Cessazione attività 2023: come chiudere tutto definitivamente | Soldioggi

Chiudere un’attività è la scelta estrema di un imprenditore. Purtroppo se gli affari non vanno bene, se la crisi attanaglia e non si vede via d’uscita, la chiusura dell’impresa è l’ultima scelta, operata a malincuore.

In questa guida completa sulla cessazione attività ti spiego cos’è e come avviene in caso di ditta individuale o lavoro autonomo (libero professionista), la procedura da seguire, come chiedere all’INPS l’indennizzo per chiusura attività, come procedere al licenziamento dei dipendenti nel rispetto della normativa, se e quando versare gli ultimi contributi INPS, come ottenere il rimborso IVA a credito ed infine come svendere le rimanenze, in liquidazione totale.

Cos’è e come avviene

Cessare un’attività, significa non solo chiudere la partita IVA, ma anche tutte le posizioni relative all’impresa:  posizione INPS, INAIL, IVA, comunicazione al SUAP – Sportello Unico Attività Produttive – del Comune (in caso di impresa commerciale), comunicazione alla Camera di Commercio, chiusura dei contratti di luce, gas, telefono, disdetta dell’eventuale affitto, gestione delle eventuali rimanenze di magazzino, etc.

Procedura

Innanzitutto bisogna fare alcune differenze:

  • Tipo di impresa: la cessazione di una ditta individuale o di una partita IVA libero professionista/lavoratore autonomo è molto più semplice rispetto a una società di persone (snc, sas, ss) e rispetto a una società di capitali (spa, sapa, srl, srls).
  • Ditta individuale e lavoro autonomo: cessazione ditta individuale, attività da lavoro autonomo, agente di commercio, prevedono la stessa procedura di chiusura.

Ditta individuale

Adempimenti previsti. Se devi chiudere una ditta individuale o un’attività di lavoro autonomo, la procedura è piuttosto semplice: esiste una comunicazione unica, con la quale chiedere a tutti gli enti Agenzia delle Entrate, Camera di Commercio, INPS, INAIL…) la cessazione dell’attività. In pratica non devi avvisare uno ad uno i singoli enti, ma inviare una sola comunicazione. Questa comunicazione si chiama ComUnica.

Attenzione

Se appartieni a una categoria con una specifica cassa di previdenza (per esempio medico, psicologo, biologo, ecc.) finora hai pagato i contributi non all’INPS ma alla tua casa di previdenza. Nel tuo caso, oltre a ComUnica, devi anche comunicare la cessazione anche all’ordine professionale a cui appartieni, inviando la copia della chiusura partita IVA dell’Agenzia delle Entrate.

Attività aperta prima del 2010

Se avevi aperto partita IVA prima del 2010, ossia prima dell’arrivo di ComUnica, allora non puoi usarla per la cessazione. In questo caso devi inviare all’Agenzia delle Entrate il modello AA9/12 (online tramite raccomandata A/R oppure recandoti di persona). L’Agenzia delle Entrate ti rilascia quindi una sorta di “attestato” di cessazione attività e con quest’ultimo devi presentarti a INPS, INAIL e CCIAA per chiudere le rispettive posizioni.

Costi

I costi della chiusura di una partita IVA sono piuttosto irrisori. Tra marche e bolli vari, spendi al massimo 50 euro. Questo chiaramente se te ne occupi tu, ma se ti rivolgi a un professionista, per esempio a un commercialista, devi pagare il suo compenso. Ma anche in questo caso non si tratta di cifre assurde: sui 100 euro.

Chiusura ditta commerciale: comunicazione al SUAP del Comune

In passato, per chiudere un’attività commerciale (un negozio di parrucchieri, di estetista, un bar, etc.) occorreva inviare al Comune la SCIA. Il Ministero dello Sviluppo Economico (ris. n. 72134/2014) ha chiarito che è sufficiente inviare al Comune la “comunicazione di cessazione” entro 30 giorni dalla chiusura dell’attività.

Di seguito puoi scaricare il modello redatto dal MISE (ministero dello Sviluppo Economico) da consegnare al Comune per la comunicazione cessazione attività:

Scarica subito il modulo fac simile PDF per comunicare la chiusura attività commerciale al Comune.

Indennizzo

Se stai chiudendo la tua attività e possiedi requisiti specifici, hai diritto a un indennizzo mensile pagato dall’INPS fino al giorno in cui maturerai i requisiti e l’età per la pensione (art. 1, co. 283 e 284 Legge n. 145/2018). Si tratta di un aiuto statale rivolto a imprenditori e commercianti che, a causa della crisi, sono costretti a chiudere la propria attività ma ancora non hanno l’età per la pensione. Ecco i requisiti previsti per avere diritto all’indennizzo.

Requisiti indennizzo per chiusura attività commerciale

Hai diritto all’indennizzo se sei un commerciante in possesso dei seguenti requisiti:

  • Età: 62 anni compiuti se sei uomo; 57 anni compiuti se sei donna;
  • Iscritto alla Gestione INPS da almeno 5 anni.

Per ottenere l’indennizzo, chiaramente, devi anche aver chiuso definitivamente la tua attività, dunque aver chiuso partiva IVA, cancellato l’attività dalla Camera di Commercio, riconsegnato al Comune l’autorizzazione attività commerciale e quella eventuale per la somministrazione di cibi e bevande.

