E’ morto Dario Penne, sua la voce di Hannibal Lecter più cannibale di Hopkins - Il Piccolo
il ricordo

E’ morto Dario Penne, sua la voce di Hannibal Lecter più cannibale di Hopkins

Il celebre doppiatore triestino si è spento mercoledì a Roma. Aveva 84 anni. Ricoprì una sfilza di ruoli celebri

Paolo Lughi
Aggiornato 2 minuti di lettura

Dario Penne. Foto di Sergio Bertani

 

TRIESTE In pochi mesi, dopo la scomparsa di Franco Zucca nel luglio scorso e quella di Diego Reggente poche settimane fa (il 23 gennaio), mercoledì 15 febbraio ci ha lasciati anche Dario Penne, l’ultimo iconico doppiatore triestino di un terzetto leggendario nel gotha italiano di questo sottovalutato, ma delicatissimo e difficile mestiere.

Era infatti di Penne la voce italiana, profonda e inquietante, del mitico Hannibal Lecter (Anthony Hopkins) nel “Silenzio degli innocenti” (“Ho un vecchio amico per cena…”). Ma era suo anche il doppiaggio dell’indimenticabile Doc (Christopher Lloyd) in “Ritorno al futuro”, occasione in cui Penne si era divertito moltissimo a trasporre in italiano quella recitazione folle. Ed erano di Penne tante altre voci sui nostri schermi del firmamento dei divi di Hollywood, da Clint Eastwood (“Nel centro del mirino”) a Ben Kingsley (“Hugo Cabret”), da Michael Caine (“Il cavaliere oscuro” a Tommy Lee Jones (“Il fuggitivo”), in una carriera particolarmente prolifica che agli inizi si è anche incrociata con Giorgio Strehler.

La sua ultima intervista pubblicata su Il Piccolo: Dario Penne: “Ho un vecchio amico per cena”. Così Hannibal Lecter mi cambiò la vita

Appassionato alla recitazione fin da piccolo, Dario Penne a diciott’anni si iscrive alla scuola del Teatro Stabile di Trieste.

Il suo primo maestro è Ugo Amodeo, ovvero la voce che accompagna e diverte i triestini dagli anni ’30 in poi attraverso la radio, il teatro, le pubbliche letture, col suo dialetto esaltato e reinventato. E anche Dario fa tantissima radio, soprattutto per la storica trasmissione El Campanon. Poi, dopo tante particine al Teatro Stabile, a 25 anni decide di andare a Milano da Giorgio Strehler, lavorando con lui, ad esempio, nel ’66 in “Duecentomila e uno” di Salvato Cappelli.

Dopo due anni a Milano, Penne partecipa alle selezioni di giovani attori di prosa che la Rai faceva per le sue sedi regionali. Gli propongono Firenze, ma frequentando anche Roma entra nel giro dei doppiatori e dal ’68, accantonando (ma non troppo) la vocazione teatrale, non smette più di adattare per il pubblico italiano le voci delle star maschili del cinema.

Oltre ad Hannibal Lecter e a Doc di “Ritorno al futuro”, ha prestato l’accento a una sfilza di divi nei loro ruoli più celebri: Max von Sydow nell’”Esorcista”, Tommy Lee Jones in “Men in Black”, Gary Oldman nel “Dracula” di Francis Ford Coppola.

Penne sosteneva che l’unica scuola per il doppiaggio cinematografico era proprio il teatro, che lui aveva praticato per una decina d’anni anni prima di iniziare il doppiaggio. Dario metteva al servizio del microfono le tecniche della vera recitazione, che aveva comunque continuato ad alternare per anni al doppiaggio.

Era andato in scena al Guicciardini a Firenze e alla Contrada a Trieste, dove aveva recitato con Francesco Macedonio, che considerava uno dei suoi maestri. Agli inizi, oltre che con Strehler, aveva lavorato anche con Sandro Bolchi in tv, nel popolarissimo sceneggiato “I promessi sposi” (1967), e più di recente anche con Franco Giraldi nel cinema, in “La frontiera” (1996).

Oltre ai divi citati, Penne aveva prestato la voce, tra gli altri, al grande Lee Strasberg, dal 1951 direttore dell’Actor’s Studio, il leggendario laboratorio d’arte drammatica fondato nel 1947 da Elia Kazan e basato sul Metodo Stanislavskij (che ha avuto tra i suoi allievi Marlon Brando, James Dean e Paul Newman). L’occasione era stata il ridoppiaggio de “Il padrino - Parte II”. Penne aveva inoltre doppiato Alan Rickman in “Michael Collins” e Donald Sutherland nella miniserie “I pilastri della Terra”.

Suo anche il doppiaggio del robot Sentinel Prime in “Transformers 3” (nell’originale doppiato da Leonard Nimoy).

Nel 2019 gli era stata consegnata la targa "Claudio G. Fava" alla carriera del Festival del doppiaggio “Voci nell'ombra”. Riccardo Cucciolla aveva definito Dario Penne “il più attore fra i doppiatori”. E in una foto con dedica, Anthony Hopkins (che Penne aveva doppiato una cinquantina di volte) gli scrisse: “In certe cose sei più bravo di me”.

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