Arturo Martini: recensione mostra tappeti Savona | Style
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In mostra a Savona i tappeti volanti di Arturo Martini: la recensione di ‘La trama dei sogni’

Fino al 15 luglio, al Museo della Ceramica della città ligure, sono visibili 6 opere tessili del più grande scultore italiano del Novecento. Bellissime, come la loro storia: nessuno ne conosceva l'esistenza

Di Barbara Leoni 26 marzo 2024
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Arturo Martini: un dettaglio di Il circo equestre o I saltimbanchi (1929-1930). Foto Jorge Felix Diaz Urquiza

Arturo Martini. La trama dei sogni. Tessuti, ceramiche, dipinti, al Museo della Ceramica di Savona, è la mostra aperta fino al 15 luglio. Il consiglio, per chi è Liguria già per le vacanze di Pasqua, è di non perderla. Soprattutto, perché traccia una nuova linea nel percorso dell’artista di origine trevigiana. Sei opere tessili, per la prima volta esposte al pubblico dopo il recente e fortunato ritrovamento a Savona, note finora solo come disegni conservati presso la Wolfsoniana di Genova, ma di cui si ignorava l’avvenuta realizzazione.

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Arturo Martini, Il circo equestre o I saltimbanchi, 1929-1930Tappeto in lana, cm 83 x 119 Manifattura: MITA, Genova Nervi.

L'esperienza tessile di Arturo Martini

«Il colore della vita sospesa in ansia». È così che il più grande scultore del Novecento Italiano definiva nel 1921 il rapporto vitale con la propria opera. Proprio in forza di quel linguaggio drammatico e poetico cui ci ha abituati, la mostra Arturo Martini. La trama dei sogni crea un fuori programma. Ci fa scoprire un Martini più giocoso, fiabesco, narratore.

Disegnati alla fine degli Anni 20 da Martini e realizzati sulla base dei modelli dalla MITA - Manifattura italiana tappeti artistici di Genova Nervi (il cui nome è legato ad artisti come Depero e Gio Ponti), i tappeti di Arturo Martini hanno il merito, oltre al loro valore intrinseco, di aver messo in luce la profonda sinergia tra arte e artigianato. In quella mezzaluna stretta tra monti e mare che è la Liguria.

I "tappeti volanti" di Arturo Martini

Espressione e testimonianza inattesa del suo ben noto eclettismo, i tappeti “volanti” di Martini portano in un mondo immaginifico e giocoso, grazie alla sperimentazione di forme, colori, tecniche e materiali. Si tratta di tappeti a nodi Ghiordes a pelo lungo, di formato medio-piccolo (le dimensioni del tradizionale scendiletto) e si dividono in due gruppi. Il primo, dai colori vivaci, rimanda al tema dello svago, della festa e del gioco. Ne fanno parte Il Circo / I saltimbanchi (in due versioni di colore) e Il Veglione (sempre in due versioni di colore) con i rispettivi disegni e bozzetti esecutivi. Nel secondo gruppo rientrano due tappeti che hanno per protagonista Ofelia (in due versioni di poco dissimili e bozzetto esecutivo). E infine, un bozzetto raffigurante dei bagnanti di cui però non c’è traccia della realizzazione tessile.

In mostra a Savona i tappeti volanti di Arturo Martini: la recensione di ‘La trama dei sogni’- immagine 4

Martini, Il circo equestre o I saltimbanchi, Bozzetto esecutivo per il tappeto, 1929 ca. Foto Jorge Felix Diaz Urquiza

Tappeti d'artista per la cameretta dei bambini

Per la scelta dei soggetti, si suppone che Martini pensasse a una destinazione domestica dei tappeti, magari una cameretta per bambini. Non è un caso che, all’epoca della collaborazione con la MITA, Martini avesse due figli piccoli. La Nena, nata nel 1921, e Antonio, nato nel 1928. Parallelamente, lo sviluppo di una nuova sensibilità nell’ambito della psicologia e della pedagogia (dalle teorie di Dewey a Montessori) fa sì che anche il mondo dell’arte si interessi al gioco, alla forma spontanea. A uno sguardo più immediato che è poi quello dell’infanzia. Conseguenza è la ricerca di forme espressive “primitive”, capaci di liberare il gesto creativo. 

