LEVINSON, Barry in "Enciclopedia del Cinema" - Treccani - Treccani

LEVINSON, Barry

Enciclopedia del Cinema (2003)

Levinson, Barry

Anton Giulio Mancino

Regista, sceneggiatore e produttore cinematografico e televisivo statunitense, nato a Baltimora il 6 aprile 1942. Nel far prevalere l'arte dello sceneggiatore su quella del regista, L. ha sempre prestato grande attenzione alla costruzione narrativa e alla creazione di figure ben delineate attraverso un'efficace e brillante trama dialogica, limitandosi a una messa in scena accurata, ma priva di una vera e propria cifra stilistica. I suoi personaggi, tratteggiati con puntuali riferimenti culturali, storici e ambientali, si muovono in contesti volutamente minimalisti oppure in circostanze straordinarie, e interagiscono tra loro in modo serrato imprimendo forza al ritmo del racconto. Nelle opere di L. non è infatti l'eccezionalità a rappresentare l'aspetto più coinvolgente delle vicende, ma la dimensione intimista, per lo più segnata dall'incomprensione reciproca, dal disagio affettivo e relazionale, soprattutto in ambito familiare o, in quello più circoscritto, coniugale. Nel 1989 ha vinto con Rain man (1988; Rain man ‒ L'uomo della pioggia) il premio Oscar per la miglior regia e l'Orso d'oro a Berlino, e nel 1998, ancora a Berlino, l'Orso d'argento con Wag the dog (1997; Sesso e potere). Dopo aver lavorato in un canale televisivo di Baltimora L. si trasferì a Washington D.C. dove si specializzò in giornalismo radiotelevisivo all'American University, senza però laurearsi. Verso la fine degli anni Sessanta si stabilì a Los Angeles ed entrò a far parte dello staff di sceneggiatori del televisivo Carol Burnet show. Passò alla sceneggiatura cinematografica con gli esilaranti Silent movie (1976; L'ultima follia di Mel Brooks) e High anxiety (1977; Alta tensione), entrambi diretti da Mel Brooks, per poi ottenere una nomination all'Oscar per l'ottimo dramma interpretato da Al Pacino ...And justice for all (1979; …E giustizia per tutti) di Norman Jewison, e quindi scrivere la commedia Best friends (1982; Amici come prima) ancora di Jewison. Nel 1982 ha esordito nella regia con la commedia dai risvolti autobiografici Diner (A cena con gli amici), che gli ha procurato un'altra candidatura all'Oscar per la sceneggiatura. La sua carriera registica è decollata definitivamente grazie a Robert Redford che lo ha chiamato a dirigere The natural (1984; Il migliore), parabola sulle luci e le ombre della vocazione al successo. Sono seguiti l'amorale, mesto e irriverente Tin men (1986; Tin men ‒ Due imbroglioni con signora), il suo film più riuscito, grazie anche all'impietoso ritratto del fallimento sociale e individuale, delineato in maniera eccellente da Danny De Vito, interprete di un piazzista cinico, volgare e fraudolento, e Good morning, Vietnam (1987), esemplare dissacrazione dell'ambiente militare con un notevole Robin Williams. Quest'universo fondamentalmente umano, spesso indifferente a ogni richiamo legale e morale, come era apparso evidente in …And justice for all e come lo sarà in Sleepers (1996), in cui il regista muove un attacco frontale al sistema giudiziario, risulta venato di segreti rimorsi, profonde lacerazioni psicologiche o forme di velata e autoironica frustrazione. Acclamato dal pubblico internazionale e interpretato magistralmente da Dustin Hoffman, il successivo Rain man affronta in maniera piuttosto schematica la delicata questione dell'autismo. La notorietà ormai raggiunta, anche se non gli ha garantito il successo commerciale dei seguenti Avalon (1990) e della sua opera più personale, Toys (1992; Toys ‒ Giocattoli), influenzata visivamente dall'iconografia e dal cromatismo futuri-sta, dadaista e surrealista, e in particolare da F. Depero, M. Duchamp e R. Magritte, ha tuttavia permesso all'eclettico regista di affrontare tra alti e bassi i più svariati generi cinematografici e di perseguire progetti in cui le ragioni dell'industria hollywoodiana non escludono una forte istanza autoriale, che è tornata ad affermarsi dignitosamente nel gangster film Bugsy (1991), interpretato da Warren Beatty, per il quale L. ha ottenuto ancora una nomination all'Oscar. Dopo aver di nuovo diretto Dustin Hoffman nella pungente satira sui mass media Wag the dog, L. è tornato ai toni autobiografici degli esordi con Liberty heights (1999), quarto film ambientato nella sua Baltimora, per passare successivamente alla commedia d'azione con Bandits (2001). Nel 1992 ha pubblicato l'autobiografia Levinson on Levinson.

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