Riflessione | Requiem For A Dream di Darren Aronofsky: troppo duro per vederlo una seconda volta? - Il Cineocchio
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Voto: 7.5/10 Titolo originale: Requiem for a Dream , uscita: 06-10-2000. Budget: $4,500,000. Regista: Darren Aronofsky.

Riflessione | Requiem For A Dream di Darren Aronofsky: troppo duro per vederlo una seconda volta?

29/01/2021 recensione film di William Maga

Nel 2000, Jared Leto e Jennifer Connelly erano tra i protagonisti di una disperata discesa nelle tenebre della dipendenza umana, una visione che non si presta a una rivisitazione a cuor leggero

requiem for a dream film 2000 jared e jennifer

Di tutti i film generalmente considerati ‘imperdibili’ degli ultimi 20 anni, Requiem For A Dream è probabilmente uno dei meno entusiasmanti da andare a rivisitare. Non perché il film del 2000 non sia valido, tutt’altro. Si tratta di una durissima esplorazione delle profondità della miseria umana da parte di un giovane talento, Darren Aronofsky, capace in ogni più disparata della arti necessarie a realizzare un lungometraggio, in particolare il montaggio. E se Requiem For A Dream non è il film americano con il miglior montaggio degli ultimi 25 anni, resta almeno un formidabile candidato al premio come uno dei più elaborati in questo aspetto a memoria recente.

RequiemforaDream.jpgIl montatore Jay Rabinowitz manipola infatti costantemente la trama e la velocità del film come un DJ sotto metanfetamina, accelerandolo, poi rallentandolo, ricorrendo alla split screen e in generale facendo tutto ciò che è in suo potere per distorcere la nostra percezione della realtà – e la realtà è un concetto piuttosto confuso quando si tratta di Requiem For A Dream, un’opera accelerata in modo così estensivo che se si fosse sviluppata sulle note di Yakety Sax di Boots Randolph (resa celebre dal Benny Hill Show), avrebbe finito per essere un’esperienza cinematografica molto diversa e, provocatoriamente, molto più ricca.

In realtà, affrontare una nuova visione di Requiem For A Dream è spaventoso perché mantiene ancora oggi la reputazione di essere così proibitivamente brutale e intenso per essere affrontato due volte – non tanto quindi un film che si (ri)guarda con piacere e che intrattiene, ma piuttosto una corsa in ottovolante in cui si ringrazia il cielo quando è finita e si scende a terra.

E il film è in effetti più o meno all’altezza della sua reputazione la seconda volta, anche se arrivare preparati rende il suo ‘circo degli orrori‘ un po’ più potabile. Adattato dall’autore beat Hubert Selby Jr. e dal regista allora 31enne Darren Aronofsky dall’omonimo romanzo cult del primo (pubblicato nel 1978 e uscito in Italia col titolo Requiem per un sogno), Requiem For A Dream inizia con l’asticella del livello di disperazione che si aggira già intorno a quote piuttosto alte.

Harry (Jared Leto, reduce da particine in Fight Club e American Psycho) e il suo migliore amico Tyrone (Marlon Wayans) sono due eroinomani le cui vite ruotano attorno al recuperare la loro dose quotidiana, un’ossessione che perseguita anche la fidanzata dell’upper class di Harry, Marion (Jennifer Connelly). Hanno in testa un grande sogno da drogati di mettere a segno quel colpo della vita che finalmente gli permetterà di aprire un negozio di abbigliamento e di avere in giro così tanta eroina da non aver più bisogno di farne un altro, che la missione quotidiana di cercare di mettere insieme abbastanza soldi da rimanere costantemente sballati e allontanare il demone della sobrietà diventerà, insomma, un ricordo perduto da tempo.

All’inizio, la madre di Harry, Sara (Ellen Burstyn, in una performance che le valse la nomination all’Oscar) è dipendente solo dalle melliflue bugie e dalla finta compagnia offerte dalla televisione che guarda compulsivamente, in particolare da un popolare show condotto da Christopher McDonald che sembra essere trasmesso dallo stesso canale da incubo su cui parla il prof. Brian O’Blivion del Videodrome di David Cronenberg.

