Fotografia, i vincitori del World Press Photo a Roma al Palazzo delle Esposizioni - la Repubblica

Fotografia, i vincitori del World Press Photo a Roma al Palazzo delle Esposizioni

Arlette Bashizi for Washington Post, Africa Honorable Mention
Arlette Bashizi for Washington Post, Africa Honorable Mention 

Le migliori immagini dell’anno dal 9 maggio al 9 giugno con una mostra a loro dedicata

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Fotografare è riconoscere nello stesso istante e in una frazione di secondo un evento e il rigoroso assetto delle forme percepite con lo sguardo. È porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore” diceva il grande fotografo francese Henri Cartier-Bresson. Una lente per raccontare per immagini, aprire riflessioni critiche sui più importanti temi del nostro tempo, coniugare istante decisivo e forme, colori, atmosfere.

È l'obiettivo, come sempre dalla sua nascita nel 1955, del World Press Photo, il più ambito concorso internazionale di fotogiornalismo e fotografia documentaria che ha contribuito negli anni a costruire la storia del giornalismo visivo mondiale e che ora è giunto alla sua 67a edizione. Ventiquattro vincitori, sei menzioni d'onore (e da quest'anno due menzioni speciali della giuria, per l’eccezionalità e gravità del conflitto tra Israele e Hamas) selezionati da una giuria indipendente tra 3.851 fotografi, 130 Paesi, oltre 61 mila immagini e contributi open format. Già presentati ad Amsterdam, Londra e Siviglia, ora arrivano a Roma - in anteprima nazionale a Palazzo delle Esposizioni dal 9 maggio al 9 giugno - con una mostra a loro dedicata.

“Nel nostro quotidiano siamo costantemente bombardati da immagini, da notizie. Ma a differenza che fruirne su uno schermo, la mostra permette al pubblico di rallentare, entrare nella complessità delle storie in modo differente, cercando di capire qualcosa sulle persone che hanno realizzato quelle immagini, e non solo sullo scatto. È parte di un tipo di giornalismo lento” racconta in esclusiva a Repubblica la curatrice della mostra Marika Cukrovski.

Valim-babena © Lee-Ann Olwage, South Africa, per GEO
Valim-babena © Lee-Ann Olwage, South Africa, per GEO 

I progetti premiati documentano alcune delle questioni più urgenti del mondo contemporaneo: dai conflitti devastanti agli sconvolgimenti politici, dagli effetti della crisi climatica sulle persone e il pianeta (l'innalzamento del livello del mare nelle isole del Pacifico, per esempio) ai disastri ambientali (il terremoto in Turchia); e ancora le grandi migrazioni (come quelle tra Sud e Nord America), malattie (la demenza in una famiglia in Madagascar), separazioni, intrecci famigliari. E ricordano l'importanza della libertà di stampa in ogni angolo del mondo. Reporters Senza Frontiere stima che quasi la metà della popolazione mondiale non abbia accesso a notizie e informazioni riportate liberamente. E aggiunge che più di 1600 giornalisti sono stati uccisi negli ultimi 20 anni, con un incremento spaventoso dal 7 ottobre scorso a causa della guerra tra Israele e Hamas (89 palestinesi, 2 israeliani, 3 libanesi).

Per offrire un miglior equilibrio geografico e globale, dal 2023 il World Press Photo ha adottato una strategia di selezione regionale. Africa, Asia, Europa, Nord e Centro America, Sud America, Sud-Est asiatico, Oceania. Ogni regione accoglie le proposte in quattro categorie basate sul formato: immagine singola, storia, long-term project e open format (che incoraggia la contaminzione tra linguaggi e nuovi approcci narrativi). A testimonianza di momenti, eventi, conseguenze di notizie, questioni o soluzioni sociali, politiche e ambientali.

Una donna palestinese stringe il corpo di sua nipote © Mohammed Salem, Palestine, Reuters
Una donna palestinese stringe il corpo di sua nipote © Mohammed Salem, Palestine, Reuters (reuters)

Quattro i premi principali, quest'anno vinti da Moahammed Salem per A Palestinian Woman Embraces the Body of Her Niece nella sezione migliore foto singola, Lee-Ann Olwage per Valim-babena nella sezione migliore storia, Alejandro Cegarra per The Two Walls nella sezione miglior progetto a lungo termine e Julia Kochetova per War Is Personal come miglior progetto Open Format.

"Negli ultimi anni stiamo assistendo a un allontanamento dal dolore. C'è la necessità di raccontare in maniera più dolce. E sempre più spesso i fotografi testimoniano il proprio paese, venendo meno allo sguardo occidentale a cui siamo stati abituati per anni» riferisce l'exhibition manager Arianna Catania. «È un cambio di prospettiva significativo”.

Un luogo perduto © Aletheia Casey
Un luogo perduto © Aletheia Casey 

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