Classe 1962, David Fincher è uno degli autori più influenti del cinema americano post-moderno. I suoi primi passi dietro la macchina da presa li ha intrapresi come regista di spot televisivi e di videoclip musicali di successo straordinario (su tutti, il celeberrimo “Vogue” di Madonna!), poi a partire dalla metà degli anni ’90 il debutto nel mondo del cinema con il sequel di poco successo Alien 3. Che però non scoraggiò Fincher, che tre anni dopo quel flop, diresse il suo primissimo capolavoro, Seven. Da lì l’ascesa nell’Olimpo dei più grandi autori americani viventi è stata insormontabile.
Per celebrare l’arrivo di The Killer su Netflix venerdì 10 novembre, il suo nuovo film presentato a Venezia 80 e con un meraviglioso Michael Fassbender, vi proponiamo tutti i film di David Fincher, dal peggiore al migliore. Un modo di riprecorrere assieme una carriera dietro la macchina da presa vivace, di chirurgica precisione e di talento registico fuori dalla norma. Siete d’accordo con la nostra classifica?
12. Alien 3 (1992)
In fondo alla classifica dei film diretti da David Fincher quello che ironicamente è stato il suo primo lungometraggio dietro la macchina da presa, ed un sequel addirittura. Terzo capitolo della saga fantascientifica con Sigourney Weaver iniziata in baldanza da Ridley Scott nel 1979 e proseguita con enorme successo da James Cameron con Aliens – Scontro finale nel 1986, il tassello narrativo affidato a Fincher deluse le aspettative di pubblico e critica. Forse perché il tono del film si fa sempre più cupo e tetro, perché la tosta Ellen Ripley interpretata dalla Weaver qui si rasa inaspettatamente a zero, oppure perché, giocando con i linguaggi e le strutture narrative, Fincher scardina le certezze che la saga aveva sedimentato nel suo pubblico di appassionati gli anni precedenti. Non del tutto riuscito, ma pur sempre un sequel sperimentale.
Nel 2525, Ellen Ripley e la piccola Newt erano le ultime superstiti dell’alieno. Ma la navetta ha un incidente e Ripley si risveglia, sola, nella desolata colonia penale di Fiorina 161. E, come se non bastasse, il micidiale alieno da cui è riuscita a fuggire per ben due volte è ancora in circolazione e inizia a fare strage di prigionieri, mentre la Compagnia sta per arrivare.
11. Panic Room (2002)
Nel 2002 debutta nelle sale di tutto il mondo un thriller che fece molto parlare di sé. Con un cast incredibile costituito da Jodie Foster, una esordiente Kristen Stewart, Jared Leto e Forest Whitaker, Panic Room è stato il ritorno dietro la macchina da presa per Fincher dopo lo status di cult cinematografico del suo precedente capolavoro Fight Club. Qui però il regista cambia totalmente tono e affronta la realizzazione di un lungometraggio decisamente meno ambizioso rispetto al precedente, ma non per questo poco interessante. Un film dalla struttura narrativa semplice ed efficace, capace di tenere incollati alla poltrona spettatori di ogni età, grazie al suo senso costante di tensione e claustrofobia. E ad alcune sequenze molto ben congegnate. Tra le opere più “semplici” di Fincher, ma assolutamente non il peggiore di questa classifica.
Meg Altman, da poco divorziata, e sua figlia Sarah, si sono appena trasferite nella loro nuova casa. Nella notte tre individui penetrano nell’abitazione alla ricerca di una cospicua somma di denaro custodita nella cassaforte dal precedente proprietario. Madre e figlia si nascondono in una camera segreta, costruita per servire da rifugio in caso d’emergenza. Ma è proprio lì che si trova la cassaforte e i tre malviventi sono pronti a tutto per raggiungerla…
10. The Killer (2023)
Adattamento del graphic novel omonimo del francese Alexis Nolent, The Killer è il secondo lungometraggio diretto da Fincher e distribuito da Netflix dopo il successo del 2020 di Mank. Forse tra i film meno incisivi del grande autore americano, eppure questo thriller d’azione è un piccolo manuale di costruzione della tensione narrativa e di montaggio, che omaggia grandi racconti investigativi del passato come Le Samourai di Jean-Pierre Melville e con un cast di grande appeal, dal taciturno Michael Fassbender nei panni del misterioso protagonista, ad un succoso cameo del premio Oscar Tilda Swinton. Presentato all’80° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia con ingiusto poco successo, nel tempo forse sarà rivalutato.
