Nel ricordo di Ernesto Bergamasco. Il figlio Raffaele: “Un onore”

Nel ricordo di Ernesto Bergamasco. Il figlio Raffaele: “Un onore”

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Nel ricordo di Ernesto Bergamasco. A parlare a ViViCentro.it, ai microfoni di Carlo Ametrano, è stato lo stesso figlio Raffaele Bergamasco.

Raffaele, vogliamo parlare dell’evento svolto alla ‘Boxe Vesuviana’ per ricordare tuo padre Ernesto Bergamasco?

“È stato un grande onore partecipare: essere all’evento di mio padre è sempre una cosa fantastica. Tutto grazie al maestro Zurlo. Lo ha fatto a livello di amicizia sportiva. Tanta emozione e tanta soddisfazione: ci sono stati suoi due ex allievi. Presente anche Irma testa. È venuta anche la prima donna qualificata belga. Sono stato, e ieri l’ho dichiarato, particolarmente amareggiato del provvedimento preso da parte del comune di chiudere la palestra di mio padre dopo 30 anni dopo aver vinto tanto e dato tante possibilità agli atleti”.

Bergamasco

Come mai?

“Il comune, sotto le vesti del commissario, ha mandato la lettera di sfratto a mia madre che deve chiudere la palestra. A solo 2 mesi dalla scomparsa è stato un rammarico troppo grosso. Ho spiegato questa situazione e dopo 5 minuti sono venuti i due candidati sindaci per il futuro a parlarmi. C’era anche il presidente del Comitato Campano che ha speso delle belle parole, dicendo che vorrà intervenire con Biagio Zurlo per far sì che questo non accada”.

FOTO: Gino Malacario Facebook

Cosa ha rappresentato per te tuo padre?

“Ve lo dico chiaramente: perdere mio padre è stata una cosa traumatica. Perderlo è stata una cosa extrafamiliare. Ho perso un mio punto di riferimento. Tante cose nella boxe le ho fatte grazie a lui e per lui. Il mio primo obiettivo era renderlo fiero di me e perderlo è stata una mazzata dura. Ogni volta che andavo all’estero c’erano amici ma anche stranieri che mi chiedevano se fossi il figlio e io ero onoratissimo. Il mio punto di rifermento era diventare più forte di lui: la mia luce sportiva. Sono orgoglioso di avere questo cognome”.

E sul tema Olimpiadi?

“Uno cerca sempre di cavalcare le sue orme. Anche se in casa si parlava solo di boxe. Mio padre me l’ha fatto vivere con il luna park: io dovevo essere presente a quest’evento. È stata la sua prima emozione sportiva e l’ho vissuta tramite i suoi racconti. Volevo sempre essere alle Olimpiadi: non ci sono riuscito da atleta ma ce l’ho fatta da preparatore atletico. Mio padre vedeva al di sopra di ogni limite sportivo: tu devi essere all’Olimpiade per essere un grande atletico”.

Quali saranno ora i tuoi prossimi obiettivi in qualità di allenatore?

“Andrò in Thailandia per l’ultimo torneo di qualificazione per Parigi dove porterò ancora un ragazzo. Ho ottenuto la qualificazione con il Belgio. La loro ultima volta risale al 1992 e l’ultima medaglia al 1948. Per me è stato un grande piacere e un grande risultato. Ho qualificato questa ragazza che ha tante qualità: è molto testarda, un po’ la ‘Irma Testa belga’. Spero di ottenere una medaglia con lei. Il mio sogno nel cassetto è puntare o cercare di arrivare alle Olimpiadi con una squadra africana. Vorrei poter allenare una nazionale del genere e puntare alle Olimpiadi”.

Senza dimenticare il portafortuna Carlo Ametrano

“Sicuramente con Carlo ci sentiremo!”.

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