"Alla ricerca di Nemo" e la rivoluzione di Pixar - Fumettologica

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“Alla ricerca di Nemo” e la rivoluzione di Pixar

alla ricerca di nemo

Quando, il 30 maggio del 2003, Alla ricerca di Nemo arrivò nei cinema, in tanti realizzarono che il percorso artistico intrapreso da Pixar Animation Studios una decina d’anni prima non era solo un caso fortunato di ottimi film, ma un momento magico figlio di una sinergia creativa che sarebbe durata almeno fino al 2010, anno di Toy Story 3 – La grande fuga.

Dopo i primi due lungometraggi (Toy Story – Il mondo dei giocattoli e A Bug’s Life), contraddistinti da una scrittura brillante accompagnata da quella che all’epoca sembrava una rivoluzione tecnica (l’animazione 3D), si era capito che Pixar non era Disney e che, pur partendo da una sua costola concettuale (l’idea di raccontare storie con scopi educativi e puntare a un pubblico di giovani), il percorso di John Lasseter e soci sarebbe stato interessante da seguire. E la conferma arrivò poi con Toy Story 2 – Woody e Buzz alla riscossa e Monsters & Co.

I primi quattro film Pixar furono un evento cruciale che avrebbe portato l’animazione a prendere una strada di sola andata, costringendo l’intera industria (Disney compresa) a fare lo stesso. Ma la grande rivoluzione arrivò con Alla ricerca di Nemo, dove le aspirazioni poetiche furono consolidate in un film capace di mescolare con preciso equilibrio divertimento e dramma, avventura e dolcezza, tensione e profondità, tutti elementi che avrebbero rappresentato le coordinate essenziali dei film successivi, tutti straordinari per importanza e incisività (Cars, Ratatouille, Wall-E, Up e il citato Toy Story 3). Un film che, non a caso, vinse una montagna di premi – tra cui l’Oscar come miglior film d’animazione – e incassò tanto (il secondo miglior risultato del 2003 dopo Il Signore degli Anelli – Il ritorno del re).

Alla ricerca di Nemo è la storia di Marlin, un pesce pagliaccio che vive nella barriera corallina e che in un istante perde tutta la sua famiglia, sbranata da un barracuda. A sopravvivere, un solo uovo da cui nascerà il figlio Nemo, un pesciolino con la pinna atrofica. Tempo dopo, Marlin vive la sua genitorialità in una paranoia assoluta: ha paura di perdere il figlio, l’unica famiglia che ha. E, puntualmente, questo avviene. Per Marlin inizierà un viaggio nell’oceano accompagnato da Dory, un pesce chirurgo che soffre di perdita di memoria a breve termine. Nel frattempo, Nemo, finito nell’acquario di un dentista, farà di tutto per fuggire e ricongiungersi al padre.

Nella struttura narrativa, Alla ricerca di Nemo è un esempio di narrazione classica, una sorta di viaggio dell’eroe di vogleriana memoria dove però i passaggi di crescita trovano nuove e inedite rappresentazioni. Il viaggio di Marlin è ovviamente un viaggio di formazione, dove la ricerca di Nemo è, in realtà, l’occasione per (ri)trovare se stesso, ritrovare il coraggio di accettare la vita come fattore instabile e sconosciuto. Marlin è così tanto intrappolato nella paura da avere paura della vita stessa. 

C’è un momento importante nel film, quando Marlin e Dory sono dentro la pancia della balena (ribaltamento della sequenza di Pinocchio, perché in realtà qui il mammifero è amichevole): la seconda rassicura il primo, dicendogli che lei parla il balenese e che il cetaceo sta dicendo loro di lasciarsi andare e che andrà tutto bene. Lasciarsi andare nelle profondità del suo stomaco. Prima, un Marlin disperato si sbaglia e chiama Dory come suo figlio. Poi, Marlin chiede: «Come fai a sapere che andrà tutto bene?». «Non lo so!» risponde lei. In quella battuta si nasconde tutto il mistero e la bellezza del vivere, che sono il cuore pulsante di Alla ricerca di Nemo

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Alla maturazione di Marlin corrisponde, in parallelo, quella di Nemo. La struttura narrativa è infatti composta da due linee dapprima intrecciate che poi si separano, per ricongiungersi alla fine. A queste due si aggiunge il percorso di Dory che, per mancanza di tempo, non ha la profondità adeguata, pur essendo un personaggio meraviglioso nel suo affrontare le difficoltà con innocenza. Non a caso, Dory avrebbe poi avuto nel 2016 un ruolo principale nel meno riuscito Alla ricerca di Dory, dove è stata raccontata la sua storia. 

La forza di Alla ricerca di Nemo sta sì nei suoi personaggi, in cui è possibile ritrovarsi, ma anche nel suo modo di raccontarli. Gli incontri di Marlin e Nemo formano infatti una costellazione di personaggi secondari ricchi e sorprendenti, capaci di dare profondità e anche differenziazione nello sviluppo della trama.

C’è poi l’aspetto grafico. Alla ricerca di Nemo fece un ulteriore passo in avanti rispetto al già di per sé riuscito Monster & Co. di due anni prima. Agevolata dall’ambientazione marina e dalla pressoché assenza di esseri umani, l’animazione in 3D del film spinse ulteriormente sulla cura delle superfici, sulla gestione dell’illuminazione, sull’interazione dei personaggi con gli elementi circostanti, segnando un passo importante nell’evoluzione di questa tecnica e andando a posare le basi cruciali da cui si sarebbero sviluppati buona parte dei successivi dieci anni.

Alla ricerca di Nemo rappresentò oltretutto una forte frattura rispetto alla tradizione Disney di quel periodo. Un esempio eclatante è l’incipit del film, traumatico come solo pochi classici disneyani ormai distanti nel tempo avevano saputo essere (Bambi docet). Il regista Andrew Stanton ha avuto modo in seguito di spiegare come l’idea della pellicola fosse nata da un disagio avuto durante la visione de Il re leone, in particolare nella scena del Cerchio della vita (quella della nascita di Simba), che secondo lui romanticizzava il regno animale: una sequenza dove dominavano il rispetto e l’equilibrio, e la violenza sembrava quasi assente. Stanton pensò fra sé e sé: «Sapresti fare un film che assomigli di più a Bambi, in cui seguire maggiormente le leggi della natura, nella quale tutto vuole mangiarti?».

Ironia della sorte, tre anni dopo la Pixar fu acquistata da Disney. Gli effetti di questa annessione si cominciarono a vedere dal 2011 in poi (più o meno da Cars 2), quando i film dello studio iniziarono a osare meno e a optare per una maggiore standardizzazione del racconto. E allora  ancora oggi non ci resta che guardare ancora una volta a Alla ricerca di Nemo, per comprendere quanto sia stato rivoluzionario il lavoro della Pixar nella storia dell’animazione recente.

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