Brian Gilcrest ha lasciato la US Air Force per prestare i propri servizi a Carson Welch, un milionario che tratta affari col governo per la gestione dei satelliti nello spazio. Dopo un incidente accaduto in Afghanistan l'uomo accetta un nuovo incarico che lo porta a fare ritorno alle Hawaii, dove ha lasciato, oltre a gran parte del proprio passato, anche l'ex moglie Tracy, ora felicemente sposata con un altro soldato e con due figli dalla paternità dubbia. Sulle isole Brian deve supervisionare il lancio di un satellite spia super-avanzato e, con la collaborazione del capitano Allison Ng, una bionda ragazza dai ferrei principi, tenta di ottenere il benestare dei nativi del luogo.
In Sotto il cielo delle Hawaii, con il passare dei giorni il rapporto tra Brian e Allison rischia di oltrepassare i confini di una relazione solamente professionale, anche se la crisi coniugale di Tracy col marito crea ulteriore elemento di disturbo nella già incasinata vita di lui. Brian presto si troverà di fronte ad un bivio non solo in campo sentimentale ma anche in quello etico, quando una sua scelta potrebbe cambiare per sempre il corso di una nuova, potenziale, rincorsa al riarmo tale da mettere a rischio la stabilità e la pace mondiale.
Quasi innamorati
Vero e proprio flop al botteghino, con soli 26 milioni di dollari d'incasso a dispetto degli oltre 50 di budget, Sotto il cielo delle Hawaii è un'operazione nata e cresciuta sotto i peggiori auspici, come conferma anche la pretestuosa accusa di whitewashing mossagli contro per la caratterizzazione del personaggio di Allison Ng, la quale si descrive per un quarto cinese e per un quarto hawaiano, quando ha in realtà la bionda chioma e gli occhi verdi di Emma Stone. Scelta non proprio consona, siamo d'accordo, ma vista la natura fittizia del personaggio e dell'intero racconto la critica pare quanto meno forzata, laddove son ben altri i difetti da riscontrare nei cento minuti di visione. A quattro anni dal convincente La mia vita è uno zoo (2011), il regista Cameron Crowe, la cui carriera conta tra gli altri cult quali Jerry Maguire (1996), Quasi famosi (2000) e il remake Vanilla Sky (2001), opta per uno script dal sapore leggero tentando di seguire la migliore tradizione delle commedie a stelle e strisce d'altri tempi, con tanto di citazioni più o meno volute nel tratteggio relazionale tra i due protagonisti, che guarda almeno inizialmente ad un grande classico come Ero uno sposo di guerra (1949), ma tutte le ambizioni di partenza vanno ben presto deluse da una messa in scena priva di verve e ispirazione che si trascina stancamente fino al prevedibile happy ending.
Non c'è due senza tre
L'impressione di avere a che fare col classico "film cartolina" è confermata dallo sguardo paesaggistico e superficiale rivolto in fase di sceneggiatura al folklore locale, con la presenza dei nativi quali figure di supporto ad un passaggio chiave alla trama principale e quel sapore esotico ed idilliaco che le Hawaii sembrano qui garantire, non instillando mai un dubbio sul fatto che le cose possano andare storte nella nascente love-story tra i due personaggi principali. Una colonna sonora ad hoc, comprendente anche pezzi dei Rolling Stones, villain dallo sguardo sornione e rassicurante (in questo caso quello di un Bill Murray sottotono) e un menage a trois platonico che non decolla mai in scenate di gelosia o passione, rendono il procedere degli eventi di una piattezza disarmante, tra feste e balli sfrenati dove l'amore e i buoni sentimenti sono destinati sempre e comunque a trionfare.
L'ultima parte tenta una sortita dalla sfumature vagamente tensive/avventurose, ma è troppo poco per rivitalizzare l'inerzia narrativa generata in precedenza e l'alchimia tra i "belli e impossibili" Bradley Cooper - Emma Stone - Rachel McAdams non risulta mai convincente, tanto che la scena più riuscita è quella che vede il protagonista alle prese con il personaggio di John Krasinski, tutta giocata su un'ironica comprensione mentale priva di dialoghi e appositamente sottotitolata per lo sguardo del pubblico.