Intervista a Emerald Fennell, Camilla di The Crown e regista

"Come è difficile navigare il mondo se sei donna": a tu per tu con Emerald Fennell

La Camilla di The Crown firma il film più femminista dell'anno: un revenge movie sulla violenza contro le donne

emerald fennell
Violeta Sofia courtesy Deadline Hollywood. Per Emerald: total look Roland Mouret

36 anni, un figlio di uno e mezzo avuto dal compagno Chris Vernon, Emerald Fennell è cresciuta nel quartiere posh di Chelsea, a Londra, ma vive in campagna. Ha frequentato il Marlborough College (lo stesso di Kate Middleton) e la Oxford University, ha una sorella stilista, Coco, e Elton John è tra i migliori amici di famiglia (il padre Theo è un famoso gioielliere, ecco perché lei si chiama “smeraldo”). Recita da una decina d’anni e il suo volto non è nuovo per i fan di The Crown: ha interpretato Camilla Parker Bowles nella terza e quarta stagione della serie. Ora ha diretto il suo primo film, Promising Young Woman, interpretato da Carey Mulligan: in Italia uscirà il 29 aprile col titolo Una donna promettente.

Emerald è regista, attrice, sceneggiatrice e scrittrice. Si inserisce in quel filone di artiste poliedriche alla Miranda July, Greta Gerwig, Phoebe Waller-Bridge che portano sullo schermo i veri sentimenti delle donne, quelli rimasti sepolti per anni. Ed è stata Phoebe a darle il benvenuto nel clan in un certo senso: quando si rese conto di non riuscire a occuparsi della seconda stagione di Killing Eve, scelse proprio Emerald, come autrice, per sostituirla. Ora, il nuovo talento del cinema inglese è candidata all’Oscar come regista e sceneggiatrice (oltre alla nomination di Carey Mulligan, le altre sono per miglior film e miglior montaggio). È la prima regista british che potrebbe vincere un Academy Award e la terza donna nella storia del premio ad essere stata nominata in tre categorie nello stesso anno.

Universal

Mi parli di quella cena tra amici dove tutto è cominciato...

Un’amica aveva fatto un commento sul non essersi sentita al sicuro in taxi e i maschi, tutti uomini che conosciamo da anni, sensibili e profondi, erano sorpresi. È un’esperienza che non possono capire, non sanno cosa voglia dire provare disagio perché l’autista allunga l’occhio più del lecito o fa troppe domande personali. Ho capito che non ne parliamo abbastanza apertamente.

Dall’Inghilterra dopo la morte di Sarah Everard è partita una discussione sulla sicurezza delle donne...

Sulla nostra vulnerabilità, su come sia difficile navigare il mondo se sei donna. Lo diciamo da anni, ora finalmente sembra che ci ascoltino. Siamo abituate a dover ripetere le cose all’infinito del resto, non le pare? Adesso il movimento è globale, la questione è angosciante ma è impossibile ignorare tutte queste voci ormai.

Ha avuto difficoltà a realizzare il film?

Sinceramente no. Ho cominciato a pensarci nel 2016, un paio d’anni dopo ho portato al Sundance un corto su come le donne manifestano la rabbia e ho conosciuto molti produttori. Ho mandato il copione alla LuckyChop di Margot Robbie e lei l’ha comprato subito. Qualcuno mi aveva detto che non sarebbe stato facile metterlo sul mercato per via dei temi che affronta...

Universal

È un film che attraversa molto generi: commedia romantica, dark comedy, horror movie. Perché questa scelta?

Ho sempre pensato che fosse un revenge thriller con tutti i colpi di scena e i brividi del caso ma allo stesso tempo è un film che sovverte quel genere perché si chiede se il tipo di catarsi che abitualmente offre sia utile. È più che altro una satira su come interagiamo l’uno con l’altro. Volevo un film godibile, piacevole, avvincente, romantico. È anche dark ma era importante che fosse il film di Cassie. E lei è seducente, si nasconde eppure è appariscente, usa l’ironia, la femminilità e lo charme per preparare le sue trappole perché la società ha un sacco di pregiudizi su come le donne appaiono. Ti aspetti una cosa e ne arriva un’altra. Gli artisti uomini hanno deciso il tono, il look, il suono dei film ma credo ci sia voglia di vedere cose diverse... Grazie alle piattaforme streaming stiamo scoprendo e riscoprendo tantissimi film, siamo diventati spettatori più attenti e perspicaci, cerchiamo cose nuove e la scelta è infinita.

