Lengua a’d can. Da bambino usavo i semi della pianta per i canarini, dando loro
da mangiare le spighe. Di quale pianta, ma della Plantago lanceolatain piemontese conosciuta anche come Lengua a’d can, lingua di cane. Il nome del genere ha provenienza dalla parola latina “planta” e significa “pianta del piede” con riferimento alle foglie basali che sono piatte e simili a “piante di un piede”. Il nome della specie deriva dal latino “lanceolatum” e fa riferimento alla forma delle foglie simile alla punta delle lance. Il nome scientifico della specie è stato definito da Linneo (1707 – 1778). I nomi volgari usati per questa pianta sono: Piantaggine lanciuola, Piantaggine lanceolata, Piantaggine minore, Piantaggine femmina, Lingua di cane, Cinquenervi, Arnoglossa. Nelle varie regioni ha questi noi: in Emilia-Romagna: erba di p’ chee, lanzola, leingua ad can, leingua d’oca, lengua ed can, linzola, orecia d’asan, piantazna. Lombardia: cortellana, erba cortella, lengua de cà, lengua de can. Veneto: piantagine femina, piantazemo, piantazeno. Sardegna: erba crabuna, lingua de cani, nerviada, niriada. Sicilia: centunervi strittu. Piemonte: aurigi d’aso, cugiè, cutela, fojola, lengua de can, lingua d’can, piantajo, piantia. Friuli: plantagn di save, plantagn lungh. Liguria: erba de sinque nuei, erba di quattro coste, erba nervina, lansairoera, lengua de can, luegna, sinquenui, ueggia de gattu. Calabria: cincunervi. Abruzzo: cendenierve, cinghenierve. Toscana: agnoglosso, arnoglossa, arnoglosso, capo di serpe, cinquenerbi, cinquenervi, lanciuola, lingua canina, lingua di botta, mestolaccio, orecchio d’asino, piantaggina lunga, piantaggine, piantaggine femmina. Una leggenda vuole che questa pianta sia nata da un essere umano: furono gli dei, a trasformare in piantaggine una fanciulla che per lungo tempo aspettò il ritorno del suo amato, “piantata” sul bordo di una strada. La Piantaggine si ritrova facilmente allo stato spontaneo lungo viottoli di campagna, nei prati e nei terreni incolti. Per gli antichi anglosassoni la piantaggine era erba sacra e rimedio universale. Le proprietà medicamentose della Piantaggine erano conosciute anche nell’antichità: numerosi studiosi greci e latini ci hanno tramandato notizie circa il suo utilizzo medicinale, come Dioscoride, che la consigliava per la dissenteria, mentre Plinio la definiva “erba magica” per le sue numerose proprietà curative. La Piantaggine che in passato era anche detta “Erba di Marte”, faceva parte del gruppo delle cosiddette piante “magiche”, insieme a Giusquiamo, Belladonna, Mandragora, e considerate in stretto rapporto con l’astrologia. Nel “Volo dei sette Ibis”, ad esempio, troviamo la Piantaggine fra le piante magiche dominate dal volo di Marte e perciò legata ai segni dell’Ariete e dello Scorpione. La pianta, era nel passato, utilizzata da persone appartenenti a questi segni zodiacali che soffrivano di malattie e disturbi negli apparati genitali e proprio allo stretto legame che le veniva attribuito con il pianeta Marte, la si riteneva efficace nella cura delle ferite e nel migliorare la circolazione. Il suggestivo nome inglese della Plantago,”white man’s foot” piede dell’uomo bianco, allude ai semi della pianta, che sono stati diffusi ovunque in epoca coloniale, trasportati dagli europei nei risvolti dei pantaloni. La Plantago lanceolata risulta presente sin da quando le foreste cominciarono ad essere abbattute dai contadini dell’Età della pietra circa 5.000 anni fa. Da analisi compiute sul polline trovato in torbiere e sedimenti lacustri è stato riscontrato come la pianta fiorisse abbondantemente sin da allora. Era credenza che la pianta che cresceva sui cigli delle strade, guardasse gli uomini mentre camminavano. Per questo gli si attribuivano proprietà capaci di guarire qualsiasi acciacco derivante dal camminare: dalle distorsioni al semplice mal di piedi. Nel Medioevo, quando