David Fincher lo conosciamo perché è un provocatore, un perfezionista scrupoloso e un maestro dell'oscurità. Ma ora, alla vigilia degli Academy Awards, è anche qualcos'altro: il regista del film più nominato nella corsa agli Oscar di quest'anno, "Mank", la sua lettera d'amore all'età dell'oro di Tinseltown e allo sceneggiatore di Citizen Kane, Herman J. Mankiewicz.

Da quando Fincher, tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90, si è fatto le ossa girando video musicali per Madonna, George Michael e Michael Jackson, il regista 58enne ha prodotto 11 film. Il bello è che tra questi non c'è nemmeno un fiasco (oppure sì, ma solo uno), in ogni caso possiamo dire che Fincher sia uno dei registi con la media più alta in assoluto, quando si tratta di film riusciti. Questo è un dato che rende molto difficile classificare i suoi film, ma noi di Esquire amiamo le sfide e quindi eccoli qui, tutti i film di Fincher classificati dal peggiore al migliore. Figuratevi, non c'è di che.

11 Alien 3 (1992)

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Grazie al suo senso dello stile e all'arguzia sinistra, i video musicali di Fincher, diventati virali molto prima che si usasse in questo modo il termine "virale", lo hanno subito portato a fare cinema. Era solo questione di tempo perché i grandi studios lo chiamassero, e così è stato. Tuttavia, il primo incarico per un lungometraggio del giovane regista lo condannò prima ancora di mettere piede sul set per via di continue revisioni della sceneggiatura.

In questo tetro terzo capitolo del franchise di Alien, Fincher deve aver lottato con le unghie e con i denti con la Twentieth Century Fox per riuscire a fare il film che voleva, e il risultato si vede. Nonostante il ritorno di Sigourney Weaver nel ruolo di Ripley, questo tetro e distopico film ambientato su un pianeta che è una colonia penale invasa da mostri è, beh, un pasticcio, anche se dall'aspetto piuttosto impressionante. Dopo l'originale di Ridley Scott e il seguito di James Cameron, il pubblico e la critica (e lo stesso Fincher) non possono che essere delusi.

10 Il curioso caso di Benjamin Button (2008)

Liberamente ispirato da un racconto di F. Scott Fitzgerald su un uomo che invecchia al contrario: prima è un bambino nel corpo di un anziano, poi man mano il corpo diventa più giovane e la mente, al contrario, invecchia. Il curioso caso di Benjamin Button ha riunito Fincher con la sua musa dei tempi di Fight Club, Brad Pitt. E la performance di Pitt è eccellente, come lo sono gli effetti di invecchiamento e ringiovanimento, davvero impressionanti.

In ogni caso la sceneggiatura melodrammatica di Eric Roth agisce sui nostri dotti lacrimali con la stessa delicatezza di un piede di porco. Il risultato è un film facile da ammirare a livello tecnico, ma difficile da resistere a livello emotivo. Il lavoro di Fincher ha sempre funzionato meglio quando è riuscito a bilanciare la magia visiva ed emotiva con una trama fitta, in questo caso però l'operazione non gli è riuscita al meglio.

9 Panic room (2002)

Eccoci a un altro esercizio di stile, Panic Room: cioè, diciamo, una lezione magistrale di claustrofobia. La sceneggiatura scarna di David Koepp , quello di Jurassic Park, contrappone una madre (Jodie Foster) e sua figlia (una giovane Kristen Stewart) a tre svaligiatori di appartamenti che vengono messi in difficoltà quando le loro vittime si chiudono nella stanza anti-panico super tecnologica del loro appartamento di Manhattan. La storia è scarna, ma Fincher riesce a gestirla con grande professionalità, così il risultato è un esperimento da brivido degno di Hitchcock.

8 Mank (2020)

Scritto dal defunto padre di Fincher, questo biopic in bianco e nero sponsorizzato da Netflix sullo sceneggiatore brillante e alcolizzato Herman J. Mankiewicz racconta la creazione del capolavoro di Orson Welles, Citizen Kane. L'intento di Fincher è quello di dare a Mankiewicz ciò che gli spetta e ci riesce appieno.

Nel ruolo del bon vivant alcolizzato, Gary Oldman ci regala una performance ben stratificata che mescola lampi di genialità e lunghi discorsi in cui è la nostalgia a farla da padrone. Amanda Seyfried vola nei panni dell'amante di William Randolph Hearst, Marion Davies, magnate dell'editoria (e vero ispiratore di Kane). E anche se il film è un po' settoriale (l'hanno amato soprattutto i cinefili), è comunque uno splendido e tragico tributo a una Hollywood del passato.

7 Millennium - Uomini che odiano le donne (2011)

Fu considerato un po' deludente al botteghino quando uscì la prima volta - specialmente perché la produzione era convinta di poter trasformare i bestseller di Stieg Larsson in una trilogia di film molto redditizi, eppure "Millennium - Uomini che odiano le donne" è invecchiato meglio del previsto. Era la terza incursione di Fincher nelle paludi dei film sui serial-killer e la regia è ben fatta, con sicurezza e abbondanza di colpi di scena. Daniel Craig è interpreta un reporter caduto in disgrazia che viene assunto da una ricca famiglia scandinava per indagare la misteriosa morte avvenuta quattro decenni prima. E nei panni della sua partner un po' punk e un po' hacker, Rooney Mara è di una bravura sorprendente, oscillando tra forza e vulnerabilità. Tutto sommato si può dire che questo è un film sulla giustizia, scritto e girato non solo per le vittime, ma anche per gli instancabili cercatori di verità.

