Black Hawk Down: recensione del film di Ridley Scott

Black Hawk Down: la recensione del film di Ridley Scott

Black Hawk Down è un film di Ridley Scott basato sulla battaglia di Mogadiscio del 1993, in cui persero la vita 19 soldati americani e 1000 civili somali

Black Hawk Down è un film del 2001 di Ridley Scott, basato sulla battaglia di Mogadiscio del 3 e 4 ottobre 1993, in cui persero la vita 19 soldati americani e più di 1000 somali. Il cast della pellicola è composto da interpreti di altissimo livello come Ewan McGregor, Eric Bana, Josh Hartnett, Tom Sizemore, Orlando BloomSam Shepard, abili a impersonare le diverse anime e personalità di un gruppo misto di membri di Rangers e Delta Force. Black Hawk Down ha incassato circa 173 milioni di dollari in tutto il mondo (a fronte di un budget di 92 milioni) e, grazie al pregevole comparto tecnico, ha conquistato 4 nomination agli Oscar del 2003, portando a casa la statuetta per il miglior sonoro e quella per il miglior montaggio, andata all’italiano Pietro Scalia.

Black Hawk Down: la follia della guerra secondo Ridley Scott
Black Hawk Down

Il comando americano capitanato dal Generale Garrison (Sam Shepard), stanziato in Somalia durante la guerra civile del ’93, decide di compiere un raid nel centro di Mogadiscio, con l’obiettivo di prelevare i principali collaboratori di Mohammed Farah Aidid, il signore della guerra somalo. Secondo il piano dei militari, l’operazione dovrebbe concludersi in circa mezz’ora, con l’ausilio di 4 Black Hawk (speciali elicotteri da guerra) adibiti a scaricare altrettante unità in punti strategici di Mogadiscio.

La situazione precipita quando uno di questi Black Hawk viene abbattuto, costringendo gli altri militari a soccorrere i compagni feriti. Nel giro di poco tempo, le strade di Mogadiscio si trasformano in un un vero e proprio campo di battaglia, costringendo Matthew Eversmann (Josh Hartnett), Todd Blackburn (Orlando Bloom), John Grimes (Ewan McGregor), Norm Gibson (Eric Bana) e i loro compagni a una durissima lotta per la sopravvivenza.

Black Hawk Down

Con Black Hawk Down, Ridley Scott dimostra per l’ennesima volta la sua maestria dietro la macchina da presa, trasportando lo spettatore all’interno di quello che con il passare dei minuti diventa un vero e proprio inferno a cielo aperto. Il regista britannico declina a suo modo il war movie, rifuggendo sia il lirismo di pietre miliari del genere come Apocalypse Now sia la critica sociale alla Full Metal Jacket per mettere in scena una rappresentazione quantomai fedele e cruenta di ciò che avviene sui campi di battaglia nell’epoca moderna.

Black Hawk Down è uno spettacolo pirotecnico e scenografico, tanto appagante quanto disturbante

Black Hawk Down ci trascina oltre il limite della follia umana, dove non esistono più differenze sociali e caratteriali, dove non arriva la politica, dove conta soltanto la necessità di salvare la pelle contro un nemico intenzionato a fare lo stesso. La narrazione e l’introspezione lasciano così il passo alla cruda descrizione di uno scontro fra realtà, culture e mentalità completamente antitetiche, e al tragico massacro che ne consegue. Il montaggio serrato di Pietro Scalia, la fotografia sporca e desaturata di Sławomir Idziak, la colonna sonora di Hans Zimmer e il formidabile sonoro si fondono con il genio dietro alla regia di Ridley Scott, dipingendo con un taglio quasi documentaristico la follia, la violenza e l’inutilità della guerra.

Dal punto di vista visivo, Black Hawk Down si rivela uno spettacolo pirotecnico e scenografico lungo quasi due ore e mezza, tanto appagante quanto disturbante. Il rumore delle pale degli elicotteri si alterna con quello delle pallottole scaraventate contro il nemico, le grida dei guerriglieri somali si mescolano con i laceranti suoni delle ossa rotte e delle carni strappate, in una lunga scia di sangue non certo adatta agli stomaci più deboli. La confusione percepita dallo spettatore è la stessa di quella vissuta dai soldati, scaraventati dall’altra parte del mondo ignari del contesto sociale e culturale della Somalia e schiavi dell’arroganza e della rigidità delle alte sfere militari, sempre più attente a rispettare codici e regolanti che a comprendere le sfumature e i cambiamenti della realtà circostante.

Punto debole di Black Hawk Down è il punto di vista unilaterale sulla vicenda

Alcuni degli attori migliori della propria generazione diventano così semplici pedine di un film corale, appiattiti e irriconoscibili all’interno dei loro elmetti da guerra, alla caccia di un nemico invisibile e silenzioso. I personaggi sfilano, combattono e muoiono sotto i nostri occhi, rappresentando abilmente il concetto di corpo militare ma rendendo di fatto impossibile l’approfondimento, la caratterizzazione e di conseguenza l’empatia verso la gran parte di loro. Un limite per molti, ma non certo per Ridley Scott, che ha come obiettivo proprio quello di azzerare le differenze fra i protagonisti, rendendoli tutti al tempo stesso comprimari ed eroi, esaltando l’azione e la forza distruttrice della guerra.

Spiace vedere un evento di tale importanza, la più grande perdita di effettivi americani dai tempi della guerra del Vietnam, rappresentato unilateralmente dal punto di vista americano, senza il necessario approfondimento della controparte somala e con un eccesso di retorica nella parte conclusiva, che cozza con il rigore e la misura adottati fino a quel momento.

Black Hawk Down

Black Hawk Down è un film difficile da dimenticare, tanto parziale e scarno nel racconto quanto dannatamente efficace e pungente nel mostrare le contraddizioni, la disperazione e il fanatismo insiti nella cieca follia bellica. Fra corpi dilaniati da quintali di piombo, chiusi in un anonimo e vergognoso sacco nero, e gli attoniti sguardi dei superstiti, cala così il sipario su uno dei tanti atroci conflitti degli ultimi decenni, raccontato con dovizia di particolari da uno dei più grandi cineasti viventi.

Regia - 4
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 4
Recitazione - 3
Sonoro - 4
Emozione - 3.5

3.5