era diffusa la stregoneria, i filtri d’amore o gli incantesimi amorosi venivano neutralizzati con l’utilizzo di pozioni contenenti piantaggine. Gli indigeni americani, i quali non la conoscevano perché sconosciuta in quel continente, capivano di essere in prossimità dell’“uomo bianco” quando rilevavano la presenza di questa pianta, che da loro fu importata. Nel 1600, veniva inserita nelle ricette dedicate alla cura della pelle delle damigelle del tempo. Per comprendere l’interesse che questa aveva nei tempi antichi si riporta qui una preghiera anglosassone ritrovata in un manoscritto probabilmente risalente all’undicesimo secolo d. C., che invoca nove piante e si riferisce anche alla Piantaggine con i seguenti versi: “E tu, Piantaggine,/ Madre delle piante,/ aperta verso l’oriente,/ potente all’interno;/ sopra di te cigolavano i carri,/ sopra di te cavalcavano le signore, / sopra di te cavalcavano le spose,/ sopra di te sbuffavano i torelli./ A tutti resistevi,/ a tutti ti opponevi./ Opponiti quindi anche al veleno,/al contagio e al male che infesta il paese.” La Piantaggine veniva utilizzata in primo luogo contro tutte le malattie degli organi respiratori, soprattutto contro il forte catarro, la tosse, la tosse canina, l’asma bronchiale e persino contro la tubercolosi polmonare. Plantago major, ha foglie grandi, larghe ed ampie e più lungamente picciolate. La Plantago lanceolata, molto comune nei luoghi erbosi in pianura, collina e bassa montagna. Alcuni utilizzano le foglie giovani, in minima quantità in insalata, nella preparazione di zuppe, oppure cotte come gli spinaci. Come foraggio invece, non è di gran profitto in quanto come tutte le piantaggini, seccando, si polverizza. Infine un ricettario magico la descriveva come una pianta in grado di influire sui cani, per via della sua somiglianza con la lingua del cane, le stesse virtù erano attribuite al Cynoglossum in quanto entrambe le piante vengono chiamate Lingua di cane. Si credeva, a seconda degli impieghi, delle composizioni e delle varianti, che avesse il potere di attirare i cani, o di renderli muti, o di immobilizzarli. Si credeva inoltre che portare addosso una radice di Piantaggine aiutasse a fortificare la memoria.
Favria, 21.05.2024 Giorgio Cortese
Buona giornata. Nella vita anche se il timore ha apparentemente sempre più argomenti, io scelgo sempre la positiva speranza. Felice martedì.
Scoutismo Cuorgnatese, quasi 30 anni di avventure.
Docenti: Maria Lucia Dall’Olio, Giulia Vironda
Il Coro dell’Unitre saluterà con una breve rassega di canti.
mercoledì 22 maggio 2024 ore 15,30 -17,00
Conferenze UNITRE’ di Cuorgnè presso ex chiesa della SS. Trinità –Via Milite Ignoto
Il movimento scout è stato fondato nel 1907 dall’inglese Robert Stephenson Smyth Baden-Powell, in breve Baden-Powell o “BP”. Baden-Powell era nato a Londra nel 1857 e a 19 anni è entrava in servizio nell’esercito reale. Questo lo ha portato nell’allora colonia inglese India, dove ha sviluppato un concetto per esplorare territori sconosciuti e dove era responsabile per la formazione degli esploratori, i cosìdetti «scouts». Al posto di dare delle direttive strette insegnava tramite il sistema “imparare facendo”. Baden-Powell aveva scoperto che i giovani erano pronti ad assumersi responsabilità se solo gli si dava la fiducia necessaria. Questa scoperta era rivoluzionaria per quel periodo, in quanto la pedagogia si fondava su un’educazione dura e autoritaria. Già da più di cento anni gli scout di tutto il mondo svolgono attività nella natura, tolleranza e una convivenza pacifica. Anche la protezione della natura e di tutta la vita gioca un ruolo importante. Il Gruppo Scout di Cuorgnè è nato nel 1995 da un gruppo di “capi” dell’Agesci di Rivarolo, con la ferma intenzione di portare lo scoutismo a Cuorgnè, il Gruppo cuorgnatese ha attualmente un centinaio di ragazzi censiti, di tutte le età.