6 The game (1997)

Un delirante thriller che sembra una rivisitazione anni '90 di The Parallax View, "The Game" è uno di quei thriller cospirativi che funziona proprio tenendo costantemente il pubblico col fiato sospeso grazie alla costante incertezza su cosa succederà. Michael Douglas sembra fatto su misura per la parte di un uomo d'affari un po' superficiale il cui fratello (Sean Penn) gli regala qualcosa che lo mette alla prova in una serie di sfide stravaganti e paranoiche che sembrano molto più di un gioco. È totalmente inverosimile? Certo, ma bisogna lasciarsi andare e mettersi nelle mani di un maestro come Fincher, a quel punto il film è una bomba di ansia e perfezione. E il finale è pura follia.

5 Fight Club (1999)

Ventidue anni dopo la sua uscita, Fight Club presenta qualche acciacco. Adattato dal romanzo cupo e livido di Chuck Palahniuk, è difficile dire se questo film pazzesco sia un inno alla mascolinità tossica o sia invece un trattato contro di essa. Ma è anche un film importante indipendentemente dal modo in cui lo si guarda, soprattutto perché arrivò in un momento in cui le regole della vecchia Hollywood non valevano più.

La trama è molto famosa: Edward Norton è l'epitome dell'impotenza maschile consumista che trova uno scopo in un demimondo sotterraneo di ragazzi che si picchiano tra loro col solo scopo di provare qualcosa. E come sua guida attraverso questo mondo sotterraneo, Brad Pitt trasuda il tipico carisma da maschio alfa. L'ultima parte del film è probabilmente la più impressionante: un finale coraggioso, che funziona brillantemente anche se forse non dovrebbe.

4 Seven (1995)

Reduce dalla delusione dovuta ad Alien 3, Fincher si è ripreso con questo film che è un viaggio nella mente malata di un serial killer il cui modus operandi segue i sette peccati capitali: superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia e accidia.

Ci sono Brad Pitt e Morgan Freeman nei panni dei due detective che seguono le tracce dello psicopatico, e Gwyneth Paltrow che dà alla storia il necessario contrappeso interpretando la moglie solitaria di Pitt. Per dire che si tratta di un film pieno di scene del crimine da Grand Guignol, il pubblico mainstream, sorprendentemente, si è messo in fila per essere portato sulla giostra oscura di Fincher, una giostra che culmina con uno dei più bei finali a sorpresa di tutti i tempi. Cosa c'è nella scatola?

3 L'amore bugiardo - Gone Girl (2014)

Adattato dalla coinvolgente lettura da spiaggia di Gillian Flynn, "L'amore bugiardo - Gone Girl" di Fincher avrebbe potuto facilmente essere una grande delusione. Dopo tutto, chiunque abbia letto la grande lezione di Flynn sulla suspense al femminile aveva già le idee chiare su come i personaggi e la trama avrebbero dovuto essere. Ma Fincher, anziché essere prudente, segue la sua visione interiore e il risultato rasenta la perfezione. Aiuta il fatto che Rosamund Pike è l'attrice perfetta come "eroina" e Ben Affleck nei panni del marito sospettato del suo omicidio non potrebbe essere più giusto con il suo sorriso un po' da idiota.

Fincher ci lascia appesi ad ogni colpo di scena anche se, in teoria, sappiamo già dove andrà a parare. Gli adattamenti cinematografici raggiungono raramente la qualità dei libri da cui sono tratti, ma eccone uno che ci riesce.

2 Zodiac (2007)

Zodiac è un film che sin da subito sembra profondamente personale. E questo è probabilmente perché in una certa misura lo è davvero. Fincher, infatti, è cresciuto nella Bay Area tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, quando un serial killer soprannominato Zodiac colpiva nella regione statunitense. Il caso, evidentemente, è penetrato nel suo inconscio in un'età in cui si è decisamente impressionabili. Ma questa non è l'unica ragione per cui Zodiac sembra un film che solo Fincher avrebbe potuto fare: questo è un film sull'ossessione e pochi registi sono così ossessivi come Fincher.

Va aggiunto che Robert Downey Jr., Jake Gyllenhaal e Mark Ruffalo sono straordinari nei panni del trio di giornalisti che cerca di scoprire l'identità dell'assassino a distanza di molto tempo dai fatti. Era dai tempi di "Tutti gli uomini del presidente", che un film non riusciva a trasformare un laborioso lavoro di investigazione in un thriller così pieno di tensione.

1 The social network (2010)

Questo è il film che si è meritato il mio voto come il più bel film del decennio. Il ritratto che Fincher fa di Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, non è solo un capolavoro, ma anche una lettura straordinariamente perspicace dell'epoca in cui viviamo, nel bene e nel male, un decennio dopo il suo inizio.

Devo ammettere che di solito non sono un fan di Jesse Eisenberg, che interpreta un nerd nervoso e strambo, ma è perfetto nel ruolo di questo brillante e solitario disadattato sociale la cui ambizione, insieme all'arroganza, è riuscita a trasformare il mondo intero. La scena finale, in cui Zuckerberg continua a premere "aggiorna" sul suo portatile per vedere se ha qualche nuovo amico, è il perfetto coronamento sia della storia che della nostra epoca di disperati di attenzioni. È un capolavoro.

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Elaine Chung