Vizio di forma: il significato del film di Paul Thomas Anderson

Vizio di forma: il significato del film di Paul Thomas Anderson

Vizio di Forma è un film diretto da Paul Thomas Anderson con protagonisti Joaquin Phoenix, Josh Brolin e Owen Wilson: ecco la nostra spiegazione.

Confusionario, complesso e unico. Questi sono i primi tre aggettivi che vengono in mente per definire con tre semplici parole Vizio di forma (Inherent Vice), il settimo film del geniale regista americano Paul Thomas Anderson, realizzato con la partecipazione di Joaquin Phoenix, Josh Brolin e Owen Wilson.

Ambientato nella psichedelica e anticonformista Los Angeles degli anni Settanta, il lungometraggio dello statunitense Anderson segue le vicende dell’investigatore privato Larry “Doc” Sportello – interpretato da un magistrale Joaquin Phoenix – che viene contattato dall’ex fidanzata Shasta (Katherine Waterston) che gli domanda di evitare che il suo amante, il miliardario Mickey Wolfmann (Eric Roberts), venga internato dalla moglie e dall’amante di questa. Accettando di aiutarla senza rifletterci due volte, al contempo Doc intraprenderà un viaggio psichedelico, illogico e stravagante, in cui vivrà situazioni irreali e in cui incontrerà personaggi bizzarri.

Sebbene a una prima occhiata la trama del film possa sembrare semplice, lineare e, a tratti banale, risulta necessaria una spiegazione del vero significato di Vizio di forma, un lungometraggio dalla struttura labirintica, definito dall’esplicita avversità che il regista ha provato in questo film nei confronti delle spiegazioni logiche e razionalmente sensate e definito da una complessità sia interpretativa che narrativa.

Vizio di forma: il significato del film di Paul Thomas Anderson

Significato "Vizio di forma" cinematographe.it

Diretto nel 2014, Vizio di forma si presenta come la letterale traduzione cinematografica dell’omonimo romanzo scritto nel 2009 dallo scrittore statunitense Thomas Pynchon, uno dei massimi esponenti della letteratura postmoderna, i cui scritti non erano mai stati adattati prima di allora: la complessità della sua produzione artistica, caratterizzata da una narrativa labirintica e densa di dettagli, ha infatti spaventato tutti i registi. Tranne il sopracitato Paul Thomas Anderson che, divergendo dalla narrazione originale del romanzo solamente per piccoli dettagli – quali, per esempio, la scelta della voce narrante -, ha deciso di produrre un’opera cinematografica che necessita di un notevole sforzo – e, conseguentemente, di tanta attenzione – da parte del suo pubblico. Ma, tralasciando tutte le difficoltà che Vizio di forma concerne, qual è il vero significato del lungometraggio?

Malgrado ogni apparenza, è necessario specificare che Vizio di forma non è il mero racconto della vita di un investigatore privato che cerca di salvare la vita all’ex fidanzata. Dalla natura profondamente allegorica, il film con Joaquin Phoenix è, in realtà, una proiezione onirica generata dalla mente del protagonista, lontano dagli stilemi della tradizione cinematografica dei racconti noir. Un’interpretazione, questa, che viene manifestata dall’autore attraverso la locandina, in cui l’universo di Vizio di forma viene partorito dalla testa del protagonista in un turbinio di colori che riesce a inghiottire tutto. Come se tutte le situazioni fossero, sotto sotto, frutto dell’immaginazione del detective, deviata a causa del frequente uso di marijuana e droghe più pesanti.

Tale interpretazione non viene confermata unicamente dalla locandina, ma anche da altre scelte stilistico-narrative, quali il frequente uso della dissolvenza incrociata – che è un succedersi continuo di allusioni alla dimensione onirica della narrazione -, le scene degli incontri con Shasta – due in totale, in cui il protagonista si trova sempre sdraiato sul divano, quasi come se fosse un riferimento al sonno – e il casuale imbattersi in personaggi che fanno progredire la sua investigazione senza che il detective debba agire in prima persona.

Dividendo la critica in due fazioni nettamente distinte e contrastanti, Vizio di forma è stato accusato d’insensatezza e incoerenza: esplicitando la palese volontà di non voler assolutamente risolvere la narrazione in un modo che fosse anche lontanamente logico, Paul Thomas Anderson ha dato vita a un film che rappresenta una fonte di frustrazione per gli spettatori che necessitano di una coerenza assoluta e priva di difetti, anche se, alla fine, il suo significato non è così oscuro e complesso.