C’è una scena che diventerà iconica: quella in farmacia.

Eppure non è stato facile convincere tutti che avevamo bisogno di un montaggio incredibilmente romantico e divertente su una canzone di Paris Hilton in un film come questo... Non so lei ma io con le mie amiche quando parlo di argomenti tosti, cose personali e delicate, uso l’ironia, ho bisogno di "scaldare", di alleggerire...

Si è scelta un cameo molto divertente: la beauty influencer.

In realtà non è stata una vera scelta: avevamo 23 giorni di lavorazione e una tabella di marcia molto stretta. Tutto quel che riesci a fare al di fuori è tempo guadagnato. È stato il direttore della fotografia ad avere l’idea. Ho girato col mio telefono da casa e abbiamo risparmiato due ore di set. E per un film indipendente è oro.

Lei è una make up junkie, confessi...

Totalmente. Vestiti, trucchi, pop music sono tutte mie ossessioni vere nella vita. Altro inganno sociale: se ti piacciono non sei una persona seria...

E come si dice nel film: agli uomini non piace il make up...

Sono cresciuti sentendosi dire che devono valorizzare la bellezza al naturale: nasce da un’intenzione buona probabilmente. Quanti ragazzi volendoci fare un complimento ci hanno detto: sei più bella al naturale?

Ma...

Credo ci sia sotto dell’altro... Forse la paura dell’inganno: col make up puoi cambiare faccia ed è quello il bello... Credo abbia a che fare con una paura ancestrale: le donne sono bugiarde... In ogni caso è un altro modo per dirci come dovremmo essere, come ci preferiscono.

Da quale scena è partita?

La prima immagine che mi è venuta in mente è quella appena prima dei titoli di testa: lei sul letto ubriaca, lui che cerca di svestirla, lei che chiede: cosa stai facendo? Lavoro sempre così, penso a un tema, mi immagino una scena e all'improvviso realizzo cosa stavo cercando.

Sul finale, bellissimo, ha avuto dubbi?

Ho giocato un po’, fatto vari tentativi ma volevo un finale onesto per Cassie.

Cassie non usa la violenza, le armi...

E c'è un ragione precisa se le donne non lo fanno. Non è sicuro per noi, non vinceremmo... Sicuramente a me interessava di più la violenza “esistenziale” che Cassie infligge alla gente. La cosa che temiamo di più come esseri umani è l’idea di poter essere cattivi. È spaventosa perché noi siamo fallibili e non possiamo comportarci sempre bene. Mi interessava filmare quel momento quando provi orrore guardando allo specchio la parte peggiore di te. È un film sull’andare oltre, sul perdono ma non cresci se non accetti quello che sei.

Ha girato il film con un bel pancione: aspettava il suo primo figlio che è nato poco dopo la fine delle riprese. Un bel messaggio: la gravidanza non è un impedimento, anzi.

Sono stata fortunata perché non ho avuto problemi, era dura ma non ero particolarmente debilitata, come succede ad alcune donne. Credo che aspettare un bambino mi abbia dato un senso di urgenza, se non altro temporale, sentivo il ticchettio dell’orologio, non avevo tempo da perdere, è stato uno stimolo, mi ha dato una spinta. È una cosa che avrei voluto sentirmi dire da ragazzina: quando aspetterai un bambino sarà fantastico, potrai continuare a fare quello che ti piace se vorrai. È stato formidabile. Ed ero circondata da mamme e papà che mi sostenevano e mi riempivano di consigli.

Ha in mente un vestito simbolico per la notte degli Oscar?

Adoro la moda, non so ancora cosa indosserò ma spero di trovare qualcosa di davvero magico.

This content is created and maintained by a third party, and imported onto this page to help users provide their email addresses. You may be able to find more information about this and similar content at piano.io
Pubblicità - Continua a leggere di seguito