Hollywood Amara: c'era una volta

Hollywood Amara: c’era una volta

HOLLYWOOD AMARA PRESENTA: C’ERA UNA VOLTA IL MITO DI HOLLYWOOD, CAPITOLO 1

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“Considero l’andare a Hollywood come l’andare dietro le linee nemiche. Ti fai paracadutare, prepari l’esplosione, e poi scappi via prima che deflagri.”

Sarebbero migliaia le impressioni da riportare di chi Hollywood l’ha vissuta veramente. Altrettante quelle voci che non hanno avuto voce sebbene sentissero il bisogno di gridare la propria verità. Pensiamo al cinema muto, ad un’esplosione di gesti che per una dorata seppur breve parentesi temporale è stata l’espressione di tutta una società.

Una società costruita sul sogno e sul desiderio.

Non a caso Walt Disney e la sua gang di sceneggiatori di strada all’epoca scrissero per Cenerentola: “I sogni son desideri”.

E Hollywood lo sa bene, eccome se lo sa.

Ma facciamo un passo indietro. Prima di assumere una forma propria, intendo, prima di essere “HOLLYWOOD”, è semplicemente “Hollywood”, un pezzo di terra in mezzo alla California. Meta di tutti quegli artisti incompresi che alla lotta dei brevetti cinematografici (all’epoca tutti di proprietà della Motion Picture Patents), si mettono in marcia alla ricerca di uno spazio per sé stessi, ma soprattutto per la propria mente. Menti che bramano la libertà d’espressione con la stessa sete di un naufrago in mezzo al mare.

Circondati d’acqua non potabile, artisti da tutto il mondo si rifugiano in quella Valle fertile,  uniti in un’ideale comune: libertà. Per le idee. Ma soprattutto di essere padroni di quelle idee.

Prima di trasformarsi in un campo di battaglia cinematografica e non, Hollywood è un vasto appezzamento terreno di proprietà di Harvey Henderson Wilcox. Ed è proprio costui a registrarne il nome nel 1887. “Ho scelto il nome Hollywood perché suonava bene e perché sono superstizioso e il quadrifoglio (holly), porta fortuna”.

Fortuna. Già. Sicuramente ha portato una fortuna inimmaginabile a chi ha saputo e sa tuttora come sopravvivere. Come non capitolare acciecati da quell’oro che brucia gli occhi, consapevole di nutrirsi della cenere di innumerevoli insuccessi e fallimenti.

L’infinito spazio di nessuno viene trasformato in un esercito di sabbia e lustrini quando nel 1907, cosiddetti creativi da tutto il globo si travestono da insaziabili padri fondatori a caccia d’ispirazione. Innumerevoli menti scalpitanti che senza saperlo cominciano a dare voce alla sirena ammaliatrice che da secoli ormai attrae a sé anime estrose in cerca d’espressione. E il paradosso è che bussano alla porta in cerca d’asilo, per fuggire da un mondo che le piega alle regole. Ma varcano spesso la soglia di una dimensione che crea leggi-non leggi. Racconta favole-non favole, vende sogni-non sogni. E forse è proprio questo che affascina di più di Hollywood. Che tutto sia e non sia, contemporaneamente. Che l’individuo stesso possa essere tutto ed essere niente.

Ora, non ci basterebbe un libro per raccontare di Hollywood e questa è solo la prima parte di un articolo che si interrogherà a capitoli sullo stato attuale delle cose. Ma un’infarinatura va data, come tutte le buone storie, l’inizio è fondamentale.

Allora concludo questo principio con un ricordo:

La prima volta che mi sono trovata davanti a: “Hollywood”, vicino a me c’era una signora.

Riesco ancora a vedere il tramonto di quel giorno, perché quelli californiani difficilmente si possono dimenticare. Nel mio indisturbato stato d’ammirazione, riflettevo sul significato simbolico di quella scritta, persa nei meandri infinti della mia mente.

Devo essere morta e rinata su Venere”.

Mi sono girata e quella signora siede lì, avvolta nel suo scialle (probabilmente comprato in qualche riserva Indiana on the road, forse convinta di aver compiuto una buona azione). Così come tutti coloro che arrivano ad Hollywood. Decisi a portare qualcosa di “buono”. Sperando di fare la differenza.

Sorrido a quella signora. Buffa in quella sua posa che mi ricorda una montagna di casa.

La guardo, sembra scomparire pian piano dentro quello scialle, davanti a quella collina.

Sento un brivido, seguito da uno stridulo richiamo all’ordine della guida dei set: “Pronti”?

Pronti, al nostro viaggio alla scoperta dell’altra faccia di Hollywood, quella che la luce se la divora.