Il piacere della buona musica,
A Valperga si trova la Chiesa di San Giorgio è un gioiello di architettura medioevale, le sue parti più antiche e il campanile, con le sue eleganti bifore marmoree romaniche, risalgono all’ XI secolo. Qui l’Associazione Amici di San Giorgio in Valperga, dal 1996 si è prefissata lo scopo di divulgare la conoscenza di questo pregevole gioiello e organizza sia visite guidate che attività culturali come i concerti giunti alla XXIII edizione. L’Associazione Onlus “Amici di San Giorgio in Valperga”, attiva dal 1996 per il restauro e la valorizzazione dell’antica Chiesa, fiore all’occhiello del territorio, dà il via alla 24esima stagione della storica rassegna musicale, in programma per il mese di giugno, con il Patrocinio del Comune , ingresso gratuito, si ringraziano i sostenitori della stagione dei concerti 2024
Programmi concerti San Giorgio XXIV
Domenica 2 giugno, ore 17,30 coro Artemusica con Carlo Beltramo pianoforte, Debora Bria direttore, Musiche di O. Gjeilo, E. Esenvalds, N. Alcala, M. Grancini, G. Aichinger, J. G. Rheinberger, F.Mendelssohn, A. Part , B. Britten
Domenica 9 giugno, ore 17,30 Trio Armonikos, Michele Mauro violino, Serena Costenaro violoncello, Erica Pompignan pianoforte, musiche di Mozart, Rachmaninov, Mendelssohn.
Domenica 23 giugno, ore 17,30 omaggio a Eugenio Fernandi: Arie e Duetti, Annalisa Garetto mezzosoprano, Dario Prola tenore, Eriberto Saulat pianoforte, Musiche di Mozart, Decrescenzo, Tosti, Pergolesi, Caldara, Puccini, Valente, Tagliaferri, Massenet, Saint Saёns, Leoncavallo, Cardillo, Gastaldon
Domenica 22 settembre, ore 17,00 concerto per la Festa di Maria Liberatrice con la cantoria di Canischio, Jesus Christ Superstar, adattamento per coro
Possibilità di visita della chiesa dalle 15,15 alle 16,00.
Senza musica, la vita è come un viaggio attraverso un deserto, la musica classica crea uno spiraglio nel cielo. La musica è una rivelazione, più alta di qualsiasi saggezza e di qualsiasi filosofia. Ciò che non si può dire e ciò che non si può tacere, la musica lo esprime come i concerti in programma nella Chiesa di San Giorgio è un gioiello di architettura medioevale
Valperga 22.05.2024 Giorgio Cortese
Buona giornata. Nella vita quotidiana il pensiero positivo vede l’invisibile, sente l’intangibile e realizza l’impossibile. Felice mercoledì.
La defenestrazione di Praga
Mercoledì 23 maggio 1618, poco prima delle nove del mattino, un nutrito gruppo di uomini armati e inferociti salì correndo al castello di Hradcany,da cui si dominava la città di Praga. Il capitano del castello, come precedentemente concordato, lasciò passare il drappello, che immediatamente si diresse alla sala del consiglio. Qui si riunivano i reggenti che amministravano il regno di Boemia in nome degli Asburgo, la famiglia reale al governo del Paese dal 1526. Quanto accadde in seguito ebbe conseguenze drammatiche in Boemia e nel resto d’Europa che in quel momento nessuno dei presenti avrebbe potuto prevedere. Nel gruppo degli aggressori c’erano alcuni dei più importanti aristocratici boemi, come il conte Enrico Mattia von Thurn, Leonhard Colonna von Fels e Albrecht Smiřický. Le agitazioni erano iniziate tre giorni prima, quando alcuni pastori protestanti avevano dichiarato davanti alle loro congregazioni che i reggenti pianificavano di mettere fine alla libertà religiosa e politica del regno. Non era vero, ma era indubbio che negli ultimi tempi le tensioni tra cattolici e protestanti non avevano cessato di crescere. La situazione politica e religiosa della Boemia era complessa. Il luteranesimo predominava nelle aree di lingua tedesca, in particolare tra gli immigrati delle città e nelle zone vicine al confine sassone. Vari aristocratici avevano abbracciato il calvinismo, una confessione teoricamente proibita all’interno del Sacro romano impero, ma che rivendicava le stesse tutele legali di cui godevano i luterani. La maggioranza della popolazione aderiva ad alcune varianti dell’utraquismo,una fede sorta dall’insurrezione hussita dei primi del XV secolo. Il cattolicesimo era seguito solo da una piccola parte dei nobili e del popolo, ma era anche la religione degli Asburgo, imperatori del Sacro romano impero e grandi paladini del papato.
