Il notaio che portò in vacanza papa Wojtyla: «Sciammo, a cena parlammo di fenomeni paranormali: poi la grappa di Pertini» | Corriere.it

Il notaio che portò in vacanza papa Wojtyla: «Sciammo, a cena parlammo di fenomeni paranormali: poi la grappa di Pertini»

diPaolo Fornasari

Il notaio Gianluca Rosa, 40 anni fa, convinse il Pontefice a trascorrere 2 giorni sull'Adamello con l'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini

Il notaio che fece sciare il Papa in Trentino: «

Nel riquadro in alto il Papa che scia (Foto Lino Zani) in quello in basso il notaio Gianluca Rosa

«Non dimenticherò mai quando sedetti vicino a Giovanni Paolo II e gli diedi consigli su come sciare al meglio». Queste parole esprimono il ricordo indelebile di Gianluca Rosa, notaio trentino che oggi lavora a Salò (Brescia), che quarant’anni fa, il 16 luglio 1984, convinse papa Wojtyla - che non aveva mai visto o sentito prima - a trascorrere due giorni di vacanza sull’Adamello. Uno vide anche la presenza dell'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. 

Come riuscì a contattare il Pontefice e a invitarlo sull'Adamello?
«Un ingegnere trentino aveva una vecchia villa, con tenuta agricola, sui Colli Albani e, dovendo io passare un periodo a Roma per frequentare la scuola di preparazione al concorso notarile, me la prestò. Passai quindi qualche mese nella villa, molto grande, da solo, e la solitudine che provai mi portò spesso a pensare alla solitudine del Papa. Pian piano si fece così strada in me l’idea di proporgli una vacanza nel posto più bello e più defilato dalle masse che conoscevo, una vacanza sull’Adamello, al Rifugio “Lobbie”, dove trascorrevo parte delle mie estati facendo il maestro di sci. L’idea prese forma in una lettera molto spontanea nella quale, specificai, che avrebbe potuto farsi accompagnare addirittura da un maestro di sci polacco che in inverno lavorava nella mia scuola a Madonna di Campiglio».

E invece vollero che l’accompagnatore fosse proprio lei…
«Non solo, Monsignor Stanislao Dziwisz, l’allora segretario particolare del Papa, vero artefice dell’organizzazione, volle che occupassi sempre un posto privilegiato. Ad esempio a tavola volle che mi sedessi a fianco del Pontefice, alla sua destra, e fu proprio in quella occasione che feci al Papa forse l’unica domanda che avrebbe potuto distrarlo da quella che, secondo le mie intenzioni, doveva essere per lui solo una vacanza».

Quale domanda?
«Gli chiesi perché la Chiesa era così restia ad affrontare argomenti riguardanti i fenomeni “paranormali” quelli che trascendono i limiti dell’Uomo. Ci pensò un attimo e mi rispose: “ Bisogna vedere che cosa è dell’Uomo e cosa è fuori dall’Uomo.” Lì per lì rimasi un po' deluso ma poi, ripensandoci, diedi alla sua risposta questa interpretazione: forse intendeva dire che siamo in qualche modo artefici di molte delle cose che accadono, sia di quelle che ricadono direttamente sotto il nostro controllo, che di quelle che non lo sono…»

Parlaste anche di altro?
«Parlammo dei suoi viaggi e delle nostre montagne che gli interessavano moltissimo perché suo padre vi aveva combattuto durante la Grande Guerra. Non parlammo dell’attentato che aveva subito tre anni prima… nulla doveva turbarlo nella sua piccola vacanza»

Come si svolse la giornata sugli sci?
«Papa Giovanni Paolo II arrivò al rifugio con il presidente Pertini, che ricordo non disdegnò un bicchierino di grappa. Il Papa non volle perdere tempo, tolse le vesti ufficiali, si cambiò e andammo subito a sciare sul Crozzon di Lares. Seguimmo il Papa mentre sciava stando attenti perché non mancavano i crepacci; quando avevamo il sentore che gradisse compagnia, ci avvicinavamo e parlavamo con lui, ma sempre con discrezione. Ricordo che volle fare una pausa mettendosi seduto su un masso di granito sulla cima del Crozzon e lì rimase per un po', leggendo il breviario, ammirando le montagne, in meditazione, forse pregando. Verso sera, all’esterno del rifugio, seduto su una panca, riprese la lettura del breviario. Era freddino, ma nessuno osò disturbarlo».

Come se la cavava con gli sci?
«Non era un grande sciatore, ma c’è da considerare che non aveva avuto molte opportunità e la neve del ghiacciaio non era battuta. Una volta cadde, e io lo aiutai a rialzarsi. Vedendolo perplesso mi permisi anche di dargli qualche consiglio su come posizionare il peso sugli sci. Aveva uno stile piuttosto vecchio, tipo lo sten-cristiania austriaco: puntava il bastoncino a valle, trasferiva il peso per un attimo sullo sci di monte e facendo leva sul bastoncino stesso, invertiva la direzione piuttosto bruscamente portando il peso a valle… insomma, diciamo che se la cavava».

Che cosa, secondo lei, apprezzò particolarmente?
«Direi il contatto con la natura. Era curioso, chiedeva informazioni sulle montagne ed era molto disponibile nei nostri confronti. Per esempio, la sera rimase in nostra compagnia nella cucina del rifugio: lì c’era una piccola televisione, alimentata da una batteria d’auto, e al telegiornale sentimmo che Pertini, nel frattempo sceso dalla montagna, aveva diramato la notizia della sua “fuga” sull’Adamello e lui scherzando disse: “ Chissà domani quante critiche …”

Quale è stata l’emozione più grande per lei?
«Probabilmente il vederlo pregare, si avvertiva che qualcosa stava avvenendo. Inoltre, per quanto mi riguarda, dopo che gli ebbi scritto la lettera (che a dire il vero fu indirizzata al segretario particolare, come mi aveva suggerito una centralinista del Vaticano), conobbi un periodo di eccitazione simile a quando si è innamorati, perché io assurdamente ci credevo, anche quando, parlando con le persone a me care, mi prendevano in giro … ma io continuavo a credere che l'invito sarebbe andato a buon fine».

Tra le tante persone presenti in quella giornata anche Lino Zani, figlio di Martino, all’epoca titolare del rifugio Lobbia Alta a 3040 metri di altezza sull’Adamello dove il Papa cenò: «La notizia della presenza del Papa sul ghiacciaio si diffuse perché il capo dello Stato Pertini violò l’accordo stabilito e parlò con i giornalisti che provarono, inutilmente, a chiamare per sapere se ci fossero davvero il Pontefice e Pertini». Il signor Zani rivela la cosa che a distanza di quarant’anni ricorda ancora con emozione: «A un certo punto il Papa chiese di esser accompagnato su un sasso di granito, dove iniziò a pregare in modo molto mistico: un’immagine bellissima in una giornata indimenticabile. In quel momento, siamo rimasti immobili e scese fra di noi il silenzio tipico di quando ci si ferma ad ammirare le montagne e le parole diventano inutili»

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17 maggio 2024 ( modifica il 17 maggio 2024 | 11:29)