Catherine Deneuve, la Leonessa di Venezia. Il cinema da diva, l'amicizia con Yves Saint Laurent, la scia di amori spezzati

L'attrice francese ha ritirato il Leone d'Oro alla Carriera vestendo un abito rosso fuoco firmato Anthony Vaccarello
Catherine Deneuve Venezia 79 Leone Oro Carriera
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Catherine Deneuve è la Leonessa di Venezia

Catherine Deneuve non è soltanto una delle più grandi interpreti della storia del cinema. È una donna coraggiosa che lungo la sua vita (il prossimo 22 ottobre compirà 79 anni) ha saputo superare lutti e dolori, delusioni d'amore e anche la malattia. Era il luglio 2021 quando al Festival di Cannes tornava per la prima volta davanti ad un pubblico dopo l’ischemia che la colpì nel novembre 2019 sul set di De son vivant di Emmanuelle Bercot. La davano per morta, invece poco più di un anno e mezzo dopo, era ancora davanti ai flash e al pubblico, a prendersi gli applausi. Bella naturalmente, come sempre, perché il suo fascino non invecchia mai. Erano tutti in piedi ad omaggiare la sua forza, prima ancora che la sua arte. La forza di una vera leonessa, che non molla mai neanche con il pensiero, e che il 79° Festival di Venezia ha premiato consegnandole durante la cerimonia d'apertura nella serata di mercoledì 31 agosto un meritatissimo Leone d’Oro alla Carriera. Sì, la Leonessa di questa edizione è lei.

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In rosso fuoco Saint Laurent

Come una diva senza tempo, in un abito rosso fuoco da taglio a colonna firmato Saint Laurent by Anthony Vaccarello, con un profondo spacco centrale che mostra le décolleté di raso Roger Vivier, con dettaglio gioiello, in pendant con la pochette. Ai polsi due bracciali semi rigidi di Cartier. È così che Catherine Deneuve ha sfilato sul red carpet del film d'apertura White noise di Noah Baumbach. In grande forma, sorridente e luminosa, perfettamente a suo agio tra i flash. La Deneuve - che durante la cerimonia d'apertura condotta dalla madrina Rocío Muñoz Morales ha ritirato il Leone d'Oro alla Carriera - appena sbaracata sul Lido si è tolta le scarpe, con un coup de theatre come solo una vera diva sa creare, sorridendo a favore dei fotografi. 

Una notte con Catherine

L'abito è stato realizzato per lei da Anthony Vaccarello che, il prossimo 6 settembre omaggerà la grande attrice francese al Teatrino di Palazzo Grassi, per un grande evento intitolato Une Nuit avec Deneuve, una serata eccezionale aperta al pubblico nel corso della quale saranno proiettati alcuni tra suoi i film più importanti, in presenza della stessa Catherine. Femme fatale in La Sirène du Mississippi (La mia droga si chiama Julie), donna vampiro nell’elegante The Hunger (Miriam si sveglia a mezzanotte) o donna libera in La Chamade, sono alcuni dei grandi ruoli interpretati dall’attrice che il pubblico avrà l’opportunità di scoprire o riscoprire. 

Catherine Deneuve arrives at Hotel Excelsior to attend 79nt Venezia Film Fest Barefoot and with a red dress She puts her shoes on.Pictured: Ref: SPL5336610 310822 NON-EXCLUSIVEPicture by: KTM / SplashNews.comSplash News and PicturesUSA: +1 310-525-5808London: +44 (0)20 8126 1009Berlin: +49 175 3764 166photodesk@splashnews.comWorld Rights,KTM / SplashNews.com / ipa-agency.net

L'omaggio di Anthony Vaccarello

La serata del 6 settembre - che durerà dalle 23 fino all'alba - sarà anche l’occasione per celebrare l’importanza del ruolo svolto da Yves Saint Laurent per l’attrice e sottolineare la lunga amicizia, che si protrae fino ad oggi, con Anthony Vaccarello. Lo stilista ha rilasciato queste bellissime parole: 

«Per questa serata ho voluto ritrovare quella rara alchimia che fonde il talento di un regista, la recitazione di un’attrice e la precisione di uno stile. La nostra notte inizia sull’isola della Réunion, dove il personaggio di Deneuve incontra Jean-Paul Belmondo, per terminare all’alba, tra le strade di Parigi, dove Deneuve, la Lucine inventata da Sagan, torna da Piccoli. Questa notte è come un cerchio che dagli anni 60’ si estende fino agli anni 80’, per poi tornare al suo punto di partenza. In questo loop, ritroviamo tre generi cinematografici: il dramma, il fantasy thriller e la commedia romantica, tre generi e un’attrice che mostra in ciascuno di questi film una versione della femminilità. In due di questi film, quello che inaugura la serata e quello che la chiude, Catherine Deneuve è vestita da Yves Saint Laurent. Colpisce la finezza dei costumi, che aiutano a caratterizzare i personaggi di Deneuve. I costumi pongono certamente il personaggio nella sua epoca, ma ne danno anche un supplemento d’anima, quello di una donna che sempre si afferma e rivendica la sua libertà. Che sia il personaggio di Marion in La Sirène du Mississippi, o quello di Lucile in La Chamade, i temi dell’amore e della libertà sembrano scontrarsi. È difficile scegliere tra queste due aspirazioni, sembra però che sia la libertà ad essere meglio incarnata da Deneuve, tanto nell’interiorizzazione della sua recitazione, quanto nell’eleganza sottile della sua silhouette». 

Catherine Deneuve, 1985

Jean-Jacques LAPEYRONNIE/Getty Images

Il cinema nel sangue in oltre 110 film 

Lungo il suo percorso artistico, Catherine Deneuve ha recitato in un numero davvero impressionante di film (sono almeno 110 i personaggi da lei interpretati) che, grazie a lei, molto spesso si sono rivelati anche dei grandi successi internazionali. Tantissimi sono stati i riconoscimenti ottenuti dai festival di cinema di tutto il mondo, senza dimenticare che nel 1993 ottenne, privilegio raro per un’attrice non americana, anche una nomination da Protagonista agli Oscar per Indocina. D’altra parte la settima arte era nel suo destino, essendo una “questione di famiglia”. Catherine, nata a Parigi, è infatti figlia d’arte: papà Maurice Dorléac è attore (meglio conosciuto come M. Teynac) e doppiatore, proprio come la mamma, Renée Deneuve. 

Catherine Deneuve, 1961

Keystone/Getty Images

Per lei e sua sorella Françoise, di poco più di un anno più vecchia di lei, la strada che porta al grande schermo è illuminata dall’esperienza dei genitori. A 13 anni la sua carriera prende il via, e Catherine deciderà di usare come pseudonimo il cognome della madre, per differenziarsi da sua sorella che manterrà invece quello paterno. Nel 1956 debutta ufficialmente, ancora adolescente, ne Le collegiali di André Hunebelle. Inizia qui il cammino stellare di Catherine Deneuve.

Catherine Deneuve, 1965

Keystone/Getty Images

L'incontro con Roger Vadim e la nascita di Christian

I suoi primi passi non sono entusiasmanti e, dopo alcuni ruoli tutt’altro che di primo piano, la giovane Catherine già riflette sulla possibilità di cambiare strada. A lanciarla, nel 1962, sarà il regista Roger Vadim, che la sceglie per Il vizio e la virtù. Il suo interesse per lei va oltre le riprese e i due iniziano una relazione dalla quale nel 1963 nascerà Christian, il prima figlio (anche lui futuro attore) di Catherine, che diventa così mamma a vent’anni. Vadim – famoso per il suo debole per le attrici (ha avuto tantissime storie d’amore) e la Deneuve però non si impegneranno a compiere alcun passo e non staranno insieme. L’anno successivo per Catherine arriverà una nuova svolta, questa volta professionale. 

Roger Vadim e Catherine Deneuve sul set di Il vizio e la virtù

Keystone-France/Getty Images

Da Roman Polański al matrimonio (aperto) con David Bailey

Nel 1964 sarà infatti sua sorella a darle una mano, facendole conoscere il regista Jacques Demy che la rende protagonista del musical Les Parapluies de Cherbourg: grazie a questo film, amato da pubblico e critica, raggiunge il successo. In rapida successione diversi registi di fama la scelgono, come Pasquale Festa Campanile (per La costanza della ragione) e soprattutto un giovane ma già ispiratissimo Roman Polański per un thriller psicologico al femminile che lei interpreta magnificamente. Il film in questione si chiama Répulsion ed esce nel 1965, lo stesso anno in cui lei sposa David Bailey, il grande fotografo britannico, capace di scattare come pochi altri l’anima della swinging london. Il loro matrimonio, però sarà tutt'altro che "esclusivo" e terminerà nel 1972.

David Bailey e Catherine Deneuve

Bettmann

Con Bella di giorno, nasce uno stile immortale (grazie all'amico Yves Saint Laurent)

Bella e sensuale, elegante e raffinata, ma anche misteriosa, quasi enigmatica. L’indiscutibile talento di Catherine, abbinato ad un fascino fuori del comune, hanno contribuito a farne il volto stesso del cinema francese, testimone privilegiata di un’idea di stile che s’identifica con la moda d’oltralpe. Da Parigi al mondo intero, la Deneuve degli anni ’60 incarnerà l’essenza della diva universalmente riconosciuta. La svolta arriva con Bella di giorno (1967), il film di Luis Buñuel che la lancia a livello internazionale. La sua interpretazione – nei panni di Séverine, una donna frigida e distaccata col marito medico e, al contrario, totalmente disinibita in una casa d’appuntamenti di Parigi, dove si rifugia e prostituisce tutti i pomeriggi – la trasforma in un'icona francese grazie al guardaroba del suo personaggio, interamente costruito ad arte dallo stilista Yves Saint Laurent, già suo amico da un paio di anni (che le collezionerà oltre 350 abiti e le dedicherà questa bellissima frase: «La mia più bella storia d’amore è con te”). 

Catherine Deneuve e Yves Saint Laurent

Alain Nogues/Getty Images

Venere bionda dal fascino atermico, impeccabilmente distinta e implacabilmente distante, la Deneuve in questo melodramma borghese – che Buñuel trasforma in commedia nera attraversata da fantasie erotiche – ridefinisce e riafferma la sua “persona cinematografica” che sarà ancora diretta da Luis in Tristana (1970) e anche dal figlio Juan Luis ne La ragazza con gli stivali rossi (1974). Bella di giorno vincerà a Venezia il Leone d’Oro come Miglior Film, ma il 1967 per Catherine sarà un anno anche tragico, che la segnerà per sempre. 

Catherine Deneuve in Bella di giorno

Sunset Boulevard/Getty Images

La morte della sorella Françoise

26 giugno 1967, sua sorella Françoise Dorléac, a soli 25 anni, muore in incidente stradale, a Villeneuve-Loubet, in Costa Azzurra. Stava guidando verso l’aeroporto di Nizza quando la sua auto slittò fuori strada, si ribaltò e si incendiò, non lasciandole scampo (le portiere non si aprirono e perse la vita tra le fiamme, insieme al suo cagnolino). Solo tre mesi prima, nelle sale francesi era uscito Josephine, un altro musical diretto da Jacques Demy, l’unico film in cui Catherine e Françoise hanno lavorato insieme, gareggiando in grazia e seduzione in sequenze di danza e di canto. La Deneuve ripenserà una vita intera al rapporto (anche tormentato) con la sorella, sciogliendo il nodo nell’inchiostro del libro Si chiamava Françoise, scritto nel 1996 - in collaborazione con Anne Andreu e Patrick Modiano – : un omaggio tenero, sobrio e sereno verso quella sorella che le fece da apripista nel cinema. Erano unite, al punto di comportarsi come gemelle: più algida e compassata Catherine, più vivace e sensuale Françoise. Entrambe avevano però quello stesso sguardo penetrante e malinconico.

Françoise Dorléac e Catherine Deneuve

REPORTERS ASSOCIES/Getty Images

L’amore (segreto) con François Truffaut

Volto simbolo del cinema francese, Catherine Deneuve diventerà una delle figure più rappresentative della Nouvelle Vague, una corrente artistica che vide in François Truffaut il massimo esponente. Il regista nel 1968 – mentre girava La mia droga si chiama Julie (che uscirà nel 1969) si innamora perdutamente di Catherine Deneuve, da lui scelta per quel film, un inno all’amor fou, dove la diva, bella come non mai, farà perdere la testa al povero Jean-Paul Belmondo. Tra i due non fu un semplice flirt e la loro storia (nonostante il matrimonio, sempre più scarico, di lei con Bailey) durò due anni, dal dicembre 1968 al Natale 1970, non appena la passione svanì del tutto.

Catherine Deneuve e François Truffaut, 1969

REPORTERS ASSOCIES/Getty Images

Il cineasta – che nel ’63 già si invaghì anche della sorella Françoise, da lui diretta ne La calda amante (viaggiarono insieme in Israele per promuovere la pellicola) – ne uscì comunque distrutto, a tal punto da ricoverarsi per un esaurimento nervoso. Insieme i due amanti girarono il mondo lontano dalle luci dei riflettori, in segreto. Dopo la rottura, restarono amici e nel 1980 lui la dirigerà ancora ne L’ultimo metrò, una pellicola che regalerà a Catherine una nuova svolta (per questa prova vinse nel 1981 il suo primo César come migliore attrice). Fu durante le riprese di questo film che la Deneuve per la prima volta ammise la relazione con il regista. Prima di morire prematuramente nel 1984 per un tumore al cervello, Truffaut regalò queste parole all’attrice: «Quello che mi piace di lei è il suo mistero».

Gli anni ’70 e la storia con Marcello Mastroianni

È il 1970, durante una cena informale tra amici a casa di Roman Polanski che Catherine Deneuve incontra per la prima volta Marcello Mastroianni. L’attrazione fu immediata e solo un anno dopo, insieme sul set del film Tempo d’amore, la scintilla scatta. All’epoca Mastroianni aveva 46 anni, mentre la Deneuve soltanto 27. Anche l’attore italiano era sposato – con l’attrice romana con Flora Carabella, con la quale aveva già avuto la figlia, Barbara (che scomparirà prematuramente nel 2018) – e la loro relazione clandestina finì al centro dei gossip di mezzo mondo. Un amore “impossibile” capace però di mettere al mondo, nel 1972, una bambina, Chiara. È in quello stesso anno che l’attrice parigina divorzierà definitivamente da Bailey (il fotografo racconterà: «Ci siamo semplicemente allontanati. Lei era a Parigi, io a Londra. Una volta mi ha telefonato e mi ha detto: "Oh, Bailey, è fantastico". "Cosa è fantastico?" "Oggi abbiamo divorziato". Io le ho chiesto: 'È fantastico?' Lei mi ha risposto: 'Sì, significa che ora possiamo essere amanti'"). Marcello e Catherine rimarranno insieme dal 1971 al 1975 e dopo restarono amici (c’era lei, insieme alla loro figlia Chiara, a stringergli la mano poco prima di morire, il 19 dicembre 1996).

Negli anni '70 la Deneuve continua a lavorare ininterrottamente sia in Francia che all'estero, dove debutta anche a Hollywood (lavorerà al fianco di Omar Sharif, Jack Lemmon e Gene Hackman). Ma soprattutto reciterà in Italia, diretta da registi come Mauro Bolognini, Dino Risi, Sergio Citti e Marco Ferreri - che la affiancò proprio a Mastroianni ne La cagna: era il 1972, nel pieno della loro (discussa) storia d’amore.

Marcello Mastroianni e Catherine Deneuve ne La cagna

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Simbolo femminile della Francia

Gli anni ’80 regalarono al pubblico un’attrice e una donna sempre più matura, che lavorò anche per il maestro Mario Monicelli in Speriamo che sia femmina (1985). Dopo tantissimi altri film, e la già citata nomination agli Oscar per Indocina (1992), il fascino di Catherine non cala e, dopo Brigitte Bardot, le sue fattezze vengono prese a modello per l'iconica figura di Marianne, simbolo femminile della Repubblica Francese usato allegoricamente su monete, banconote e francobolli del paese. Nel '94 è nominata presidente del Fondo Unesco Fiaf per la salvaguardia del patrimonio filmico, prima di diventare la protagonista anche di un videoclip musicale (N'Oubliez Jamais di Joe Cocker, 1997) e di vincere, nel 1998, la Coppa Volpi per l'interpretazione di Marianne in Place Vendôme di Nicole Garcia. Una curiosità: dopo aver visto Le onde del destino di Lars von Trier (1996) Catherine ne rimane talmente affascinata da scrivere una lettera al regista danese per chiedergli di poter lavorare nel suo film successivo. Otterrà così il ruolo di Cathy nel musical Dancer in the dark, presentato a Cannes 2000. 

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Non perde mai lo smalto

Ancora fantastica nella commedia corale 8 donne e un mistero di François Ozon (Orso d’Argento a Berlino nel 2002), la Deneuve nel 2004 pubblica un nuovo libro, All'ombra di me stessa, una raccolta di diari privati in cui, durante le lavorazioni dei film, l'attrice registrava il resoconto della giornata, fuori e dentro il set. Il mondo è ancora ai suoi piedi: l’anno dopo riceve la Palma d’Oro onoraria a Cannes mentre nel 2006 viene scelta come Presidente di Giuria alla 63esima Mostra del Cinema di Venezia. Due anni dopo ecco un nuovo riconoscimento speciale a Cannes – per Racconto di Natale di Arnaud Desplechinal – che lancia negli anni Dieci del nuovo millennio. I film sono moltissimi – nel 2014 recita al fianco di sua figlia Chiara Mastroianni nel Tre cuori di Benoît Jacquot – e lei, fino alla sua ultima prova (2019) non perde mai lo smalto. 

Catherine Deneuve e Chiara Mastroianni

Toni Anne Barson Archive

Venezia ai suoi piedi

Il Leone d’Oro che la Mostra del Cinema di Venezia - in occasione del 90. anniversario dalla prima edizione del festival veneziano – le attribuirà (su proposta del Direttore Alberto Barbera) quest’anno premierà la sua Carriera leggendaria: «È una gioia ricevere questo premio prestigioso alla Mostra di Venezia, che amo e conosco da molto tempo, da quando Bella di giorno di Luis Buñuel ha ricevuto a suo tempo il Leone d’Oro – ha dichiarato Catherine Deneuve – È un onore inoltre essere stata scelta per questo omaggio dalla Mostra, perché mi ha accompagnato molto spesso per tanti film. Grazie. Con amicizia». Ad applaudirla ci sarà anche la sua Chiara, che al Festival veneziano sarà in Concorso con I figli degli altri di Rebecca Zlotowski (al fianco di Virginie Efira). 

Catherine Deneuve, Mostra del Cinema di Venezia 2010

Andreas Rentz/Getty Images

Sempre battagliera e senza paura

Un riconoscimento che premierà anche il suo grande coraggio. Catherine non ha mai avuto paura di esprimere le proprie idee, lottando per la legalizzazione dell'aborto nel 1971, firmando il manifesto delle 343 e appoggiando l'avvocato femminista Gisèle Halimi. Sostiene i diritti LGBT e Amnesty International nella battaglia contro la pena di morte. Nel 2018 ha criticato il movimento femminista MeToo definendolo una forma di "neo-puritanesimo" e "caccia alle streghe" verso gli uomini (pur manifestando solidarietà alle vittime conclamate di violenza sessuale e molestia). 

Quando compì 70 anni disse «Mi sento audace come quando ne avevo 20. Ho sempre cercato di andare fino in fondo a tutte le cose, non per provocazione ma per curiosità. Il pericolo non mi ha mai fatto paura». Ora che ne ha quasi 80, lo spirito che la muove è sempre lo stesso. Una forza d’animo che seduce e che ispira. Senza tempo, come il suo intramontabile fascino.