Favria, 23.05.2024 Giorgio Cortese
Buona giornata. Ogni giorno scelgo di essere ottimista, mi sento meglio. Felice giovedì
Il fantasma del castello Malgrà
Adattamento testi e regia di Nicolò Agrò
Nel comune di Rivarolo Canavese, in provincia di Torino, sorge un Castello che prende il nome di “Malgrà” e che custodisce un’interessante storia di fantasmi. Edificata nel periodo tra II 1333 e il 1336 su ordine di Martino, Conte di San Martino, signore di Rivarolo e di Agliè e discendente del re Arduino, la struttura prese il nome di Malgrà. La leggenda vuole che la realizzazione del Castello avvenne malgrado il dissenso dei Valperga e dei Monferrato. La leggenda dei fantasmi nel Castello di Malgrà arriva da un terribile assassinio avvenuto secoli fa. Sembra infatti che le mura della lussuosa dimora custodiscano lo spirito di una giovane dama, Eloisa, assassinata dal marito, un capitano di ventura inglese dal nome Robino (o Robin) del Pino. Questi, si invaghi della fanciulla che, però, era già promessa sposa ad un altro uomo. Un giorno, mentre la giovane passeggiava sulle rive dell’Orco con il suo fidanzato, Robino la oltraggiò con ripetute attenzioni provocando la reazione del promesso sposo. Robino uccise il giovane e rapi la fanciulla, obbligandola a sposarlo. Dopo un po’ di tempo, il padrone del castello conobbe un’altra ragazza e senza alcun indugio si sbarazzô di sua moglie chiedendo a uno dei suoi soldati di tagliarle la gola. Da allora, il fantasma della giovane perseguitò il malvagio marito tutte le notti, portandolo alla follia e infine a un gesto estremo. Sembra che, a lungo, lo spirito della dama vagasse per le mura e i vialetti del Castello emettendo urla angoscianti. Molti avevano affermato di averla vista di notte, vestita di bianco, con la gola sanguinante e gli occhi sbarrati. L’UNITRE di Rivarolo con il Gruppo Taetrale Unitre di Rivarolo Favria Feletto Aps in collaborazione con l’associazione teatrale « L’Alfa e L’Omega de Joanne Bosco » di Caluso presentano la rappresentazione teatrale : Il fantasma del Castello, sabato 25 maggio 2024 ore 20,30 presso teatro oratorio S. Michele, via fiume 15 Rivarolo Canavese, ingresso libero ad offerta.
Partecipanti al corso e ruoli interpretati nello spettacolo : Carmen Spezzano, Eloisa il fantasma ; Furio Cavallo, Robino del Castello ; Teresina Costantino, mamma del re e Marta; Rosanna Zanetta, Elvira la mamma di Eloisa ; Fortunato Vazzana, Tonio fidanzaro di Eloisa e visitatore del castello; Franco Valle, soldato del re e parroco; Bernardo Sandrono, soldato del Re; Wilma Ferrante, Bettina amica di Eloisa; Antonella Fois, Maria amica di Eloisa; Gabriella Crivellaro, voce angelo; Roberta Galloni, presenteice e angelo ; Lucia Casciano, suggeritrice.
Corpo di ballo Rivarolo Dance Factory asd di Barbara Quintaba; Adattamenti testi e regia Nicolò Agrò ; tecnici luci e audio: Nicolò Agrò e Cristiano Giolito; scenografie e coistumi associazione L’Alfa e L’Omega de Joanne Bosco; realizzazione pieghevole Nicolò Agrò e Giovanni Cattarello ; service luce a audio, Cristiano Giolito. Infine un rigraziamento al Presidente Claudio Silva e al Direttivo dell’UNITRE di Rivarolo, Favria e Feletto ; a don Antonio Parisi, Oratorio San Michele DI Rivarolo C.se, all’Amministrazione Comunale ; alla coreografia del corpo di ballo, Barbara Quintaba, agli Amici del Castello Rivarolo C.se e, a tutti coloro che si sono impegnati per l’organizzazione dello spettacolo e a tutti coloro che, involontariamente non sono stati citati
Il voto nell’antica Grecia.