L’importo dell’indennizzo è pari a 513,01 euro.

Puoi presentare la domanda all’INPS, tramite il sito internet, il call center oppure tramite un patronato.

Licenziamento

Purtroppo al momento della chiusura attività, all’imprenditore si presenta un altro problema di non poco conto, anche sotto il profilo emotivo: il licenziamento collettivo del personale impiegato. In caso di chiusura attività, l’imprenditore licenzia i dipendenti per giustificato motivo oggettivo, spesso non ha via d’uscita, dunque il licenziamento collettivo è legittimo (Cassazione, sentenza n. 7417/1994).

Per la procedura di licenziamento, l’azienda deve rispettare gli obblighi previsti dalla Legge n. 223/1991, che ha lo scopo di tutelare i lavoratori dipendenti in un momento così delicato e aprire per loro le possibilità di natura previdenziale previste dall’INPS. Ecco gli adempimenti da rispettare:

  1. Licenziamento scritto. Il datore di lavoro deve comunicare il licenziamento per iscritto, rispettando i tempi di preavviso previsti dal CCNL;
  2. Comunicazione (art. 4 co. 9 L. n. 223/1991). Entro 7 giorni, il datore di lavoro deve comunicare i nominativi dei dipendenti licenziati, dati anagrafici, di residenza, livello e mansione, età e carichi di famiglia ai seguenti soggetti:
  • Ufficio regionale del lavoro;
  • Commissione regionale per l’impiego;
  • Associazioni di categoria.

Ticket licenziamento

Se stai licenziando i tuoi dipendenti per chiusura attività, devi versare all’INPS il cosiddetto ticket di licenziamento, pagandolo con modello F24. L’importo del ticket è pari a:

  • 41,73 euro per ogni mese di lavoro, se il dipendente licenziato lavorava da meno di un anno nella tua impresa;
  • 500,79 ogni anno di anzianità, quindi per esempio se il dipendente licenziato lavorava da due anni, devi versare un ticket di 1.001,58 euro;
  • 1502,37 per ogni dipendente con almeno tre anni di anzianità lavorativa nella tua impresa.

Dipendente in maternità

Stai chiudendo la tua attività e c’è una lavoratrice che si trova in maternità. Come probabilmente già sai, la legge impone il divieto di licenziamento della lavoratrice madre in maternità e comunque fino al compimento di un anno di età del bambino.

C’è però un eccezione: l’impresa può licenziare la donna se ricorrono entrambi i requisiti (art. 54 co. 3 lett. b) del D.Lgs. n. 151/2001):

  1. È assunta presso un’azienda;
  2. L’azienda in questione sta cessando l’attività.

Dunque se l’azienda chiude durante la maternità, non sussiste il divieto di licenziamento e la lavoratrice può essere licenziata.

Dipendente in malattia

Se un dipendente è in malattia, l’azienda solitamente non può licenziarlo, perché ogni CCNL prevede un periodo di comporto, ossia un periodo in cui l’azienda è obbligata a mantenere il suo posto di lavoro.

Purtroppo però, in caso di cessazione dell’attività si deroga al principio generale, dunque se la cessazione dell’attività sopraggiunge nel momento in cui un dipendente è in malattia, l’impresa cessante può licenziarlo, anche se è ancora nel periodo di comporto.

Contributi INPS

Se stai per chiudere l’attività, devi pagare i contributi previsti fino al giorno di chiusura. Dopo la chiusura dell’impresa, non devi più pagare contributi. Grazie a ComUnica, ossia la comunicazione unica valid per tutti gli enti (Agenzia delle Entrate, INAIL, INPS, CCIAA), l’INPS viene a conoscenza della chiusura della tua azienda.

Ad ogni modo, dalla cessazione attività ne consegue anche la cessazione dell’obbligo di versamento dei contributi INPS, che tu abbia notificato la chiusura o meno all’INPS. È questa la conclusione della sentenza n. 1220/2011 del Tribunale Catania – Sez. Lavoro.

Liquidazione totale

In caso di cessazione di un’attività commerciale, la scelta più diffusa dell’imprenditore è quella di avviare una svendita, una liquidazione totale. Non c’è nessuna limitazione al periodo dell’anno: puoi fare la tua liquidazione totale quando vuoi, in qualunque periodo dell’anno.

Prima di iniziare la svendita (due/tre settimane prima) devi inviare al Comune una comunicazione, con l’inventario delle merci da vendere e sconto applicato.

Attenzione

Consulta le leggi regionali, perché ogni regione può prevedere alcune regole diverse.

La svendita totale può durare massimo 13 settimane, quindi circa 3 mesi. Solo per la Regione Lazio, le leggi regionali impongono una durata massima di 6 settimane.

Rimborso IVA

Se quest’anno hai avuto un credito IVA e stai per chiudere la tua attività, sicuramente ti stai anche chiedendo come recuperarlo, visto che, chiudendo l’attività, l’anno prossimo non presenterai la dichiarazione IVA (con cui di solito hai compensato i crediti).

Non potendo più chiedere la compensazione IVA, hai un’alternativa: puoi chiedere il rimborso all’Agenzia delle Entrate. Per chiederlo, hai tempo dieci anni dalla cessazione dell’attività (termine di prescrizione).