È così difficile capire che nelle democrazie liberali i capi di governo non querelano? - HuffPost Italia

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È così difficile capire che nelle democrazie liberali i capi di governo non querelano?

Forse la querela a Luciano Canfora non sarà prova di fascismo – i Benito Mussolini e oggi i Vlad Putin non ricorrono ai tribunali – ma certamente è un clamoroso errore, da parte del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, evidentemente mal consigliata. Canfora non è certo la mia “cup of tea”, mi hanno sempre lasciato perplesso le sue pubblicazioni sulla storia del Novecento, le sue “contestualizzazioni” di Stalin, la sua stessa interpretazione del fascismo, datata e ignara di un dibattito trentennale. Del resto, è uno specialista dell’antica Grecia, e su questo, un maestro. Ma, per dirla alla grossa, ad avercene come lui: chi scrive libri, argomentati, non accademici e non ipocriti, due vizi molto diffusi in università, merita solo rispetto.

Nello specifico, sulla motivazione della querela, sarei in teoria “neo nazista” anche io, visto che Canfora ha usato questo epiteto per commentare l’appoggio sacrosanto di Meloni a Kiev. Ma proprio perché quasi tutto mi divide da Canfora, trovo semplicemente allucinante che il presidente del Consiglio lo quereli, ancorché lo abbia fatto quando era semplice parlamentare. Una decisione grave, anche perché non risulta che dopo l'insediamento a Palazzo Chigi la querela sia stata ritirata. Bisogna risalire alla vicenda tra Alcide De Gasperi e Giovannino Guareschi, che però era un giornalista. Rari comunque anche gli interventi contro questa categoria: ricordo, a suo disdoro, la querela di Massimo D’Alema premier contro una vignetta, di Giorgio Forattini. Se avessero seguito questo andazzo, ahimè recente, Amintore Fanfani, Aldo Moro, Giulio Andreotti, avrebbero passato il loro tempo a far causa a gente che li accusava non solo di essere “fascisti”, ma di essere ladri, stragisti, a capo della mafia e peggio. Con lo stesso criterio, Donald Trump da presidente avrebbe dovuto querelare tutti i giornali americani (e stranieri) e oggi Joe Biden dovrebbe chiedere l’arresto immediato di “Fox news”.

Nei paesi liberali, semplicemente, chi detiene il potere, proprio perché detiene il potere, deve subire le critiche e, sì, anche gli insulti più feroci. Chi è a capo dell’esecutivo non è un cittadino comune: e non può fingere di esserlo, perché in un tribunale, il divario tra il potere di lui o di lei e quello di un’altra figura, è uno smacco alla terzietà e metterebbe, tra l’altro, in grave imbarazzo gli stessi magistrati giudicanti. Tanto più, se, al dolo, Meloni ha aggiunto pure la beffa: a “difenderla” sarà Andrea Delmastro Delle Vedove che, d’accordo, è il suo legale da sempre, ma che ora è sottosegretario alla Giustizia. È il governo contro Canfora? È tanto difficile da capire che, la querela di chi sta al potere, finisce per essere interpretata come un atto di intimidazione? Colpirne uno per educarne cento? Non si fa, semplicemente, non si fa. Almeno nelle democrazie liberali.

Nel caso specifico, poi, ho molti dubbi che attribuire la qualifica di “neonazista” a qualcuno, presidente del Consiglio o non, sia da considerarsi un insulto. Roberto Saviano, un altro intellettuale querelato da Meloni, ma quando era “solo” una parlamentare (e anche qui, avrebbe dovuto ritirare la causa, una volta entrata a Palazzo Chigi), utilizzò un epiteto comunemente considerato un insulto, ma nazista, neo o non, fascista, comunista anche, erano e sono ideologie politiche: totalitarie, sanguinarie, orrende, che hanno visto i loro capi tra i peggiori criminali politici della storia. Ma erano e sono ideologie politiche: non è come additare qualcuno come stupratore, pedofilo, ladro. Una figura a cui Meloni è ancora legata, Giorgio Almirante, si definì orgogliosamente fascista fino alla fine della sua vita: era un insulto per lui? Sarebbe un insulto, alla sua memoria e alla verità storica, trasformarlo in una sorta di conservatore liberale. Almirante che, peraltro, da giovane (ma non più ragazzino) aderì, come moltissimi altri, alla Repubblica sociale, alleata e subalterna dei nazisti. Quelli veri, neanche neo.

Non vedo infine quale sia il tornaconto politico dell’operazione – ogni politico ragiona sempre pensando al tornaconto, in termini di voti e di consensi. Da un lato, si aizzano ancora di più i nemici contro l’esecutivo, dall’altro, gli elettori di Meloni probabilmente ignorano chi sia Canfora, che non possiede neppure la stessa esposizione mediatica di un Saviano. A meno che il presidente del Consiglio non voglia continuare, più che a unire il paese, a contrapporlo tra amici (suoi) e nemici. Ma questo comportamento, sulla media distanza, che oggi sono quattro-cinque anni, non ha mai portato bene a chi l’ha perseguito.

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