I Tradimenti (Oh, Canada) Recensione

I tradimenti (Oh Canada): la recensione del film con Richard Gere in concorso al Festival di Cannes

18 maggio 2024
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Paul Schrader torna a collaborare con Richard Gere per la prima volta dopo American Gigolò. Il film arriverà al cinema con Be Water. La recensione di Oh Canada di Federico Gironi.

I tradimenti (Oh Canada): la recensione del film con Richard Gere in concorso al Festival di Cannes

Era il 1980 quando, con American Gigolò, Paul Schrader e Richard Gere inchiodarono allo schermo, perpetuandolo, l’immaginario di un decennio appena nato. Sono passati 44 anni, e i due tornano per la prima volta a collaborare in Oh Canada, adattamento dell’omonimo romanzo di Russell Banks, in Italia intitolato, come il film, I tradimenti.
Lucido e spietato come sa essere Schrader, anche nei suoi oramai celebri post di Facebook, I tradimenti è un film che, a partire dal bilancio esistenziale di un uomo in punto di morte, va a toccare tantissimi argomenti, compreso il rapporto tra la realtà (o la verità) e l’immagine (cinematografica e non).

Nel film Gere è Leonard Fife, osannato documentarista noto per il suo impegno politico. Divorato dal cancro, accetta di essere intervistato, alla presenza di moglie Emma (Uma Thurman), da una coppia di suoi ex allievi diventati a loro volta documentaristi. Leonard dovrebbe parlare del suo lavoro, ma quel che invece fa è raccontare - a sé stesso, alla moglie, agli altri - la verità sulla sua vita. A partire da un inganno: non era fuggito dagli Stati Uniti al Canada per evitare di partire per il Vietnam, ma per motivi decisamente meno nobili.

Quella che però sembra l’ultima confessione di un uomo che vuole togliersi dei pesi dalla coscienza (e che, dice, solo di fronte a un obiettivo è in grado di dire la verità), un ripercorrere in flashback una vita passata e sepolta, nella quale Leonard è interpretato a volte da Jacob Elordi, altre dallo stesso Gere, diventa qualcosa di diverso. Perché il film di Schrader mescola le carte, i racconti di Leonard sembrano meno coerenti e lucidi, e insinuano nello spettatore il dubbio che forse aveva ragione Emma, che Leonard stia straparlando per via della malattia e dei medicinali.
Ecco quindi, la grande ambivalenza di un’immagine cinematografica che, come viene detto esplicitamente, se da un lato è scorciatoia per la verità e per l’eternità, dall’altro può essere anche sogno, fantasia, menzogna. E eternizzazione non della vita, ma della morte.

Lo slittamento è dalla chiarezza alla confusione, che rispecchia poi quella reale del personaggio di Gere, sempre più affaticato nel parlare e racconatrsi, è messo sullo schermo da Schrader con una progressione lenta e misteriosa, nel corso della quale ci si perde nei tanti bivi di una vita trascorsa a nascondere le malefatte sentimentali del passato sotto una coperta fatta di silenzio, impegno politico, gloria professionale. Integerrimo nel pubblico e nel lavoro, Leonard non si è perdonato le fughe e le infedeltà del passato, che vuole ammettere di fronte al grande amore della sua vita prima che sia troppo tardi.

La grande e placidia vitalità cinematografica di I tradimenti crea un contrasto interessante con il racconto di un uomo malato, provato, in procinto di attraversare il confine tra la vita e la morte. Gere funziona, e Schrader gestisce bene la crescente ambiguità del film, giusto con qualche dispersione di troppo.
Ma sa cosa dire con la macchina da presa, come e quando. Senza mai voler sbandierare niente, dimostrare nulla. Solo con la voglia di raccontare una storia, un personaggio, le loro contraddizioni. Con la convinzione che il cinema possa raccontare il disordine, le luci, le ombre. Magari anche dar loro un senso, un ordine, un significato più alto. Una dimensione eterna.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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