Ma quando la donna sceglierà di concentrarsi su una apparizione televisiva che metterà finalmente ogni cosa a posto, alleviando la sua solitudine e permettendo al mondo di vedere lei e la sua famiglia come le persone di successo su cui fantastica, diventerà anch’ella dipendente da fantomatiche pillole dimagranti, pericolose forme ‘alternative’ di anfetamina che alimenteranno soltanto le sue allucinazione e indurranno la psicosi.

requiem for a dream film 2000La cinepresa di Darren Aronofsky e del direttore della fotografia Mattew Libatique raramente si ferma. Requiem For A Dream cattura il senso del tempo fratturato degli intossicati dall’eroina, dove tutto viene accelerato e rallentato allo stesso tempo.

Fa una notevole eccezione, tuttavia, per un monologo straziante in cui la Sara Goldfarb di Ellen Burstyn, persa nelle profondità della sua dipendenza da anfetamine, dice a suo figlio che grazie alla sua apparizione televisiva incombente – e inesistente – e alla tossicodipendenza (fin troppo reale) ha finalmente trovato un motivo per svegliarsi e alzarsi dal letto la mattina, per avere speranza, per voler uscire di casa e affrontare un mondo che può essere insondabilmente crudele.

La mdp è relativamente statica qui, ma il personaggio vibra di un’intensità nervosa. È uno dei momenti più tranquilli in un film ad alto voltaggio, nonché una delle sue sequenze più potenti.

La disperazione di Harry, Tyrone e Marion cresce man mano che l’eroina diventa sempre più difficile da trovare e Marion viola un codice etico personale che significa sempre meno mano a mano che la sua fame di eroina cresce, prima facendo sesso con il suo squallido strizzacervelli per un “prestito,” e poi partecipando a un’orgia allucinata e depravata per volere di Little John (Keith David), magnaccia manierato e spacciatore di droga.

In molti – e non senza motivo – già al tempo avevano trovato che l’idea che il peggior inferno a cui Requiem For A Dream potesse decidere di condannare la sua bellissima ragazza bianca e dagli occhi verdi fosse di essere scopata e poi messa in mostra da un pappone nero fosse più che un pochino razzista ma, a pensarci nemmeno troppo a fondo, nessuno degli altri protagonisti ne esce meglio. I personaggi sono tutti drogati senza speranza, inermi davanti alle loro compulsioni e in balìa di spietati parassiti che usano la loro disperazione e malattia contro di loro in tutti i modi più orribili.

Ellen Burstyn e Christopher McDonald in Requiem for a Dream (2000)Si tratta di belle persone la cui dipendenza le rende brutte, dentro e fuori. Come accennato, il film inizia attestandosi già piuttosto in alto sulla scala del trauma, ma rapidamente riesce addirittura ad aumentare ancora prima di un climax apparentemente infinito così cupo e orribile da rasentare il delirio Grand Guignol.

Requiem For A Dream lambisce costantemente il camp; nell’ordine, vediamo un frigorifero / mostro, una terapia dell’elettroshock su una donna anziana e una scena di degradazione sessuale come forse solo nelle più sordide riviste undergorund. È un’opera che entra sotto la pelle con immagini indimenticabili e una brutalità e un’intensità che permangono a lungo dopo i titoli di coda.

Tenendo conto di ciò, una seconda visione di Requiem For A Dream si vive in misura minore come un dramma sulla dipendenza e maggiormente come un film horror il cui terrificante boogeyman sono le droghe. È un incubo a occhi aperti che offre ai suoi personaggi solamente un breve momento di pace una volta che le loro anime e le loro vite sono state completamente distrutte dalle rispettive irrefrenabili compulsioni. La morte sarebbe stata un destino più gentile per loro, ma sono condannati a continuare a vivere nell’inferno che Hubert Selby Jr. e Darren Aronofsky hanno creato per loro.

Di seguito trovate la scena finale di Requiem For A Dream: