Carlo Carrà

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Carlo Dalmazzo Carrà

Carlo Dalmazzo Carrà (Quargnento, 11 febbraio 1881Milano, 13 aprile 1966) è stato un pittore italiano, professore presso l'Accademia di Brera dal 1939 al 1951.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Gli inizi[modifica | modifica wikitesto]

Figlio di un possidente terriero caduto in disgrazia, apprese i primi accenni dell'arte del disegno da giovane, a soli 12 anni, durante una forzata permanenza a letto a causa di una lunga malattia. Figlio di Giuseppe e Giuseppina Pittolo, nacque a Quargnento (Alessandria) l'11 febbraio del 1881. Iniziò ben presto a lavorare come decoratore murale a Valenza frequentando nel frattempo le scuole serali tra cui a Milano negli anni 1904-05 la Scuola superiore d'Arte applicata all'Industria del Castello Sforzesco. Ricorda infatti di lui Luigi Timoncini: «In particolare Carrà allora di professione decoratore murale, frequentatore della Scuola negli anni 1904-05 di ritorno da Parigi e Londra, prima di iscriversi all'Accademia di Brera, vi si distinse conseguendo il primo premio di decorazione, di lire 500, e quello Noseda di 175 lire.»[senza fonte] Anche Carrà stesso ricorda il conseguimento dei due premi nella propria autobiografia.

Nel 1899-1900 il C. fu per la prima volta a Parigi, poi a Londra; vide molta pittura antica e moderna a Londra e a Parigi; a Milano guardava soltanto a Segantini, Previati, Mosè Bianchi. Per quel tempo, la sua era una "informazione" abbastanza vasta, tale da fargli capire, per via di confronto, che l'arte borghese italiana del primo Novecento non poteva suggerirgli alcuna idea innovatrice. Si recò a Parigi all'Esposizione universale, per eseguire le decorazioni di alcuni padiglioni. In visita al Louvre, si entusiasmò di alcuni pittori, quali Delacroix, Géricault, Manet, Pierre-Auguste Renoir, Paul Cézanne, Camille Pissarro, Alfred Sisley, Claude Monet, Gauguin. A Londra, invece, si appassionò alle opere di John Constable e William Turner.

In questo periodo cominciò a interessarsi di politica, intrattenendo rapporti con gruppi anarchici che interruppe però ben presto. Trovatosi per caso nel corso del funerale dell'anarchico Galli, ucciso dal custode della fabbrica che picchettava nel corso dello sciopero generale del 1904, e pur essendo successivamente apertamente fascista ne rimase profondamente colpito, e cominciò a disegnare alcuni bozzetti, che anni più tardi sfoceranno nell'opera Il funerale dell'anarchico Galli.

Solo nel 1906 entrò all'Accademia di Brera, come allievo di Cesare Tallone. Qui incontrò alcuni giovani artisti destinati a essere protagonisti della scena artistica italiana: Bonzagni, Romani, Sbardella, Valeri e Umberto Boccioni.

Breve esperienza divisionista: è difatti nel divisionismo che Carrà scorge i fermenti più vivi di rivolta al clima provinciale della pittura italiana di quegli anni. Nel 1909, con la pubblicazione del Manifesto del futurismo, a firma di Filippo Tommaso Marinetti, rivolto ai giovani artisti dell'epoca per esortarli ad adottare un nuovo linguaggio espressivo, nasce il nuovo movimento del Futurismo, cui aderiscono Carrà e altri artisti, fra cui i pittori Gino Severini e Giacomo Balla.

Negli anni quaranta insegna pittura all'Accademia di Belle Arti di Brera, Milano. Suoi allievi sono stati Giuseppe Ajmone e Oreste Carpi.

Il periodo futurista[modifica | modifica wikitesto]

Di questo periodo è il breve ma intenso legame sessuale con Leda Rafanelli, anarchica, che si era separata dal marito; Alberto Ciampi, uno dei maggiori esperti per quanto concerne i rapporti fra Futurismo e anarchia, ha pubblicato un libro dedicato ai due Leda Rafanelli, Carlo Carrà: un romanzo, arte e politica in un incontro, non per niente Carrà le dedica un quadro[1] intitolato Funerali dell'anarchico Galli e commenta così l'accadimento.

«Vedevo innanzi a me la bara tutta coperta di garofani rossi ondeggiare minacciosamente sulle spalle dei portatori; vedevo i cavalli imbizzarriti, i bastoni e le lance urtarsi, sì che a me parve che la salma avesse a cadere da un momento all'altro in terra e i cavalli la calpestassero.[2]»

Da questo scritto traspare lo scosso stato emotivo di Carrà, in quanto durante i funerali vi furono scontri fra poliziotti e partecipanti al corteo funebre.

