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I Bronzi di Riace tra attese e scoperte

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Bronzi di Riace archeostatuaria


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Sono trascorsi quasi cinquantadue anni dal famoso 16 agosto 1972 quando venne dichiarato l’avvistamento di un gruppo di statue in bronzo nelle acque di Riace (RC).

Un ritrovamento che, a distanza di mezzo secolo, non ha ancora svelato il mistero delle statue scomparse, né quello che avvolge l’identità dei bellissimi guerrieri di bronzo.

A queste lecite domande si attende ancora una versione veritiera dell’evolversi dei fatti a cui si aggiunge l’amaro dei cittadini rimasti di stucco di fronte alle rivelazioni concernenti le indagini subacquee dell’agosto 2004, ad opera di un mecenate americano, George Robb.

Questi, ‘autorizzato’ ad ispezionare le acque a bordo della sua motonave Hercules, individuò circa 400 oggetti metallici, che, nel frattempo, non si sa che fine abbiano fatto.

Quanti reperti saranno sopravvissuti alla razzia dei depredatori?

È passato quasi un anno dallo straordinario rinvenimento da parte dell’esperto sub e giornalista Giuseppe Braghò, in un punto vicino a dove furono scoperte le famose sculture, di un bulbo oculare la cui forma, materiale e grandezza corrispondono perfettamente ad una statua delle dimensioni dei Bronzi.

Anche se è sempre più probabile che non sia in relazione con nessuno dei due guerrieri, privi ambedue di un occhio, potrebbe rappresentare l’elemento chiave che riconduce direttamente ad un’altra statua, ancora giacente o trafugata.

Purtroppo, nessuna dichiarazione è stata ancora rilasciata dalla Soprintendenza e, nonostante l’interminabile ricerca della verità, il mistero, anziché appianarsi, si infittisce.

In una recente conferenza, lo stesso Braghò ha dichiarato che la nave del mecenate Robb non solo avrebbe individuato, a notevoli profondità, centinaia di anomalie metalliche, ma che i radar avrebbero segnalato una massa metallica delle proporzioni di una scultura classica, esattamente della mole dei Bronzi. Segnalazione prontamente rimossa dal report e, quindi, non consegnata alle autorità!

Verrebbe da chiedersi: come mai simili attrezzature non sono state adoperate dai nostri esperti?

Perché di tutto ciò si è venuto a conoscenza solo recentemente, grazie alla pubblica dichiarazione di un cittadino e non di un ente?

Ma, tornando ai nostri cari guerrieri senza nome, le ricerche sulla loro identità non si sono mai fermate e oggi, anche grazie all’archeostatuaria, la scienza che studia l’anatomia fisica delle statue, la gestualità, i muscoli, la postura e che ci permette di stabilire non solo quale disciplina praticassero ma anche peculiarità sulla loro fisicità, ci sarebbero elementi fondamentali per poter avanzare nuove ipotesi.

Anche se i corpi si presentano perfetti in ogni dettaglio, studi anatomici hanno individuato delle irregolarità, probabilmente attribuite ai modelli a cui gli scultori si sono ispirati per modellare le statue, difetti a cui, anticamente, non si dava importanza, poiché l’intento era di esaltarne l’indiscussa bellezza e virilità attraverso la muscolatura e le proporzioni fisiche.

Durante l’epoca classica, chi meritava l’onore di una statua?

Sappiamo, dalle fonti storiche, che durante il V sec. le sculture riproducevano divinità, trionfatori delle sacre Olimpiadi o condottieri con grandi meriti militari. Tali figure dovevano rappresentare la perfezione classica, per cui non si ritraevano i vincitori, ma si creavano statue in loro onore, eccetto i casi in cui il personaggio in questione non fosse risultato vittorioso per tre volte consecutive ai sacri giochi olimpici e, in quel caso, gli scultori ne avrebbero ricalcato i tratti somatici.

Solo dal sec. III si inizierà a realizzare sculture su commissione, riproducendo, seppur entro i canoni della statuaria greca, le fattezze dei committenti, come il famoso busto di Alessandro Magno, realizzato dal grande scultore Lisippo.

Ma chi erano questi guerrieri e quale disciplina praticavano?

Nonostante le numerose teorie formulate, non esiste una prova storica né scientifica che permetta di identificare, con assoluta certezza, la loro identità. Al momento possiamo solo classificarli come Bronzo A, detto ‘Il Giovane’, e Bronzo B, detto ‘Il Vecchio’.

Nessun’altra teoria, neppure la più pubblicizzata, può ritenersi attendibile.

Bisogna però riconoscere che, fra tutte quelle proposte, ce n’è una che ha un valore storico e scientifico inconfutabile e che si lega direttamente all’archeostatuaria.

Secondo il prof. Partinico, esperto di anatomia e discipline sportive, la statua B, ovvero ‘Il Vecchio’, presenterebbe numerosi elementi fisici, o meglio dei difetti, attribuiti ad un solo personaggio così importante e potente, che visse esattamente nell’epoca, e forse nella città in cui i Bronzi furono realizzati.

Studi anatomici riconducono particolari come il cranio dolicocefalo e il piede ad un personaggio descritto dagli storici esattamente con queste caratteristiche, tanto da essere soprannominato ‘Testa di cipolla’. Si tratta di Pericle, i cui busti in marmo pervenutaci riproducono la forma della testa simile a quella proposta nel Bronzo B.

Nonostante tali similitudini, non è possibile stabilire un’identità, poiché, per potersi pronunciare, è necessario visualizzare nella loro interezza tutte le statue che giacevano nel fondale e non solo le due sopravvissute alle depredazioni in un luogo denunciato alle autorità ma mai sorvegliato.

Questa grave mancanza, ha permesso a tombaroli e gente senza scrupoli, di lavorare indisturbati e portare via tesori per un numero inimmaginabile di preziosi, che oggi avremmo potuto ammirare al museo al fianco delle altre statue!

Un gruppo di eroi quindi, un’élite di guerrieri o meglio di opliti, così come venivano chiamati anticamente i guerrieri muniti di oplon, cioè di scudo, e non due statue realizzate a distanza di trent’anni l’una dall’altra, in luoghi differenti e appartenenti a diversi stili scultorei, come alcuni continuano a dichiarare.

Non ci resta che aspettare l’esito delle campagne di scavi che finalmente sono stati autorizzati, nella speranza che il mare riporti alla luce doni dal passato!

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Autore Daniela La Cava

Daniela La Cava, scrittrice, costumista, storica del Costume. Autrice di volumi sulla storia del costume dal titolo "Il viaggio della moda nel tempo". Collabora con terronitv raccontando storie e leggende della sua terra.