minimAL: THE BEATLES: GET BACK

19 gennaio 2022

THE BEATLES: GET BACK

Che dire più di quanto non si stia leggendo in giro su questa piccola perla?
Ecco, forse che io non ho mai amato i Beatles, ma ho trovato questa operazione decisamente utile, divertente, interessante e avvincente. Un godibilissimo viaggio di otto ore in cui si impara tantissimo e non ci si annoia mai.
Sul piano musicale, fa impressione la apparente facilità con cui i quattro di Liverpool partivano da pochissime note per poi costruire cattedrali musicali. Per carità, è facile dire che lo spettatore sia influenzato dalle loro versioni ufficiali e quindi gli venga da pensare inconsciamente che comunque siano le uniche esatte e possibili. 
E, invece, no: Peter Jackson affronta questo approccio più che fisiologico, riuscendo a presentare le versioni iniziali di ogni singola canzone nella loro dignità musicale. Sono delle bozze, è vero, ma credibili. La vera forza dei Beatles è il guizzo inaspettato. E quel guizzo viene soprattutto dall'esplosività di McCartney e dal silenzio-assenso-presenza di Lennon; perlomeno in questa fase conclusiva della storia dei quattro.
Sul piano interpersonale, la proverbiale civiltà britannica vince su tutto: già parlare di "dissidi" o di "scontri", a noi latini fa venire in mente l'urlo, la voce alta, il capriccismo infantile, la mancanza di ascolto reciproco. Qui, invece, quasi non ti accorgi che ci sono delle difficoltà interpersonali ormai radicate, perché i toni di voce sono sempre pacati, l'approccio sempre civile e argomentato, i gesti sempre accennati e mai offensivi. Tanto che quando Harrison dice «me ne vado», ti senti quasi costretto a tornare indietro e a risentirlo, perché sembrava una frase come un'altra.
Certo, la presenza delle telecamere potrebbe aver condizionato tale esemplare civiltà, ma ne dubito fortemente: puoi reggere un'ora, forse due, ma qui ci sono 60 ore di girato e almeno venti giorni di costante frequentazione. Se non si sono sfanculati alla napoletana è perché non faceva parte del loro DNA.
Il percepibile dualismo Lennon-McCartney si esplicita in tutta la sua potenza soprattutto dopo una decina di minuti della seconda puntata, quando il regista mantiene l'inquadratura su un tavolo imbandito, per dare il giusto peso a un essenziale dialogo fuori campo tra i due. McCartney ribadisce nitidamente quanto aveva detto già in altre interviste in quei sette anni di immenso successo: il leader è John, punto. E Lennon quasi ignora il complimento, insistendo su quanto sia importante che Paul cambi approccio nei confronti di Harrison. Sono momenti concitati e fondamentali, in cui si capisce anche quanto i due sentano che la fine è vicina e che quello che stanno costruendo sarà un canto del cigno senza colpo di scena finale.
Colpisce la genialità mnemonica di McCartney, che spazia da un classico del rock 'n' roll a un altro senza soluzione di continuità, come anche una sua pragmatica confidenza con i più disparati strumenti, cogliendone di ognuno la potenziale grammatica stilistica. Va detto che in alcuni momenti l'imperio della sua direzione musicale assume toni quasi aggressivi (nei canoni british, per carità).
Colpisce l'ironia sottilmente perfida e colta di Lennon, capace di improvvisare con estrema duttilità, usando indistintamente parole alte e parole grevi, con una velocità e una semplicità notevoli. Momenti comici, mai esagerati, che diventano uno spettacolo nello spettacolo.
Colpisce la dolcezza di Harrison, ma non la tecnica chitarristica. O era troppo deluso e irrequieto - e quindi poco proattivo, oppure proprio non mi è mai piaciuto il suo infiorettare la ritmica.  
Colpisce Starr, apparentemente giocherellone, ma metronomicamente ineccepibile, nonostante il suo batterismo elementare e poco spettacolare.
Colpiscono le donne: Yoko, presenzialista e invadente; Linda, finalmente carina e "moderna" (le foto non le hanno mai reso merito); Pattie, sfuggente e timidissima; Maureen, quasi invisibile.
Colpisce la produzione: George Martin, Alan Parsons (giovanissimo), Michael Lindsay-Hogg e tutta una serie di personaggi e di ruoli assolutamente impensabili oggi.
Siamo di fronte a un miniserie obbligatoria per chiunque ami la Musica, la Storia, la Cultura, tale è la messe di cose immediate e a disposizione di ogni possibile gusto o aspettativa. 

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