«Quando, durante lo sciopero generale del 1904, fu ucciso l'anarchico Galli e durante il suo funerale nacque una mischia di inaudita violenza, Carrà, trovatosi lì per caso, ne fu fortemente impressionato, e tornato a casa schizzò il disegno da cui prese spunto più tardi per il quadro I funerali dell'anarchico, esposto nelle mostre futuriste del 1912.[3]»

Carrà collaborò al movimento futurista per sei anni. I concetti ispiratori della pittura futurista vennero pubblicati sulla rivista Lacerba, a cui egli collaborò attivamente. Carrà concepiva i suoi quadri come immagini dinamiche ma allo stesso tempo non soltanto limitate a dare la sensazione di movimento, destinate attraverso il colore, a eliminare la legge fissa di gravità dei corpi. Nel 1908 Carrà conosce Boccioni e Luigi Russolo. Dopo aver aderito al movimento di Marinetti, con Boccioni, Russolo, Severini e Balla, firma il Manifesto dei pittori futuristi l'11 febbraio 1910, e il Manifesto tecnico della pittura futurista l'11 aprile 1910. Suo è il manifesto La pittura dei suoni, rumori, odori (1912). Proprio in questi anni nacque l'amicizia fra Carrà e il poeta Giuseppe Ungaretti.[4] Il distacco dal Futurismo avviene nel 1916, quando dà avvio con De Chirico alla pittura metafisica.

Le principali opere futuriste di Carrà sono:

  • La stazione di Milano (1910-11)
  • I funerali dell'anarchico Galli (1910-11)
  • Luci notturne (1910-11)
  • Donna al balcone (1912)
  • La Galleria di Milano (1912)
  • Trascendenze plastiche (1912)
  • Manifestazione interventista (1914)

Il periodo metafisico[modifica | modifica wikitesto]

A partire dal 1915 Carrà comincia a sentire l'esigenza di abbandonare i temi della velocità e del dinamismo, cercando un contatto più strutturato con il reale. La guerra coinvolgerà Carrà, prima con un'intensa attività interventista, durante la quale conobbe anche Cesare Battisti, e poi con la chiamata alle armi. Ma l'esperienza fu talmente dolorosa, che finì ricoverato in un nevrocomio a Ferrara. In questa città, nel 1917, conobbe Giorgio De Chirico, Alberto Savinio, Filippo de Pisis[5], con i quali definì i principi teorici della metafisica. Dopo alcune opere in stile dechirichiano, il pittore raggiunse ben presto una propria individualità artistica, per cui Carrà non rimase confinato tra le formule tipiche del movimento metafisico, nella sua arte la metafisica fu decisamente superata dalla poesia e dal senso del magico. Nel 1919 contrasse matrimonio con Ines Minoja e iniziò la collaborazione alla rivista d'arte Valori plastici di Roma, che proseguì fino al 1921. Le principali opere di questo periodo sono:

  • Ritratto di donna (1916), disegno a matita su carta, 28x23 cm, collezione privata;
  • Il cavaliere occidentale (1917), olio su tela, Collezione Mattioli
  • L'idolo ermafrodito (1917)
  • Madre e figlio (1917), olio su tela, Milano, Pinacoteca di Brera[6]
  • La musa metafisica (1917)
  • Le figlie di Loth (1919)
  • Il figlio del costruttore (1917-1921)
  • L'amante dell'ingegnere (1921)
  • L'attesa (1926)
  • Meriggio (1923)

Le figlie di Loth (1919)[modifica | modifica wikitesto]

Due giovani donne si confrontano di fronte alla facciata di una casa. La ragazza di sinistra è in piedi sulla soglia mentre l'altra a destra è inginocchiata. A terra è poggiato un bastone da viaggio appartenente alla giovane. Tra di loro un cane corre ad accogliere la ragazza. La scena si svolge su uno spazio lastricato, alla destra del quale si erge un pilastro di foggia classica che sostiene una pigna marmorea. Oltre il cortile si sviluppa un paesaggio scarno con due colline pietrose. Dietro a una di esse si intravede una rotonda. Infatti, secondo gli storici, analizzando l'opera è possibile individuare il passaggio dalla metafisica al realismo magico. Carlo Carrà segna così un punto di arrivo nelle sue ricerche condotte a partire dal 1915-1916. In questo dipinto si possono osservare le esperienze legate alla poetica di ritorno all'ordine che vennero promosse sulla rivista Valori Plastici. Nel periodo dominato culturalmente dalla retorica fascista gli artisti furono spinti a rievocare la tradizione italica. La sua ricerca formale partì infatti dallo studio di Giotto e Masaccio il cui stile si ritrova ne Le figlie di Loth. I corpi delle figure sono semplificati e le forme sintetiche e ricondotte a forme geometriche idealizzate. Si tratta di un linguaggio arcaicizzante che si evidenzia anche nelle posture delle due protagoniste. Il paesaggio e il terreno piastrellato sono un ricordo delle esperienze metafisiche.

Il periodo trascendente[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1922, una nuova svolta nel percorso artistico di Carrà, che lo porta ad abbandonare anche la metafisica, spinto dal desiderio di "essere soltanto se stesso". La pittura deve cogliere quel rapporto che comprende il bisogno di immedesimazione con le cose e il bisogno di astrazione e la contemplazione del paesaggio si risolve allora nella «costruzione» di un quadro, sia montano sia marino. Conosce anche il pittore-poeta milanese Cesare Breveglieri (il quale lo ritrasse mentre dipingeva). L'archivio dell'artista è conservato all'Archivio del '900 del Mart di Rovereto.

