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Russia-Ucraina, come cambia il conflitto dopo le annessioni di Mosca

Con le annessioni la Russia punta a estendere l’ombrello nucleare, con ripercussioni imprevedibili: in base alla dottrina russa rivista da Putin nel 2020, in assenza di un'aggressione nucleare diretta una risposta nucleare è comunque autorizzata in caso di attacco convenzionale a infrastrutture vitali per l'arsenale nucleare

di Antonella Scott

Putin firma per annettere le quattro regioni ucraine occupate

4' di lettura

Ricorderemo questa data: 30 settembre 2022. Il giorno in cui, al termine di un veemente attacco agli Stati Uniti e agli alleati europei, Vladimir Putin ha firmato i trattati di annessione alla Federazione Russa di quattro regioni ucraine – Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson, parzialmente occupate dopo l'invasione del 24 febbraio. Immediata la risposta di Kiev. Una seconda firma, quella che Volodymyr Zelensky ha posto sotto la richiesta di adesione accelerata alla Nato: «Un cammino che abbiamo compiuto di fatto», ha detto il presidente ucraino.

«Non sarà più come prima», aveva avvertito Putin davanti agli alti dignitari del regime riuniti al Cremlino. È così, perché ogni regola è saltata: nel momento in cui la Russia pretende di impadronirsi formalmente di terre invase e in cui tuttora si combatte, accelerando bruscamente il percorso dell'Ucraina verso l'Alleanza Atlantica, l'intervento di Putin nel Salone di San Giorgio ha segnato la massima distanza raggiunta tra Mosca e l'Occidente dalla fine dell'Urss.

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Più della stessa Ucraina è stato l'Occidente - gli Stati Uniti e le élite europee rivolte contro le loro stesse società - al centro dello straordinario attacco in cui Putin ha denunciato come «satanismo» la negazione dei valori tradizionali e religiosi professata da un Occidente «pronto a scavalcare ogni confine pur di preservare il proprio sistema neocoloniale».

È stato anche il momento di massima lontananza da una soluzione negoziata della guerra, perché l'Ucraina e i suoi alleati - a partire da Joe Biden - hanno ribadito che mai riconosceranno le annessioni, proclamate sulla base di referendum considerati legittimi soltanto da Putin che li ha descritti come «scelta univoca, diritto inalienabile» di milioni di abitanti che «saranno per sempre nostri compatrioti», in terre che, ormai parte della Federazione Russa, saranno difese «con ogni mezzo».

Mettendole di fronte al fatto compiuto, Putin ha invitato le autorità ucraine a cessare «immediatamente» le ostilità e a sedersi al tavolo dei negoziati: ma unicamente per accettare la situazione, ha fatto capire il presidente nel momento in cui ha aggiunto che l'appartenenza di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson alla Federazione non è più in discussione. «La Russia non li tradirà», ha proclamato.

Questo è dunque il perimetro della “Novorossia”, di quel 18% (contando la Crimea) circa di Ucraina di cui Putin potrebbe accontentarsi. Ritornando alla fine dell'Urss, il presidente russo ha detto che ormai quella «tragedia» fa parte del passato, e «non è a quello che puntiamo». Ormai conta solo la decisione di «milioni di persone che si considerano parte della Russia per fede, cultura, valori, lingua: non c'è nulla di più forte della loro decisione di tornare nella patria storica».

Ma al di là delle modalità in cui si sono svolti i cosiddetti referendum, la celebrazione al Cremlino e poi il concerto sulla Piazza Rossa a conclusione della giornata hanno mascherato una situazione ben diversa sul campo di battaglia. Nella regione di Zaporizhzhia, un attacco missilistico russo aveva centrato un convoglio di auto civili in marcia verso Kherson. Il bilancio è di 25 morti e 74 feriti. E nella regione di Donetsk i russi continuano a perdere terreno. La guarnigione a Lyman, nel nord, è per metà accerchiata, con i russi in fuga dai vicini villaggi di Drobyshev e Yampil.

Al reale andamento delle operazioni militari Putin non ha fatto cenno, così come non ha parlato del caos in cui si stanno svolgendo le operazioni di arruolamento dei rinforzi da mandare in Ucraina: una mobilitazione parziale sfuggita al controllo, in molti casi, con lo stesso Cremlino ad ammettere la confusione e gli errori compiuti da funzionari zelanti, che pur di raggiungere le quote indicate non hanno considerato i limiti di età, di preparazione o di salute. Per arrivare a paradossi come nella regione di Tuva in cui l'amministrazione locale ricompensa con montoni, sacchi di farina e di carbone le famiglie di chi accetta di arruolarsi.

Il ministero della Difesa ha annunciato l'arrivo dei primi rinforzi in Donbass: il loro compito sarà difendere le terre “liberate”, dove tra l'altro l'annessione alla Russia consentirà la mobilitazione forzata di cittadini ucraini, oltre all'estensione dell'”ombrello nucleare”. Questo è l'interrogativo più preoccupante per il futuro: come risponderà Mosca al proseguimento dell'offensiva ucraina contro questo che di colpo è diventato per i russi territorio nazionale? Nell'invettiva contro l'Occidente Putin non ha ripetuto minacce nucleari, ma ha ricordato il precedente creato dagli Stati Uniti, «il solo Paese al mondo ad aver usato l'atomica in guerra», contro Hiroshima e Nagasaki.

Poco prima il portavoce Dmitrij Peskov aveva ribadito che ora un'aggressione alle quattro regioni sarà considerata aggressione contro la Russia, e la principale preoccupazione naturalmente riguarda il possibile spiegamento di armi nucleari tattiche, adatte a un teatro di guerra più limitato rispetto ai missili strategici. Mosse di cui gli americani non hanno registrato al momento alcun preparativo, come ha confermato ieri il segretario di Stato Antony Blinken. In base alla dottrina nucleare russa rivista da Putin nel 2020, in assenza di un'aggressione nucleare diretta una risposta nucleare è comunque autorizzata in caso di attacco convenzionale a infrastrutture vitali per l'arsenale nucleare, o in caso di attacco che comunque metta in pericolo la sopravvivenza dello Stato russo.


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