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La Conversazione | Gene Hackman e i cinquant’anni del cult di Francis Ford Coppola

Frederic Forrest e Cindy Williams, John Cazale, i sogni, gli Oscar, la Palma d’Oro. Su Paramount+

Gene Hackman è Harry Caul ne La conversazione, un film di Francis Ford Coppola del 1974
Gene Hackman è Harry Caul ne La conversazione, un film di Francis Ford Coppola del 1974

ROMA – Nonostante il successo, il retaggio, gli Oscar, i momenti iconici e l’importanza assunta negli anni, Il Padrino ha finito, si, con lo sconvolgere la vita di Francis Ford Coppola cambiandone il destino registico, ma non nel senso migliore possibile: «Quando avevo vent’anni sognavo di poter fare un film come Un’altra giovinezza, invece feci Il Padrino che mi ha cambiato totalmente la vita. All’improvviso ero un regista importante, ma io speravo di essere soltanto un regista giovane di film sperimentali come Non torno a casa stasera». Il suo è sempre stato un cinema rischioso fatto di innovazione e idee forti. Non a caso, il primo film che Coppola produsse con quella American Zoetrope co-fondata assieme a George Lucas nel 1969, fu proprio l’opera prima del suo socio: THX-1138 – L’uomo che fuggì dal futuro, del 1971. Un’avventura fantascientifica come (im)perfetto punto di incontro tra 1984 e Buck Rogers.

La conversazione di Francis Ford Coppola fu presentato negli Stati Uniti il 7 aprile 1974
La conversazione di Francis Ford Coppola fu presentato negli Stati Uniti il 7 aprile 1974

E c’è dell’innovazione nella narrazione de Il Padrino. Figlia del vento creativo della New Hollywood, opera traghettatrice della transizione tra il cinema moderno americano e il postmodernismo e tutta avvolta nelle forme di un kolossal magnificente composto di iconografie che sono testimonianza del cambiamento: e quindi passato e presente, tradizione e innovazione. Ma non era ancora abbastanza per Coppola. Non è di certo una coincidenza se il suo film più sperimentale e libero di quella decade (negli anni Ottanta sarà Un sogno lungo un giorno) sia proprio quello realizzato subito dopo: La conversazione, del 1974, con un Gene Hackman sontuoso che racconta di intercettazioni e sensi di colpa. Un’opera che dalla sua visse di un’impareggiabile coincidenza. Le apparecchiature di sorveglianza e intercettazione utilizzate nel film erano dello stesso modello di quelle che i membri dell’Amministrazione Nixon utilizzavano per spiare gli oppositori politici prima dello Scandalo Watergate.

Cindy Williams e Frederic Forrest in un momento de La conversazione
Cindy Williams e Frederic Forrest in un momento de La conversazione

Per anni, infatti, La conversazione fu ritenuto essere la risposta coppoliana al celebre Scandalo e alle sue conseguenze socio-politiche. In realtà, però, fu tutto molto casuale e fortunoso. A parte che il film fu messo in cantiere da quella The Director’s Company società affiliata alla Paramount Pictures fondata dallo stesso Coppola, William Friedkin e Peter Bogdanovich, molto prima che il Washington Post denunciasse l’Amministrazione Nixon, ma le sue radici creative vanno rintracciate alla metà degli anni Sessanta. Precisamente nel 1966, dopo la visione di Blow-Up di Michelangelo Antonioni, che del film è dichiarata ispirazione. A detta di Walter Murch, che de La conversazione è stato montatore, tecnico del suono e consulente artistico, infatti: «Francis vide quel film e gli venne in mente di fondere il concetto di fondo di Blow-Up e i suoi temi con il mondo della sorveglianza audio». E quindi sorveglianza contro partecipazione, percezione contro realtà.

La conversazione: tra Hermann Hesse e Michelangelo Antonioni, sorveglianza contro partecipazione, percezione contro realtà
La conversazione: tra Hermann Hesse e Michelangelo Antonioni, sorveglianza contro partecipazione, percezione contro realtà

In quell’insidioso terreno narrativo, Coppola costruisce un La conversazione come racconto freddo e asettico, ma non privo di colore, che parte dalla crisi di coscienza di Harry Caul e dal ruolo e le conseguenze delle intercettazione, per poi disegnare una parabola sull’alienazione e la solitudine dell’individuo dell’epoca moderna. In questo ci viene incontro la caratterizzazione di Caul – nome comune, passato enigmatico, età indefinita, vestiario semplice e grigio, guardingo per necessità, paranoico per definizione, incapace di aver fiducia – dichiaratamente ispirata a quella non dissimile dell’Harry Haller de Il lupo della steppa di Hermann Hesse del 1927. Agente scenico impareggiabile portato in scena da un Hackman straordinario, dalla recitazione fisica e minimale, a cui Coppola cuce addosso un’esistenza stanca, infelice e invecchiata da perfetto nudnik (parola yiddish che sta a indicare una persona noiosa, statica e fastidiosa), che ad un certo punto decide di essere attivo e protagonista.