Ad Atene il sistema democratico si basava principalmente sull’assemblea, ecclesia, e sui tribunali. L’assemblea dei cittadini si riuniva circa quaranta volte l’anno, per discutere e legiferare su questioni importanti: la guerra, la pace, le alleanze, le finanze e le cariche pubbliche. Per partecipare all’assemblea bisognava essere cittadini ateniesi, maschi, adulti, liberi e nati da genitori ateniesi. Tutti gli altri non godevano di diritti politici. Il voto si esprimeva alzando la mano o usando dei sassolini bianchi o neri. I sassolini neri esprimevano il dissenso e i bianchi il consenso, infine si procedeva al computo dei voti e la maggioranza vinceva. Potere giudiziario. I tribunali erano invece organi giudiziari, composti da cittadini sorteggiati tra coloro che si iscrivevano volontariamente. Prima di esprimersi i giudici ascoltavano accuse e difese, e poi decidevano a maggioranza semplice, usando urne in cui inserivano dischetti di bronzo. La democrazia ateniese è stata una delle più avanzate e originali esperienze politiche dell’antichità, ha influenzato anche altre città greche e ha ispirato i moderni sistemi democratici.
Favria, 24.05.2024 Giorgio Cortese
Buona giornata. Ricordiamoci sempre che dietro le nuvole c’è sempre il sole. Felice venerdì.
San Dionigi.
San Dionigi viveva a Parigi, quando la città ancora si chiamava Lutetia Parisiorum. Della sua vita si conosce poco se non che fu inviato da papa Fabiano nella Gallia romana con altri sei missionari, tra cui Graziano di Tours, per predicare il Vangelo alle genti pagane. Stabilitosi a Lutetia, intorno al 258, durante la persecuzione di Valeriano, fu catturato e condannato alla decapitazione insieme ai compagni Rustico ed Eleuterio. L’esecuzione della sentenza avvenne nei pressi di Montmartre, il cui nome deriverebbe proprio dal toponimo Mons Martyrum, collina dei martiri. Secondo la leggenda agiografica più diffusa, messa per iscritto dall’abate Ilduino nell’835, e in parte accolta nel Duecento da Jacopo da Varagine nella Legenda Aurea, Dionigi si sarebbe rialzato, avrebbe raccolto la propria testa e si sarebbe incamminato verso nord, predicando lungo la strada. Dopo aver percorso circa sei chilometri giunse nel vicus Catulliacus, un fondo appartenente a una nobildonna di nome Catulla: qui si fermò e spirò. Un’altra versione sostiene invece che Catulla recuperò i tre corpi decollati a Montmartre e li trasportò fuori città per evitare che fossero gettati nella Senna. I resti dei martiri furono interrati in un sacello e qui rimasero finché santa Genoveffa, futura patrona di Parigi, intorno al 460 visitò il vicus Catulliacus e convinse la diocesi ad acquistarne le terre per erigervi una basilica dedicata, appunto, a Dionigi. L’antica chiesa di Saint-Denis, con l’annesso monastero voluto da Dagoberto nel VII secolo, fu ampliata dai re merovingi e ricostruita a partire dal 1136 dall’abate Sugerio, segnando l’esordio
dello stile gotico in Europa.
Favria, 25.06.2024 Giorgio Cortese
Buona giornata. C’è qualcosa dentro di noi che nessuno ci può toccare né togliere, se noi non vogliamo. Si chiama speranza! Felice sabato.
Bandiere d’Europa: Lituania, Lussemburgo e Francia
Nella bandiera Lituana le tre strisce orizzontali rappresentano, rispettivamente: la luce del sole e i campi di frumento lituani, giallo, le folte foreste nazionali, verde, e il concetto di patriottismo, connesso al sangue del popolo, rosso. Nella bandiera del Lussemburgo le tre bande orizzontali, una rossa, una bianca e una blu, traggono origine dallo stemma del ducato del Lussemburgo, in cui appariva un leone di colore rosso su uno sfondo a righe bianche e blu. Francia, le tre bande verticali, una blu, una bianca e una rossa, rappresentano i concetti di libertà, uguaglianza e fratellanza, “motore” della rivoluzione francese. Tali colori deriverebbero peraltro da quelli dello stemma di Parigi, blu e rosso, e dal colore della casata dei Borbone, bianco.
