L’idea di Blow-Up mi è venuta leggendo un breve racconto di Julio Cortázar.
Non mi interessava tanto la vicenda, quanto il meccanismo delle fotografie. La scartai e ne scrissi una nuova, nella quale il meccanismo assumeva un peso e un significato diversi. Tonino Guerra e, per i dialoghi inglesi, Edward Bond collaborarono con me alla sceneggiatura. Guerra mi aiuta da anni, precisamente da L’avventura.
Lui è romagnolo, io sono emiliano. C’è un abisso tra di noi. Forse è per questo che andiamo d’accordo.

Michelangelo Antonioni

Blow-Up è un cult del 1966 di Michelangelo Antonioni, vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes nel 1967 e candidato agli Oscar per miglior film e miglior regia.  
Il film si ispira al  racconto breve La bava del diavolo dell’argentino Julio Cortázar, che è stato solo lo spunto per il regista per decostruire la realtà.

Il titolo della pellicola si rifà alla tecnica del blow-up, ovvero dell’ingrandimento fotografico. Una zoommata che permette di sottoporre una fotografia a ingrandimenti successivi.
Anche per questo, il lungometraggio di Antonioni è in cima alla lista di tutte le opere filmiche che un appassionato di fotografia dovrebbe vedere…oltre che ogni cinefilo, naturalmente!

La trama di Blow-Up

Nella “Swinging London” degli anni ’60,  il fotografo di moda Thomas (David Hemmings) fa una vita agiata, circondato da belle donne e con molto tempo libero. Però, è insoddisfatto. Decide, allora, di lavorare a un progetto personale sulla quotidianità nella capitale inglese della modernità.

Immortala scene e realtà  crude, tra hippies, disagiati, senzatetto… Nel cercare l’ispirazione per il suo reportage, si imbatte in due amanti in un parco in periferia. Cerca di nascondersi dietro dei cespugli per non farsi notare, ma Jane (Vanessa Redgrave), la donna della coppia, lo scopre. Gli chiede il rullino, ma il fotografo si rifiuta e scappa.  Nel corso della stessa giornata, Jane si presenta allo studio fotografico di Thomas cercando di ottenere il rullino incriminato. Con uno stratagemma, l’artista gliene consegna uno diverso da quello utilizzato nel parco.
Il comportamento insistente della donna, però, lo spinge a indagare.

Sviluppa e ingrandisce le foto (il noto blow-up del titolo) e Thomas si accorge di come le immagini rivelino un apparente tentativo di omicidio. Gli scatti sono confusi e torna al parco per cercare di capire qualcosa di più. Lì trova il cadavere dell’amante di Jane. Quando torna allo studio fotografico non trova più nulla. Negativo, stampe ingrandite… tutto sparito, forse rubato. Gli resta solo una foto:  l’unica con un ingrandimento tale da rendere indefinito il corpo  a terra. Thomas si mette alla ricerca del suo migliore amico, Ron (Peter Bowles) per chiedergli di andare insieme a lui al parco e per strada intravede Jane.
La segue e si ritrova in un club in cui si esibiscono gli Yardbirds e perde le sue tracce.

Thomas trova finalmente  Ron che, purtroppo, è sotto effetto di stupefacenti a una festa privata e non è in grado di ragionare. Alla fine, anche il fotografo si unisce al party e si risveglia stordito il giorno successivo. Torna al parco e il cadavere non c’è più.  

Nell’epilogo, Thomas assiste a una partita di tennis giocata da una compagnia di mimi senza palle né racchette. A questo punto l’uomo, perplesso, segue con gli occhi la traiettoria della pallina invisibile, ormai persuaso di aver immaginato tutto. L’unico suono che si sente è quello di una pallina percossa da inesistenti racchettoni, fino a quando non finisce fuori campo e viene chiesto a Thomas di raccoglierla.  Sceglie di rimandarla indietro ma, poco dopo, ha momento di lucidità.  Comprende il nulla che circonda l’esistenza degli esseri umani e, in quel momento, scompare.