Un killer senza nome opera a Parigi ed è l’assassino perfetto: un uomo in incognito in grado di attendere silenziosamente e pazientemente nell’ombra prima di colpire il bersaglio. Ma c’è qualcuno che sta cercando di fermarlo. Quando la sua abitazione, che lui vive come un santuario, viene profanata, la psiche dell’uomo comincia a vacillare. L’assassino, solitamente impeccabile e calcolatore, comincia a perdere la pazienza e la sua coscienza emerge intralciando il lavoro. Il Killer, in piena crisi, lascia la Francia per attraversare la Repubblica Dominicana e gli Stati Uniti, pronto a eliminare con ogni mezzo chiunque osi disturbare la sua pace.
9. The Game – Nessuna regola (1997)
Due anni dopo il successo inaspettato del thriller investigativo Seven, David Fincher firma la regia di The Game – Nessuna regola, assemblando un cast di tutto rispetto formato dai premi Oscar Michael Douglas e Sean Penn. Seguendo la scia del cult precedente, il regista statunitense allestisce un rompicapo narrativo dove il confine tra finzione e realtà è sempre più labile, sia per il suo protagonista che per lo spettatore. Un gioco di matriosche inventive che mantengono costantemente alta la tensione del racconto e con colpo di scena finale efficace anche se molto discusso a posteriori. Un thriller puro e duro e coraggioso, anche se imperfetto.
Nicholas Van Horton è un uomo d’affari che riscuote molto successo e che è abituato a tenere sotto controllo ogni aspetto dei suoi investimenti. La sua vita, fin troppo ordinata, cambia improvvisamente corso nel momento in cui suo fratello Conrad, in occasione del suo compleanno, gli organizza una sorpresa, un vero e proprio gioco di ruolo. Appena entrato nel gioco Nicholas si rende conto che i rischi sono altissimi e scopre di essere tenuto sotto controllo, perfino dentro casa, da cospiratori sconosciuti che lo vogliono annientare.
8. Il curioso caso di Benjamin Button (2008)
Svolta sentimentale per David Fincher nel 2008, quando decide di prendere il racconto breve omonimo di Francis Scott Fitzgerald e di realizzare l’ambiziosissimo film Il curioso caso di Benjamin Button. Per portare in vita le pagine del romanziere americano, Fincher chiama nuovamente a sé Brad Pitt dai tempi di Fight Club, gli affida il ruolo principale e lo affianca al premio Oscar Cate Blanchett, sempre più brava. Il risultato è un’epopea cinematografica che segue la vita “al contrario” del nostro protagonista, tra cambiamenti storici e sociali dell’America del Novecento ed un parterre tecnico di assoluto rispetto, tra cui innovativi effetti visivi che hanno invecchiato e poi ringiovanito il volto di Pitt. Tre premi Oscar alle scenografie e al trucco, oltre che agli effetti speciali.
L’epico e rivoluzionario film di David Fincher liberamente ispirato al racconto breve di Francis Scott Fitzgerald narra la vita di un bizzarro essere umano nato con l’aspetto di un ottantenne che crescendo, invece di diventare ancora più vecchio, ringiovanisce: un’esistenza decisamente complicata, destinata a soffrire e far soffrire. Negli anni della sua (de)cresscita, Benjamin Button conoscerà l’amore, il dolore, e sarà testimone inavvertito di moltissimi dei più grandi cambiamenti sociali, culturali e tecnologici dell’Occidente, dai primi del Novecento in poi.
7. Millennium – Uomini che odiano le donne (2011)
Tre anni dopo il buon successo di pubblico e critica de Il curioso caso di Benjamin Button, il regista torna dietro la macchina da presa e adatta nuovamente un romanzo, stavolta popolarissimo. Stiamo parlando di Millennium- Uomini che odiano le donne, trasposizione in lingua inglese del romanzo thriller best-seller di Stieg Larsson, che agli inizi del secondo decennio dei Duemila fece scalpore, generò milioni di vendite in libreria e portà alla realizzazione di una serie di film scandinavi di grande successo. Fincher invece, sposta la narrazione del primo volume della serie Millennium cambiandogli la lingua (quella inglese) e regalando ai due protagonisti Rooney Mara e Daniel Craig ruoli di grande complessità. Il risultato è un remake glaciale e precisissimo, come solo il cineasta poteva fare dietro la macchina da presa. Oscar al montaggio.