Gene Hackman in una scena de La conversazione
Gene Hackman in una scena de La conversazione

Nel graduale scatto caratteriale di Caul cresce a dismisura l’aura valoriale de La conversazione, e con essa l’aspetto sperimentale della narrazione neo-noir di Coppola. E non solo perché la paranoia di Caul diventa strumentale per giocare di ricostruzione e ricombinazione narrativa degli eventi scenici nel continuo e ossessivo riascolto dei nastri incriminanti aventi ad oggetto l’amore, i piani e il futuro di Mark (Frederic Forrest) e Ann (Cindy Williams), ma per come questa va a influire nel terzo atto. In esso, nel contrasto tra percezioni falsate e dati di fatto reali, Coppola ribalta l’inerzia scenica del racconto sconvolgendo per sempre il mondo di Caul e la sua scala di valori. Il punto di forza de La conversazione, però, la sua anima sperimentale di puro Coppola, sta nella gestione sensoriale del sonoro. Un’innovazione che ha permesso al film di evolvere da ritratto statico ed esistenziale ad avvincente thriller hitchcockiano.

Uno dei tanti momenti onirici del film
Uno dei tanti momenti onirici del film

La scelta, infatti, di lasciare sullo sfondo riducendo i suoni ambiente per mettere in risalto il suono principale, si traduce in un inquietante e disorientante ascolto ovattato che finisce con il rendere La conversazione un film esperienziale che riesce nell’obiettivo di catapultare lo spettatore al centro della scena così da renderlo testimone di una registrazione, o per dirla in altri termini: intercettatore dell’intercettato. Un’intuizione di Coppola sposata in pieno da Murch: «Sebbene il film riguardi la privacy, è il suono l’elemento centrale. Ho suggerito quindi a Walter di occuparsi del montaggio delle immagini oltre che delle tracce sonore. Non era qualcosa che aveva mai fatto prima, non la considerava una sua specialità, ma è stato allora che ho conosciuto Walter come regista». Una componente che appare evidente nella (geniale) sequenza d’apertura che de La conversazione è il manifesto filmico.

John Cazale in un momento de La conversazione
John Cazale in un momento de La conversazione

La panoramica dall’alto della Union Square di San Francisco colpisce rendendo l’occhio incerto e a caccia di appigli. Coppola non ne dà nessuno, se non un mimo (Robert Shields, un vero mimo di strada) di cui seguiamo i movimenti accompagnati da free jazz con contaminazioni sperimentali. E ci sono tutti gli agenti scenici de La conversazione in quel prologo. Coppola consegna tutto il film allo spettatore in quella sequenza, ma è il gioco di deduzione narrativa che ne deriva, tra parole non dette, mezze frasi e movimenti sfuggenti a tenerlo incollato allo schermo. Una soluzione registica così descritta da Murch: «Non sai quale sia il punto di vista all’inizio. È chiaro solo che sei dall’alto e guardi Union Square a San Francisco, ascoltando quei suoni morbidi e fluttuanti della città al tramonto. Poi, come una linea rossa frastagliata che attraversa il panorama, arriva questo distorto racket digitale».

Uno degli shot memorabili de La conversazione
Uno degli shot memorabili del film

Il bello deve ancora arrivare però secondo Murch: «Quello che pensavi fosse il punto di vista neutrale dell’occhio di Dio è in realtà il punto di vista di un registratore segreto che sta registrando tutto questo, captando questi suoni distorti che sono le voci registrate in modo imperfetto dei bersagli, le voci della giovane coppia conversazione a volte attutita dai rumori della piazza», e lì ha inizio La conversazione per come lo abbiamo imparato ad amare. Una sequenza, tra l’altro, ispirata da un discussione che Coppola ebbe con Irvin Kershner (Star Wars: Episodio V – L’Impero Colpisce Ancora) a proposito di microfoni a fucile talmente potenti che se puntati alla bocca di ciascun interlocutore potevano effettivamente registrare una conversazione tra due individui in mezzo a una folla. E dire come, nonostante l’eccellente caratura filmica, nessuno credeva minimamente nel suo successo.