Morte[modifica | modifica wikitesto]

Carlo Carrà riposa al cimitero monumentale di Milano[7]; sulla sua tomba è collocata un'opera di Giacomo Manzù[8].

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Scritti[modifica | modifica wikitesto]

  • Carlo Carrà, La mia vita, Roma, Longanesi, 1943; poi Milano, Rizzoli, 1943 e 1945.
  • Carlo Carrà, Tutti gli scritti, a cura di Massimo Carrà, con un saggio di Vittorio Fagone, Milano, Feltrinelli, 1978.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Grande ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria
«Su proposta della Presidenza del Consiglio dei ministri»
— Roma, 30 dicembre 1952[15]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Geocities has shut down (JPG) [collegamento interrotto], su Yahoo Small Business.
  2. ^ quadri di Carra', su geocities.com (archiviato dall'url originale l'11 agosto 2006).
  3. ^ artemotore.com, su artemotore.com.
  4. ^ Carrà e Ungaretti si conobbero nell'aprile del 1914 a Parigi presso la Galleria Bernheim-June, dove era stata allestita un'esposizione futurista. L'amicizia fra Ungaretti e Carrà - destinata a durare fino alla scomparsa del pittore - nacque qualche mese dopo, quando il poeta si trasferì a Milano e lì ebbe modo di frequentare assiduamente il pittore, fin quando l'Italia non entrò in guerra e Ungaretti fu richiamato alle armi (Cinquantatré lettere a Carlo Carrà, a cura di P. Bigongiari e M. Carrà, in «Paradigma», giugno 1980, fasc. 3, pp. 415-447).
  5. ^ "Giorgio De Chirico: la vita e l’opera", edizioni La Nave di Teseo, pag. 132.
  6. ^ Madre e figlio, su pinacotecabrera.org. URL consultato il 23 marzo 2018.
  7. ^ Comune di Milano, App di ricerca defunti Not 2 4get.
  8. ^ Mario Pancera, Giacomo Manzù e la tragedia. Scultori italiani del Novecento, Simonelli Editore, 1º gennaio 2013, ISBN 978-88-7647-900-7. URL consultato il 15 aprile 2017.
  9. ^ (EN) Horsemen of the Apocalypse, su artic.edu. URL consultato il 23 marzo 2018.
  10. ^ Ritmi di oggetti, su pinacotecabrera.org. URL consultato il 23 marzo 2018.
  11. ^ Camera incantata, su pinacotecabrera.org. URL consultato il 23 marzo 2018.
  12. ^ La musa metafisica, su pinacotecabrera.org. URL consultato il 23 marzo 2018.
  13. ^ La segheria dei marmi, su pinacotecabrera.org. URL consultato il 23 marzo 2018.
  14. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
  15. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Carrà: Tutta l'opera pittorica, vol. 1 (1900-1930), vol. 2 (1931-1950), vol. 3 (1951-1966), a cura di Massimo Carrà, Edizioni dell'Annunciata, Milano 1967-68.
  • PONTIGGIA Elena, CARRA' Massimo, Carlo Carrà. I miei ricordi. Opera grafica 1922-1964, Edizioni Medusa, Milano 2004, pp. 111.
  • Carlo Carrà: mostra antologica, cat. della mostra a cura di Gian Alberto dell'Acqua e Massimo Carrà, (Milano, Palazzo Reale), Motta, Milano 1987.
  • Carrà: Disegni, a cura di Franco Russoli e Massimo Carrà, Grafis, Bologna 1977.
  • Carlo Carrà (1881-1966), cat. della mostra a cura di Augusta Monferini, (Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna), Electa, Milano 1994. ISBN 88-435-5091-8.
  • Carlo Carrà: 1881-1966, cat. della mostra a cura di Maria Cristina Bandera, (Alba, Fondazione Ferrero, 2012-2013), 24Ore Cultura, Milano 2012. ISBN 978-88-664-8112-6.
  • Giuseppe Bergamini, Giancarlo Pauletto. Carrà: disegni e acqueforti 1907-1965, Pordenone, Edizioni Concordia, Centro Iniziative Culturali, Collana Edizioni d'arte, Fuori serie, 2007, pp. 117. ISBN 9788884260291
  • Girace P., Artisti contemporanei, Napoli, Ed. E.D.A.R.T., 1970, pp. 125-127, SBN IT\ICCU\NAP\0057927.
  • Giuseppe Marchiori, CARRÀ, Carlo, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 20, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1977. URL consultato il 18 giugno 2015. Modifica su Wikidata

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN7400206 · ISNI (EN0000 0001 1020 5569 · SBN CFIV004962 · BAV 495/87389 · Europeana agent/base/48917 · ULAN (EN500008934 · LCCN (ENn79043180 · GND (DE118519247 · BNE (ESXX976014 (data) · BNF (FRcb119962430 (data) · J9U (ENHE987007277744205171 · NSK (HR000079965 · WorldCat Identities (ENlccn-n79043180