In attesa di scontare una pena per calunnia, Mikael Blomkvist, giornalista di una rivista scandalistica sul mondo della politica e dell’imprenditoria, riceve l’incarico di indagare sulla misteriosa scomparsa di una ragazza avvenuta quarant’anni prima. A commissionare le ricerche è lo zio della ragazza, membro della potente famiglia di industriali dei Vanger, convinto che la ragazza sia stata assassinata. Il reporter è affiancato da Lisbeth Salander, giovane hacker, piena di piercing e tatuaggi, dal carattere asociale e scontroso, per via della sua tormentata esistenza. Insieme, scopriranno un mondo fatto di inganni, brutalità e omicidi seriali da cui cercheranno di fuggire per evitare di rimetterci la pelle.
6. Mank (2020)
Primo lungometraggio targato Netflix per David Fincher (che qualche anno prima aveva diretto per la piattaforma alcuni episodi di House of Cards e Mindhunter, anche in veste di produttore esecutivo), Mank è una ricostruzione impressionante e dettagliata dalla Hollywod Babilonia degli anni ’30, realizzata in un abbacinante bianco e nero e con performance attoriali del calibro di Gary Oldman e Amanda Seyfried. Forse un’opera un po’ fredda e distaccata rispetto ad altri titoli che compongono la filmografia di Fincher, ma nonostante tutto visivamente portentosa e dal fascino retrò ammaliante. Due Oscar alla fotografia e le scenografie.
La Hollywood degli anni Trenta viene raccontata attraverso lo sguardo di Herman J, Mankiewicz, sceneggiatore alcolizzato e dull’orlo della bancarotta. Non solo alcolizzato ma anch critico sociale molto pungente, Mankiewicz è alle prese con l’ultimazione della sceneggiatura di Quarto potere per Orson Welles. Completare quella scrittura non sarà però così facile…
5. L’amore bugiardo – Gone Girl (2013)
Il 2013 è un anno straordinario per David Fincher. Adattando un romanzo best-seller dell’anno prima dal titolo omonimo e pubblicato dalla talentuosa Gillian Flynn, L’amore bugiardo – Gone Girl è in poco tempo diventato uno dei titoli cult più amati in assoluto nella carriera dietro la macchina da presa del regista americano. Sarà che il film, come il romanzo, passa con disinvoltura dal dramma sentimentale alla tragicommedia, dal thriller alla farsa con colpi di scena assolutamente imprevedibili, eppure Gone Girl viene ancora oggi ricordato principalmente per il ruolo della protagonista interpretata da Rosamund Pike, moderna vedova nera e villain al femminile di rara efficacia e carica iconografica.
Da poco trasferitisi in una piccola cittadina del Missouri da New York, Nick Dunne (Ben Affleck) e la moglie Amy (Rosamunde Pike) stanno attraversando un periodo difficile, con un matrimonio in crisi per via della difficoltà della donna ad abituarsi alla nuova esistenza. Il giorno del quinto anniversario di nozze, Amy scompare e il primo ad essere sospettato della sua scomparsa è Nick ma la realtà è ben diversa da come appare a prima vista.
4. Zodiac (2007)
Era nelle corde di Fincher realizzare un adattamento preciso e molto cupo della scia di assassinii perpetrati dal misterioso killer dello zodiaco, che sconvolse l’America a cavallo tra gli anni ’60 e gli anni ’70. Assemblando un cast straordinario composto da Jake Gyllenhaal, Robert Downey Jr e Mark Ruffalo, il regista americano firma forse uno dei suoi film più belli ed angoscianti, che gioca non solo sul suo irresistibile assetto da racconto investigativo e procedural, ma che getta una luce cinematografica definitiva su uno dei serial killer più efferati ed enigmatici della storia moderna. Uno dei capolavori massimi di David Fincher.