Il racconto di Julio Cortázar

Io non so come è la realtà. Ci sfugge, mente di continuo….Io diffido sempre di ciò che vedo, di ciò che un’immagine ci mostra, perché immagino ciò che c’è al di là, e ciò che c’è dietro un’immagine non si sa. Il fotografo di Blow-Up non è un filosofo, vuole andare a vedere più da vicino. Ma gli succede che, ingrandendolo, l’oggetto stesso si scompone e sparisce. Quindi c’è un momento in cui si afferra la realtà, ma nel momento dopo sfugge. Questo è un po’ il senso di Blow-Up.

Michelangelo Antonioni

Il racconto di Cortázar è ambientato a Parigi e il protagonista è Roberto Michel, un fotografo dilettante che deve tradurre un saggio di sociologia di un professore cileno in francese.
Al centro della storia c’è una liaison tra una donna matura e un giovane. Pare che lei voglia circuirlo, lui le scatta una foto e lei si arrabbia. Gli chiede di dargli il negativo e il ragazzo scappa. Un uomo in macchina ha assistito a tutta la scena e, dopo la fuga del ragazzo, scende dall’auto e va a parlare con la donna.

Nel frattempo, Roberto sviluppa il rullino e ingrandisce la foto a 80 per 60. Ci si mette davanti e comincia a osservarla a fondo. I personaggi ritratti cominciano ad animarsi in un turbine di movimenti frenetici, una sorta di trip in cui Roberto ha delle visioni. Comincia a pensare che la donna volesse circuirlo per dei giochi perversi che vedevano coinvolto l’uomo in macchina.  

Il racconto è molto interessante dal punto di vista della scrittura. Il narratore muta continuamente, non c’è un punto di vista unico.
Sicuramente Antonioni ha colto l’essenza della penna di Cortázar che è stata il punto di partenza per il suo film.  In comune hanno sicuramente questo: la consapevolezza del potere dell’arte fotografica.

Per entrambi gli autori, infatti, la fotografia mostra la distanza tra il mondo reale e la società.
Il regista, a differenza dello scrittore, rende concreto l’assurdo. Opta per un racconto giallo dalle tinte noir e abbandona i trip con uccelli e lingue nere del protagonista.  

Il suo Blow-up è un’indagine a tutti gli effetti, con tanto di sopralluoghi, prove, interrogatori. Ma stiamo parlando sempre del maestro dell’incomunicabilità. Lui dice sempre di più… quando non dice. Da lui ci si aspetta di tutto, anche partite di tennis invisibili.

L’ambientazione di Blow-Up

Data l’universalità del tema trattato, la storia poteva svolgersi ovunque.
Lo scrittore argentino l’ ambienta nella capitale francese, Antonioni pensa all’ Italia. Nel 1965 il regista si trasferisce a Londra dove la sua compagna, Monica Vitti, è impegnata sul set di Modesty Blaise – la bellissima che uccide (di Joseph Losey).

Così, in quel periodo si trova a girovagare spesso per la città, vivendo sulla propria pelle la modernità della cultura pop della Swinging London.
Il suo Blow-up non poteva che essere ambientato lì.

La sottile linea tra finzione e realtà

Blow-Up è il film di rottura dall’animo profondamente moderno.
Stravolge le canonizzazioni del racconto del cinema classico utilizzando toni del giallo e del poliziesco, narrando l’assurdo. C’è un omicidio che nessuno vede, ma emerge solo confusamente dalle fotografie. Segni poco chiari e che vanno interpretati. A regnare è l’incertezza, è l’artificiale che cerca di catturare il naturale creando solo macchie di colore.

Antonioni non fa altro che mostrarci la nostra inadeguatezza a confrontarci con la realtà. Il  finale è pregno di questo messaggio. Thomas arriva ad  accettare il gioco dei mimi. Da una parte c’è la vista; loro stanno effettivamente facendo una partita surreale ma invisibile a  tennis. Dall’altra, c’è il sonoro; si sente che la pallina la toccano veramente.

E’ una finzione sinestetica e l’accettazione di questa assurda realtà porta Thomas alla sua scomparsa all’interno del parco.  
Aveva due scelte, poteva rifiutarsi e fermare questo teatro del surreale o accettarne le regole e far parte della messa in scena.

