“Quando le cose non funzionano, uno supporta con la fantasia, quando funzionano si rischia invece di diventare ridondanti e retorici. Quello che si doveva fare con il teatro di Torre era filmarlo”. Parla Paolo Sorrentino di Sei Pezzi facili, le opere teatrali più famose di Mattia Torre, rimesse in scena dai suoi storici attori e riprese dalla regia televisiva del Premio Oscar per la messa in onda, per 5 sabati consecutivi su Rai3, a partire dal 19 novembre. A presentare l’operazione nella sede Rai di Viale Mazzini, accanto a Sorrentino, gli interpreti delle opere dell’autore scomparso prematuramente, tra cui Valerio Mastandrea, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Geppi Cucciari oltre alla moglie di Torre, Francesca Rocca, il produttore Lorenzo Mieli per The Apartment e l’Ad di Rai, Carlo Fuortes.

È quest’ultimo a fare gli onori di casa e descrivere l’orgoglio di questo allestimento: “Rientra pienamente nell’idea di servizio pubblico che abbiamo e credo sia indispensabile chiamare qui in Rai i grandi artisti per parlare in modo libero con dei progetti originali. Marco Bellocchio con Esterno Notte e ora Sorrentino sul teatro di Mattia Torre. Ricordo i lavori originali per la RaI di Fellini, Bertolucci, Olmi, Ronconi, è la grande tradizione che dobbiamo assolutamente continuare”. Le opere andate in scena al teatro amatissimo da Torre, l’Ambra Jovinelli, che vedremo su Rai3 in una collocazione per citare Fuortes “straordinaria per un progetto che parte dal teatro, in prima serata, dopo Gramellini” sono “Migliore” con Valerio Mastandrea, “Perfetta” con Geppi Cucciari, “Qui e ora” con Valerio Aprea e Paolo Calabresi, “456” con Giordano Agrusta, Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggieri e Cristina Pellegrino e “In mezzo al mare” e “Gola” con Valerio Aprea.

Apre l’iniziativa Valerio Mastandrea che ricordiamo essere stato protagonista anche della serie scritta da Torre, Linea Verticale, e di Figli, film postumo dell’autore, interpretato accanto a Paola Cortellesi. “Un viaggio sentimentale, lo abbiamo chiamato così – spiega – ognuno si è fatto il suo. Mattia è quello che mi ha fatto provare amore e repulsione per il teatro, io ho fatto solo il suo spettacolo negli ultimi 15 anni della mia vita ed era la prima volta che lo facevo senza di lui. Voglio ringraziare Paolo perché ha portato la sua emozione vicina alla nostra e non sopra alla nostra, un approccio sano. Non mi sono accorto di niente e me ne accorgerò il 19 quando sarò il primo a cadere sotto la critica”. C’è un Paolo Sorrentino emozionato e orgoglioso a presentare Sei Pezzi Facili tanto che si rifiuta categoricamente di rispondere a chiunque provi a chiedergli qualcosa che esuli da quest’opera.

Spiega poi il perché e il come del progetto: “Una ragione è sentimentale, mi manca molto e attraverso questi spettacoli è come se risentissi la sua voce. Quando sentivo gli attori mi sembrava di risentire parlare lui e questo era molto emozionante e commovente. Poi c’è il tentativo di valorizzare e amplificare la cassa di risonanza sul teatro di Mattia Torre. Con questi attori e questo testo, il mio ruolo era quello di trovare gli angoli, le inquadrature e il ritmo televisivo che combaciasse con il ritmo teatrale di Mattia. Senza fare troppi paragoni, Mattia Torre è un classico, è come Eduardo e così come, con Le Voci di Dentro e Sabato Domenica e Lunedì, mi sono limitato a filmare, con le opere di Torre ho fatto esattamente la stessa cosa”.

Sposa in pieno la definizione Mastandrea che si unisce a Sorrentino: “La sua originalità stava nel raccontare delle situazioni di essere umani di cui, anche se non aveva colpa, si sentiva responsabile. Classico contemporaneo è perfetto per descriverlo”. Con Perfetta, Geppi Cucciari ha portato in scena un monologo che racconta un mese di vita di una donna, attraverso le quattro fasi del ciclo femminile. L’attrice, collegata da remoto alla conferenza, è breve ma intensa nel descrivere il genio di Torre: “Ho avuto l’onore di portare in teatro un monologo che parla di una donna che non sono io e che in realtà somiglia a me più di ogni altra donna e Mattia sapeva quali parole regalare a chi e questo spettacolo lo dimostra. Noi abbiamo perso un amico e il mondo ha perso un grande drammaturgo. Grazie a Paolo, Mattia può ambire a ciò che meritava, l’immortalità”.

Perché il binomio Torre – Sorrentino funziona così bene? Lo spiega facilmente il regista napoletano: “Per me il teatro di Mattia Torre è un doppio binario, è comico ma si muove anche su temi estremamente profondi, delicati e anche paurosi Essendo stato scritto qualche anno fa, è molto libero e contemporaneo. Non è schiavo di certe derive degli ultimi tempi e quindi è libero nell’uso delle parole e estremamente appassionato e coerente nei toni e questo fa sì che le parole non siano mai offensive anche quando lo possono sembrare. Mattia era indicatore di vizi e miserie nostre ma ci ricordava sistematicamente che quelle miserie possono essere amate, valorizzate e messe in scena. È qualcosa che si sta perdendo di vista e questo me lo rende molto vicino come comunione di intenti”.