggerisce Prodi, servirebbe un fronte ampio, anche di moderati, l’idea di tornare a vincere recuperando voti solo a sinistra è una illusione». Ma aggiunge che la politica è molto cambiata per farsi troppe illusioni: «Quando ero assessore di Rutelli ogni settimana c’era un’assemblea pubblica nei quartieri. Non erano passeggiate, c’erano contestazioni, volavano insulti, ma quanto servivano». Un suggerimento per Gualtieri? «Persona seria, ma non mi pare che abbia la consapevolezza della gravità della situazione a Roma, forse gli servirebbe una squadra più forte, come quella che aveva Rutelli». Interviene Cirinnà: «Rutelli telefonava anche di notte, al fisso. Rispondevo io e lui: passami quello, a via Nomentana ci sono tre lampade fulminate».

La storia più dolorosa

Infine, a proposito di fuoco amico, è un’altra la storia più dolorosa: è quella dei 24 mila euro, 48 banconote da 500, ritrovati due anni fa sottoterra, in una zona periferica della tenuta agricola, dove un tempo c’era la cuccia del cane Orso, durante lavori di ristrutturazione. «Stavo facendo colazione – racconta Montino – arriva mio figlio con un fagotto e mi fa: abbiamo un problema. C’era questa busta di banconote, quelle in cima ormai corrose. Siamo andati subito dai carabinieri a denunciare». Titoli, accuse, chiacchiere nei talk. Dice Cirinnà: «Di questa storia c’è rimasta tanta amarezza e tanta rabbia, per le molte falsità. Da almeno dieci anni la cuccia del cane non era più in quel punto. In più temevo che chi aveva sotterrato il denaro potesse vendicarsi. In tanti, privatamente, ci hanno detto: avete sbagliato a mettervi in questa situazione, potevate tenerveli e starvi zitti, ma non siamo quel genere di persone». Montino: «Però oggi non andrei più dai carabinieri, brucerei i soldi girando un video come prova». Cirinnà annuisce. Restano le ironie su Orso, che si aggira inconsapevole tra i tavoli del ristorante: «Almeno Osho – dice Cirinnà – quando fa una vignetta su questa storia, me la manda prima. Meglio gli avversari, spesso, dei presunti amici».

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