Festival di Cannes 2023: Jeanne du Barry, il film con Johnny Depp, è il ritratto di una ragazza incandescente ma manca la scintilla

La storia raccontata da Maïwenn con il divo americano nei panni di Luigi XV apre il Festival. Un lavoro molto meno irriverente e duro della cortigiana di cui racconta il destino e della sua stessa epoca. La recensione
Maïwenn Johnny Depp Jeanne du Barry.
Stephanie Branchu/Le Pacte

Era una ragazza «come tante», ora è diventata una «creatura» reale, oggetto di tutte le fantasie della Corte. Troppo spesso dimenticata nei resoconti storici, Jeanne du Barry è il soggetto principale del nuovo film di Maïwenn con Johnny Depp. Tre anni dopo DNA, la regista dedica un lungometraggio al destino di questa donna straordinaria, una figura unica del XVIII secolo. Da popolana a cortigiana disinvolta, Jeanne du Barry è nota soprattutto per aver condiviso la vita e le notti del re Luigi XV fino alla sua morte.

Per incarnare questa giovane donna focosa in cerca di affermazione e di erudizione, era necessaria una fiamma diversa da tutte le altre: quella di Maïwenn, naturalmente. Davanti alla macchina da presa, la cineasta si offre un ruolo su misura, il cui arco narrativo riecheggia quello della sua stessa vita. Che in Jeanne du Barry abbia visto un suo doppio? In ogni momento della sua parabola, dall’ascesa alla caduta, la favorita moltiplica scandali e provocazioni impetuose. Sapevamo che era anticonvenzionale, ora scopriamo che è commovente. Materna con il figlio del marito, il conte du Barry – interpretato molto bene da Melvil Poupaud – e con il suo paggio, Jeanne de Vaubernier è anche lucida rispetto alla propria condizione di figlia del popolo. Tuttavia, la forza del personaggio non basta a fare di Jeanne du Barry un grande film storico. L’opera perde il suo ritmo quando la storia d'amore tra Luigi XV e la cortigiana si stabilizza e trascorre felice.

Il mediocre ritorno di Johnny Depp

Nel ruolo del re, Johnny Depp non fa faville. La scommessa di un personaggio tranquillo e romantico si scontra con un’espressione immutabile da pokerista, priva di sfumature. Né introspettivo né imperioso, non convince nemmeno nelle scene di dialogo. Laddove il suo accento americano avrebbe potuto conferire un fascino inaspettato a questo personaggio polveroso, finisce viceversa per limitarne l’interpretazione. Se il ritorno di Johnny Depp sul grande schermo crea polemica, non è comunque un ritorno straordinario. L'attore è al suo primo ruolo dopo due anni dall'uscita di Minamata, dove l’abbiamo visto l’ultima volta, e dopo il tumultuoso processo con l'ex moglie Amber Heard, con accuse incrociate di violenza domestica e diffamazione. La battaglia legale, che ha avuto spesso i tratti di una soap opera mediatica, condita da rivelazioni scabrose, si è conclusa alla fine dello scorso anno.

In origine, non sarebbe dovuto essere lui a tornare al cinema nella sontuosa cornice della Reggia di Versailles, filmata in tutta la sua magnificenza da Maïwenn: dalle colonne di Libération abbiamo appreso questo fine settimana che il ruolo di Luigi XV era stato inizialmente offerto a Gérard Depardieu. Solo dopo il rifiuto di quest’ultimo, la regista si è rivolta a Johnny Depp, un attore di cui ha sempre amato il magnetismo.

Johnny Depp et Maïwenn sur le tournage de Jeanne du Barry.

stephanie branchu

Benjamin Lavernhe, un valletto migliore di un re

Tuttavia, a parte qualche battuta che la coppia si scambia, divertita dal manierismo della Corte, la chimica non funziona. Tre inchini molto bassi e forzati, occhi negli occhi, non cambiano nulla. I veri momenti di complicità vengono dal tandem formato da Maïwenn e Benjamin Lavernhe. L’attore e socio della Comédie Française, eccellente come sempre, interpreta Laborde, il primo valletto del re. Tra i suoi compiti c'è quello di introdurre la favorita di Sua Maestà al protocollo di Corte, di cui lei si fa volentieri beffe. Discreto filo rosso tra Luigi XV e Jeanne du Barry, Benjamin Lavernhe dà vita a un accattivante valletto, e ci ricorda quanto i personaggi come servitori, valletti e paggi meritino un trattamento narrativo di alto profilo.

Tra Jeanne du Barry e Laborde prende forma un rapporto commovente di fiducia e di parole non dette, mentre intorno a loro le cortigiane si guardano bene dal compiere il minimo passo falso. I momenti migliori del film sono proprio questi: una favorita anticonformista che ride delle convenzioni di fronte all'intera corte. Desiderabile per alcuni, indomabile e detestabile per tutti. «Perché essere innocenti quando gli altri hanno desideri colpevoli verso di te?». Ciò nonostante, la regista non riesce a proporre un film irriverente come il suo personaggio. Lontana dall'originale impertinenza della Maria Antonietta di Sofia Coppola o dell'Amadeus di Miloš Forman, la regista abbraccia i codici classici del registro storico, senza brillare.

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