Il fotografo, ovvero colui che tenta di fermare il tempo e catturare la realtà, si trova davanti a un bivio esistenziale.  Thomas può porre fine alla finzione dimostrando la supremazia della razionalità oppure accettare il fatto che il mondo della ragione sia limitato e abbracciare il cambiamento perpetuo di ciò che ci circonda.  E’ sempre l’incertezza a vincere. Nemmeno una macchina fotografica riesce a catturare la realtà, figuriamoci se può esserne in grado l’animo umano!

Le location di Blow-Up

Antonioni ambienta il film principalmente in tre luoghi che caratterizza anche con una forte componente cromatica: il parco, la città di Londra e lo studio fotografico.

Il parco è un angolo periferico della città in cui coesistono natura e umanità. In fondo, non è altro che un luogo artificiale, costruito dagli uomini, per ricreare una porzione di natura in città. Un posto naturalmente artificiale.
In esso vagano i personaggi della storia, come se fosse una vera e propria metafora dell’incertezza. E’ il verde a dominare la scena.

Lo studio fotografico è la tana di Thomas, il suo regno. E’ qui che crede di catturare il tempo e dove trasforma negativi in positivi. E’ qui che nascono le sue immagini che lo porteranno cercare di penetrare il mistero dell’assassinino del parco. Inoltre, lo studio fa da sfondo a una delle scene più iconiche del film: l’amplesso sessuale fotografico, immortalato anche nella locandina di Blow-up.

La sequenza vede Thomas che immortala Veruska, una modella molto famosa negli anni ‘60,  che si comportano come se stessero facendo l’amore, con tanto di contorsioni e frasi con doppi sensi. Con questo “coito fotograficoAntonioni tocca il tema della natura sessuale, della carnalità e il modo di lavorare nella Londra capitale della moda. Inoltre, ci mostra l’effetto che il fascino del  fotografo ha sulle donne e anche il suo status sociale e culturale.  I colori dello studio sono artificiali, innaturali. Vengono prediletti il bianco e il nero oppure tonalità acide.

Londra, in realtà, una semplice ambientazione ma è un personaggio a tutti gli effetti. La sua è un’onnipresenza all’interno del film.
Il grigiore della città del Tamigi è in contrapposizione con il rosso. Questo strano accoppiamento rende surreali le strade della capitale inglese. Sembrano quasi dipinte, aumentando il contrasto tra naturale e artificiale e tra finzione e realtà.

Influenze di Blow-Up

Il cult di Antonioni ha influenzato generazioni di registi che, spesso, hanno volutamente omaggiato il film con delle citazioni nelle proprie pellicole.
Impossibile non citare Blow Out di Brian de Palma o La Conversazione di Francis Ford Coppola. Noto è anche un tributo di Truffaut ne Gli anni in tasca nella scena all’inizio del film in cui un gruppo di bambini corre per le strade del paese, proprio come i mimi di Blow-Up.

Peter Greenaway strizza l’occhio a questo capolavoro di Antonioni in I misteri del Giardino di Compton House, in cui il protagonista è un artista che, attraverso la realizzazione di suoi disegni, scoprirà un complotto omicida.

Recentemente, anche i supereroi hanno celebrato questa pellicola. In The Amazing Spiderman 2- Il potere di Electro nella camera di Peter Parker è appesa la locandina del film del maestro italiano. Dulcis in fundo, anche una delle migliori serie italiane contemporanee, Skam, ha citato Blow-Up. Nella quinta stagione, il protagonista Elia Santini, lo considera il suo film preferito tanto da inscenare una partita immaginaria a ping-pong senza palline né racchette.

Insomma, Blow-up è stato un film che ha fatto la storia del cinema e che ancora oggi continua ad affascinare.
Antonioni con la sua lente d’ingrandimento ha saputo vedere nel profondo dello ed è proprio per questo, che ancora oggi, i suoi film restano così scolpiti nell’animo di chi li guarda.
Come una fotografia senza tempo che non si scolora né appanna col passare degli anni.