“L’ira di Dio” di Costanza DiQuattro: il libro che racconta il terremoto devastante del 1693 in Sicilia - la Repubblica

Cultura

“L’ira di Dio” di Costanza DiQuattro: il libro che racconta il terremoto devastante del 1693 in Sicilia

“L’ira di Dio” di Costanza DiQuattro: il libro che racconta il terremoto devastante del 1693 in Sicilia

E’ stato il sisma più forte mai avvenuto in Italia. L’autrice ragusana lo racconta in un romanzo che omaggia una terra capace di rialzarsi dopo la caduta

2 minuti di lettura

C’è la sua amata Sicilia, nobile e fiera. C’è la cornice storica rivolta come sempre all’indietro, altro tratto immancabile dei romanzi di Costanza DiQuattro, che questa volta però tradisce quell’universo di fine Ottocento a cui ci aveva abituato nei suoi precedenti lavori per portarci ancora più in là nei secoli, nell’ultimo scorcio di Seicento. Ma soprattutto ancora una volta – dopo il barone Corrado Arezzo, protagonista di Donnafugata, con cui la scrittrice siciliana ha esordito nella narrativa nel 2020; dopo il monsù Fortunato o il farmacista Antonio Fusco, con il vizio del gioco d’azzardo che cerca redenzione nell’amicizia con un ragazzino malato e senza futuro, intorno al quale gira Arrocco siciliano pubblicato poco più di un anno fa – ritroviamo un altro personaggio maschile tormentato.

Padre Bernardo L’Arestia Corbara è un parroco di periferia, dissoluto e disobbediente, travolto dall’amore e dal dubbio, che senza vocazione né convinzione, piuttosto costretto dalla nobile famiglia da cui proviene, si è votato a Dio ma tra questo e la passione per una donna non esita a scegliere la seconda vivendo nel peccato. Su di lui, almeno secondo l’opinione della piccola comunità iblea che lo sfugge disertandone la canonica, si abbatte l’ira di Dio, che dà il titolo al romanzo. E cioè il violentissimo terremoto che l’11 gennaio 1693 distrusse tutto il Val di Noto: uno degli eventi sismici più devastanti della storia d’Europa, in assoluto il terremoto più forte registrato in territorio italiano, con una magnitudo pari a 7,31, sessantamila vittime e 45 centri abitati distrutti, ci dice l’autrice in una nota. Sottolineando come è proprio dalle ceneri di questo evento catastrofico – il suo sciame sismico è proseguito per tre anni – che è poi sorta una delle zone architettoniche più belle del mondo. Il tardo barocco siciliano è figlio infatti di quelle rovine.

E alla sua Sicilia, che cade e si rialza, con questo libro e con la storia di Bernardo, in cui si specchia la natura stessa dell’uomo che pur nello sconforto trova la forza di andare oltre, ha voluto rendere omaggio. L’ira di Dio, quarto romanzo di Costanza DiQuattro, nata nel 1986 a Ragusa dove vive e, oltre a scrivere, dirige il Teatro Donnafugata, è infatti un inno alla rinascita, prima di tutto della sua terra e degli uomini che lì hanno innalzato monumenti alla bellezza. Uomini attraversati da contraddizioni e dubbi che padre Bernardo, benché frutto della fantasia dell’autrice, incarna alla perfezione.

Con la sua parabola di dannazione e redenzione – sin da quando lo vediamo, nelle primissime pagine, prepararsi a dir messa come «un uomo condotto al patibolo»; pieno di veleno per la madre baronessa che vede come «il dimonio»; innamorato della procace perpetua Tresina e di quel figlio neonato che solo per pochi giorni riesce a stringere tra le braccia; accecato dal lutto per una felicità che il terremoto gli ha strappato di mano; infine illuminato dal progetto di rinascita umana e insieme urbanistica – è proprio nella figura di Bernardo L’Arestia, così ben tratteggiata, che Costanza DiQuattro dà prova di una ulteriore maturità nella scrittura.

E nel ritratto corale di un’umanità che tutto ha perso eppure non volta le spalle alla «felicità di scoprirsi vivi, capaci di rialzarsi dopo essere caduti» si celano alcune tra le pagine più belle di tutto il romanzo. Un’umanità che ha il sorriso rassicurante di Bernardo, «dominato dalle passioni e vinto dalle responsabilità», ma anche i volti di suo fratello Eligio e del chierichetto Gasparino sui quali non campeggia mai il rimpianto della mutilazione, di padre Costante amico di una vita che non condanna anche là dove non approva, di «U ciumararu», la «Mecia» e le due zitelle, unici fedeli che frequentano la chiacchierata canonica del peccato. Un’umanità infine che l’autrice ci porge attraverso una sapiente miscela di registri alti – soprattutto nelle descrizioni di Ibla «sciupata e stanca», con le case addossate sulle case e le chiese a coprire altre chiese – e incursioni dialettali che contribuiscono a dare vita a figure ataviche e perciò memorabili. E che confermano quanto, nel restituirci questo affresco corale della sua Sicilia, Costanza DiQuattro continui a lasciarsi ispirare dalla lezione dei Grandi. A cominciare dal suo amatissimo Verga.

Il libro

L’ira di Dio di Costanza DiQuattro (Baldini + Castoldi, pagg. 272, euro 19)

I commenti dei lettori