Un inedito Harrison Ford in una scena de La conversazione
Un inedito Harrison Ford in una scena de La conversazione

Per anni Coppola cercò di ottenere finanziamenti. Fu solo dopo il successo agrodolce de Il Padrino che la Paramount Pictures diede carta bianca in termini realizzativi e produttivi. E successe di tutto su quel set, da Hackman che proprio non riusciva a restare a lungo nei panni di Caul («Era davvero un personaggio stitico, difficile da interpretare, perché di basso profilo») rendendolo lunatico e irritabile, al DoP Haskell Wexler che fu licenziato da Coppola in corso d’opera per divergenze creative e poi sostituito da Bill Butler. La ragione era che Wexler – cui dobbiamo la resa della mitologica sequenza d’apertura – vedeva l’immagine de La conversazione di un sapore romantico alla Il Caso Thomas Crown, quando Coppola la immaginava più in suggestioni da cinéma vérité. Non ultimo, un cut preliminare da quattro ore e mezza con un’intera sottotrama di Harry e i suoi vicini di casa del tutto sforbiciata.

Il climax (leggendario) del film
Il climax (leggendario) del film

Nelle sale statunitensi, La conversazione ci arriverà il 7 aprile 1974, incassando poco meno di 4 milioni e mezzo di dollari world-wide. Abbastanza, però, da arrivare a Cannes 27, nell’edizione più new-hollywoodiana mai registrata. In concorso assieme agli statunitensi Gang (Robert Altman), L’ultima corvé (Hal Ashby), Il mediatore (Robert Mulligan), Sugarland Express (Steven Spielberg), il film di Coppola finirà con l’essere insignito della Palma d’Oro. La seconda arriverà a stretto giro, nemmeno cinque anni dopo, con Apocalypse Now. Nonostante il successo europeo, però, agli Oscar 1975 il film resterà a guardare. Appena tre nomination (Miglior sonoro, Miglior film, Miglior sceneggiatura originale), nessuna vittoria. Tutta la gloria sarà destinata al fratello coppoliano Il Padrino – Parte II, a conferma di come a Hollywood, quello di Coppola e Il Padrino, fosse un binomio praticamente inscindibile e inscalfibile, ma di film della caratura de La conversazione ne nascono davvero uno ogni decade.

Nel cast anche Robert Duvall
Nel cast anche Robert Duvall

Non a caso, talmente forte, universale, e d’impatto nella sua peculiarità narrativa, La conversazione (lo trovate su Paramount+, Prime Video e Apple TV+), da risultare più che mai attuale. Le facili implicazioni nixoniane degli anni Settanta del contesto storico-sociale di riferimento, hanno finito, infatti, con il lasciare posto, in tempi recenti, alle conseguenze del Patriot Act e quindi ragionare e discutere di privacy, controllo delle Autorità e libertà dell’individuo. In ogni caso, uno dei film di cui Coppola va estremamente fiero, perché espressione del suo Io registico autentico: «Ogni film che realizzo è un esperimento in preparazione a quello successivo. Non ho mai fatto quello che intendevo fare, ovvero essere davvero uno scrittore di materiale originale. L’ho fatto solo in due occasioni: Non torno a casa stasera e La conversazione e per questo motivo non sono stato all’altezza delle mie aspettative».

Nei cinema italiani, La conversazione fu distribuito il 26 settembre 1974
Nei cinema italiani La conversazione fu distribuito il 26 settembre 1974

E parliamo di un autore che negli anni ha firmato almeno quattro capolavori insindacabili (Il Padrino, La conversazione, Il Padrino – Parte II, Apocalypse Now), e i cui film minori (Un sogno lungo un giorno, I ragazzi della 56° strada, Rusty Il Selvaggio, Cotton Club, Giardini di Pietra, Tucker – Un uomo e il suo sogno, Dracula di Bram Stoker, L’uomo della pioggia – The Rainmaker) farebbero la fortuna di qualsiasi altro regista. Ma se chiedete a lui, a Coppola, vi dirà che c’è solo un’ambizione nel suo credo registico: «Sono un costruttore. Vorrei costruire una città: se qualcuno mi dicesse: Cosa vuoi fare?, io direi: Voglio costruire una nuova città, voglio costruire una nuova società», e questo ci porta all’attesissimo Megalopolis. Il ritorno in pompa magna di Coppola a Cannes sarà molto più che un semplice film, ma quella è tutta un’altra storia…

  • LONGFORM | Il Padrino, la storia del più grande film di tutti i tempi
  • PREVIEW | Megalopolis, perché aspettarlo?
  • LONGFORM | Apocalypse Now, quarantacinque anni dopo

Qui sotto potete vedere il trailer del film: 

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