San Francisco, 1969: un serial killer uccide sette persone e sfida la polizia con lettere e messaggi criptici. Gli ispettori David Toschi (Mark Ruffalo) e William Armstrong (Anthony Edwards) conducono le indagini, ma anche la stampa inizia a interessarsi al caso: in particolare i giornalisti Paul Avery (Robert Downey Jr.) e Robert Graysmith (Jake Gyllenhaal), che a poco a poco ne diventano ossessionati…
3. Fight Club (1999)
Due anni dopo lo scarso successo di pubblico e critica di The Game – Nessuna regola, David Fincher si redime e firma forse il suo titolo cult più amato dalle generazioni di adolescenti della fine degli anni ’90 e l’inizio del Nuovo Millennio. Stiamo parlando di Fight Club, libero adattamento del romanzo omonimo di Chuck Palanhiuk che negli anni successivi alla sua uscita nelle sale (nel 1999 non ebbe immediatamente favore di pubblico) diventa manifesto di una generazione arrabbiata e depressa, tra la fine di un secolo incerto e complesso e gli albori di uno nuovo carico di promesse ed imprevedibilità. Con uno dei colpi di scena da manuale più celeberrimi di tutti i tempi. Meritata medaglia di bronzo in questa nostra classifica.
Un ragazzo (Edward Norton) non riesce più a dormire. Che fare? Presenziare a tutti i corsi terapeutici anti-malattie: lì un pianto lo si rimedia sempre. Poi, nella sua vita, inciampano Marla (Helena Bonham Carter) e Tyler (Brad Pitt), una donna e un uomo alla deriva, lei alla ricerca di qualcuno o qualcosa che la smuova, lui organizzatore di un Fight Club dove pestarsi a sangue per sentirsi vivi e importanti.
2. The Social Network (2010)
Il titolo di medaglia d’argento spetta però al magistrale The Social Network, connubio di perfezione cinematografica ed esecuzione di regia e scrittura tra Fincher e lo sceneggiatore Aaron Sorkin, che dalla tv passa alla trasposizione cinematografica con nonchalance e grandissima qualità. Il risultato è il racconto chiaroscurale e fortemente ambiguo della nascita di Facebook e del profilo psicologico di Mark Zuckerberg, autore di una delle rivoluzioni sociali più impattanti del Nuovo Millennio. Non è un caso che The Social Network sia da molta parte della critica di settore e del pubblico di cinefili più incalliti considerato come uno dei lungometraggi più significativi dal 2000 in avanti. Tre Oscar meritatissimi al montaggio, la colonna sonora e la sceneggiatura di Sorkin, ma avrebbe potuto ambire a qualcosa di più.
Il film racconta la storia della nascita di Facebook, il social network creato nel 2004 da Mark Zuckerberg, mentre era studente all’Università di Harvard, e divenuto poi un fenomeno della rete. Un amore finito, la volontà di riscatto sociale, le relazioni con soci e amici, le vicissitudini giuridiche, tutti elementi della vita del ragazzo nerd che fanno parte del tessuto narrativo del film e che saranno impattanti per la fondazione di uno dei più grandi imperi digitali di tutti i tempi.
1. Seven (1995)
Un classico assoluto del cinema thriller anni ’90 ed uno dei finali più misteriosi, ambigui e discussi di sempre. Insindacabile medaglia d’oro di questa classifica di tutti i film di David Fincher dal peggiore al migliore al capolavoro Seven, del 1995. Secondo tentativo dietro la macchina da presa per il cineasta dopo il primo flop di Alien 3, è un mirabile esempio per grande schermo su come riflettere con intelligenza e con una sceneggiatura pulita e curatissima (scritta da Andrew Kevin Walker) sulla natura delle atrocità di cui l’essere umano è capace. Un thriller da brividi con un cast al massimo delle sue capacità recitative, tra Brad Pitt, Morgan Freeman, Gwyneth Paltrow ed un Kevin Spacey tra i villain più morbosi della storia del cinema moderno.
Un killer astuto e spietato sta uccidendo a raffica, nei modi più raccapriccianti, personaggi scelti con cura. Sulle sue tracce ci sono il giovane e ambizioso Mills (Brad Pitt), alla prima missione, e l’esperto Somerset (Morgan Freeman), ormai prossimo alla pensione; personalità opposte che mal si tollerano a vicenda. Imparano a “convivere” man mano che la caccia all’assassino si fa più serrata e il mistero comincia a districarsi: il mostro sceglie le vittime e le uccide seguendo i sette peccati capitali (gola, avarizia, accidia, lussuria, superbia, invidia e ira).