Favria, 26.05.2024 Giorgio Cortese
Buona giornata. Ogni giorno impariamo da ieri, viviamo per oggi e speriamo per domani. Felice. Felice domenica.
I cacciatori delle Alpi.
Nella seconda guerra d’indipendenza italiana il condottiere nizzardo si trovò nelle condizioni che reputava ideali per poter combattere contro gli Austriaco con il ruolo di Maggiore generale del Corpo dei Cacciatori delle Alpi. volontari attratti alla causa risorgimentale e dal carisma dell’eroe e incorporati nell’esercito sardo, al quale era state affidato il compito di pungolare il nemico nella fascia pedemontana, lasciando che fosse il suo intuito militare a definire la modalità con le quali portare a termine. Libero da condizionamenti, il generale centrò l’obiettivo attuando un’efficace guerra di movimento costruita su dissimulazione, spostamenti repentini e velocità d’esecuzione, diventando l’incubo di von Urban, costretto a inseguire un fantasma. Garibaldi dapprima marcio su Arona, facendo così credere di volere costeggiare il Lago Maggiore, quindi la notte tra il 22 e 23 maggio del 1859 con un rapido dietro front varcò il il Ticino e la notte successiva entrò a Varese sotto una pioggia battente, accolto da una folla festante. Il contingente inviato da Urban, che era di stanza a Como, giunse nei pressi della città soltanto il 26 . Nel successivo scontro 3.000 Cacciatori senza cannoni ebbero la meglio su 4.000 austriaci sostenuti da otto bocche da fuoco. La differenza venne fatta dallo straordinario ardimento dei volontari nel corpo a corpo con la baionetta e l’espediente sudamericano di sparare soltanto a distanza ravvicinata. Garibaldi non voleva lasciare gli austriaci il tempo di rifiatare e si mosse verso Como. Qui lo attendeva ancora von Urban con 8.000 effettivi, artiglieria e cavalleria. Nell’incertezza il maresciallo austriaco aveva fatto presidiare entrambe le vie d’accesso del centro lombardo, da sud passando per Olgiate e da ovest attraverso il Passo di San Fermo. Garibaldi finisce di imboccare la prima, salvo poi virare decisamente a nord e il 27 maggio investire l’avamposto austriaco trincerato nell’oratorio di San Fermo. Dell’assalto venne incaricato il tenente colonnello Giacomo Medici. I Cacciatori vennero posti su tre colonne: la prima sotto la guida del capitano Cenni, composta da una compagnie più i Carabinieri genovesi, avrebbe dovuto realizzare un attacco diversivo da sinistra, la seconda colonna del capitano Carlo De Cristoforis, assistita da un’altra compagnia, dare l’attacco centrale appena la prima fosse scattata in avanti. Infine la terza affidata al capitano Vecchieri per coprire sulla destra l’eventuale ritirata degli austriaci. Il piano fu compromesso data fretta di qualche volontario delle prima colonne che apri il fuoco anzitempo e indusse De Cristoforis ad un assalto prematuro che permise agi austriaci di contrattaccare. Il pronto intervento della colonna Medici con tutte e tre le colonne in marcia riporto la battaglia intorno al santuario. Sia pure subendo gravi perdite, i garibaldini costrinsero gli austriaci a ripiegare. Occupate le alture vicino alla città, i Cacciatori ebbero la meglio sulla controffensrva organizzata dagli austriaci che costretti a risalire sentieri impervi offrirono ai Cacciatori un facile bersaglio. Impreparato a contrastare la guerriglia, von Urban preferi ripiegare ancora, questa volta a Monza, dove avrebbe atteso I rinforzi. Garibaldi entrò a Como alle 21.30 trovando magazzini e bagagli lasciati dagli austriaci in fuga. Il bilancio fu di 13 morti, di cui tre ufficiali e 60 feriti per i Cacciatori e di 68 morti e 264 feriti per gli austriaci.
Favria, 27.05.2024 Giorgio Cortese
Buona giornata. Ricordiamoci sempre che c’è una crepa in ogni cosa, è da lì che entra la luce della speranza. Felice lunedì