sabato 27 maggio 2023
L'attentato fu sventato dal Fbi nel 1983. A ideare il fallito attentato un uomo la cui figlia era stata uccisa da un proiettile di plastica sparato dalla polizia britannica
Ronald Reagan con la regina Elisabetta

Ronald Reagan con la regina Elisabetta - Web

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Quarant’anni fa, nel 1983, la regina Elisabetta ha rischiato di essere assassinata durante un viaggio Oltreoceano. Lo rivela un documento declassificato del Federal Bureau of Investigation (Fbi) che ricostruisce le modalità attraverso cui l’attentato è stato intercettato e sventato. Ospite dell’allora presidente Ronald Regan, la monarca britannica, accompagnata dal marito Filippo, visitò gli Stati Uniti dal 26 febbraio al 6 marzo. Un mese prima del suo approdo in California, prima tappa del tour, agli uffici Fbi di Washington arrivò una telefonata da San Francisco che fece scattare l’allarme. Un agente della polizia locale riferiva di un uomo, cliente abituale di un pub irlandese, Dovre Club, noto come ritrovo di simpatizzanti dell’Irish Republican Army, che stava organizzando un attacco alla regina per vendicare la morte della figlia, uccisa da un proiettile di plastica esploso dall’esercito britannico. Durante i Troubles, tante furono le risse sedate a colpi di “baton rounds”, munizioni progettate per ferire, non per colpire a morte, ma che sparate a distanza ravvicinata uccisero diverse persone (tra cui almeno otto bambini). Il piano dell’agguato, riferisce il documento dell’Fbi, era “far cadere un qualche oggetto dal ponte Golden Gate sullo yacht reale Britannia al passaggio nelle acque sottostanti” o attaccare la regina durante la visita al parco nazionale Yosemite. I servizi segreti disposero allora piccole variazioni al programma. I reali sorvolarono la baia invece che navigarla. Non è chiaro se ci fu qualche arresto ma la visita andò avanti come previsto senza alcun problema.

Il dossier in 120 pagine rivela che altre viste di Elisabetta negli Stati Uniti, nel 1976 e nel 1989, furono contaminate dalle tensioni legate ai trent’anni di conflitto in Irlanda del Nord. Un promemoria interno degli agenti federali invitava a non sottovalutare “la possibilità di minacce contro la monarchia britannica”. L’Ira aveva del resto già colpito la famiglia reale. Nel 1979 Louis Mountbatten, zio del principe Filippo, allora confidente di Carlo, l’attuale re, rimase ucciso nell’esplosione della barca in cui si trovava al largo di Cliffoney, sulla costa della contea di Sligo. Quel lutto ha profondamente segnato la vita del principe diventato oggi sovrano. Quando la regina è morta, lo scorso settembre, tra gli unionisti si diffusa la percezione, a tratti inspiegabile, che con Carlo la permanenza dell’Ulster nel Regno Unito non fosse più al sicuro come con Elisabetta. I 13 secondi della sua stretta di mano a Gerry Adams, leader dello Sinn Féin durante gli anni più bui del conflitto, fecero scalpore nel 2015. Tra gli addetti ai lavori si dice che il suo obiettivo sia porre fine una volta per tutte alle tensioni tra repubblicani e lealisti, tornate con Brexit ad agitare la nazione, e normalizzare le relazioni tra Londra e Dublino. Mercoledì scorso, durante una due giorni a Belfast, ha intanto incontrato di persona, in forma privata, John Caldwell, l’ispettore sopravvissuto a un agguato riconducibile alla cosiddetta Nuova Ira. Per il tentato omicidio avvenuto a Omagh lo scorso febbraio sono state arrestate venerdì undici persone di età compresa tra 21 e 72 anni.


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