La storia della scoperta

E forse andò proprio così, visto che il ritrovamento è avvenuto per caso, nel giugno del 2022, quando sono emerse le fotografie di sei tappeti acquistati negli Anni 80 e appartenenti alla collezione di famiglia di Daniele Tiscione (proprietario della galleria La Navicella di Savona). Quei tappeti erano in evidente relazione con i bozzetti della Wolfsoniana di Genova, già pubblici. La ricerca condotta dalla Galleria Vico Spinola di Savona di Julian Tiscione ha dimostrato così che, dal progetto, Martini era arrivato all’esecuzione definitiva. Riuscendo a stupire con una nuova favola, a distanza di quasi ottant’anni dalla sua scomparsa.

In mostra a Savona i tappeti volanti di Arturo Martini: la recensione di ‘La trama dei sogni’- immagine 5

Arturo Martini, Il Veglione, 1929 -1930. Tappeto in lana, cm 83 x 113, manifattura: MITA, Genova Nervi

Il percorso della mostra

La mostra Arturo Martini. La trama dei sogni segue passo passo il processo di elaborazione delle opere tessili da parte dell’artista e della manifattura ligure. Dal disegno, a volte ripreso in esecuzioni a stampa e poi sviluppato nella "messa in carta", base grafica per la tessitura, all’analisi tecnica dei materiali. Dal procedimento di annodatura del filo di lana fino all’esito formale dell’opera. L’esposizione, curata da Carla Bracco, con la collaborazione di Magda Tassinari e Donatella Ventura, consente di tracciare un percorso inedito tra le opere di Arturo Martini, ospitate al Museo della Ceramica di Savona e, in parte, alla Pinacoteca Civica (che a sua volta raccoglie sorprese, da Picasso a Magritte, da Dubuffet a De Chirico). In collaborazione con la Wolfsoniana - Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura di Genova.

Ai tappeti, si aggiungono, infatti, realizzazioni plastiche - in ceramica, terracotta, gesso e bronzo - pittoriche e grafiche (dipinti, disegni e cheramografie) per un corpus complessivo di 50 opere (con prestiti dal Museo Bailo di Treviso e dal Museo del Paesaggio di Verbania), accomunate da temi analoghi. Il sogno, la fiaba, l’infanzia, il melodramma e il teatro.

In mostra a Savona i tappeti volanti di Arturo Martini: la recensione di ‘La trama dei sogni’- immagine 6

Arturo Martini, Il sogno della contadina, 1927, maiolica dipinta, h.cm 26 x diam. 20.Manifattura Fenice

Arturo Martini, il più grande scultore del Novecento italiano

Nato a Treviso nel 1889, Arturo Martini è considerato il massimo scultore del XX secolo per la sua capacità di innovare con un linguaggio inedito e potente l’impoverita tradizione scultorea italiana. Ribaltandone i canoni classici e rinascimentali, Martini ha infuso alle sue opere una portata drammatica e poetica esistenziale e intima. Ceramista nel Dna, Arturo Martini entrò in contatto all'inizio del secolo con le avanguardie e con il Cubismo e partecipò all’Esposizione Libera Futurista Internazionale del 1914, avviando collaborazioni significative con le riviste L’Eroica e Valori Plastici. Uscito definitivamente dal Naturalismo ottocentesco, Martini trovò la propria affermazione internazionale, sperimentando ogni tipo di medium con lo stupore ogni volta di una nuova scoperta.

L’Arturo Martini “ligure”

Arturo Martini arrivò a Vado Ligure nel 1915 come operaio tornitore per legarsi al Ponente per tutta la vita. Sposato con la vadese Brigida Pessano, respirò umanamente e artisticamente le influenze culturali e artigianali delle manifatture liguri e vi si stabilì dal 1920 al 1932. Tanto da essere considerato dagli stessi liguri “uno di loro”. Risalgono a quegli anni  alcune delle sue opere più note, come L’Amante morta, Fecondità e Il Dormiente.

Il periodo tra le due guerre costituì, infatti, un momento di grande fervore, con il rifiorire dell’industria, della manifattura e del turismo. Il tratto di costa tra Savona e Albisola, in particolare, rappresentò fino agli Anni 70 un milieu artistico dove pescatori e locali si mischiavano. Il ritrovo era il Bar Testa, dove si ritrovavano anche “quegli stravaganti personaggi foresti” che qui, sul mare e nelle fornaci della ceramica albisolese, avevano stabilito il loro quartier generale. Ovvero: Eso Peluzzi, Raffaele Collina, Nanni Servettaz. Mario Gambetta, Tullio Mazzotti, Lucio Fontana, Wifredo Lam. Mario Labò, Enrico Baj, Jorn Asger.

La mostra savonese dedicata all’artista trevigiano intende sottolineare e omaggiare proprio quel sodalizio profondo tra arte e manifattura. 

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