“Abigail”, i mostri siamo noi - La Stampa

In tanti l’hanno conosciuto come il romantico Matthew Crawley nella serie “Downton Abbey”, ma in “Abigail” Dan Stevens è molto diverso da quel personaggio. Intanto ha abbandonato il suo elegante accento british per quello americano, poi è un criminale, Frank, membro di una banda messa insieme per rapire una bambina che studia danza classica. Suo padre è un uomo importante e devono tenerla in una casa abbandonata fino all’arrivo del riscatto. Ma niente è come sembra nel film di Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett (duo noto anche con il nome Radio Silence), in sala dal 16 maggio. Se amate il sangue sarete soddisfatti: girato in Irlanda, sul set sono stati utilizzati 30mila litri di sangue finto. A un certo punto la produzione ha dovuto perfino importarlo!

Come mai tanti film horror ultimamente?

“Pensiamo sempre che la cosa giusta da fare sia sbarazzarsi dei mostri, ma la verità è che non sono soli: siamo tutti mostri a modo nostro. Il pubblico ama questi film e io stesso, da spettatore, mi diverto a vederli al cinema, con le persone che urlano”.

L’horror è il genere che descrive meglio il mondo di oggi?

“Il mondo fa paura e la vita può essere tremenda, ma mai come in Abigail!”.

I registi del film amano il sangue: com’è stato ritrovarcisi immerso?

“Queste sono tutte persone discutibili: vuoi vederle cadere. Ma nel nostro film il sangue è talmente tanto esagerato che fa il giro e diventa divertente”.

Bettinelli-Olpin e Gillett sono imprevedibili come i loro film?

“Tutti i registi horror con cui ho lavorato, anche se fanno film assolutamente fuori di testa, nella vita sono persone dolcissime. È incredibile: più fanno film disturbanti, più sono gentili. Matt e Tyler mi hanno anche permesso di improvvisare”.

E visto che il sangue non la impressiona, cosa le fa paura quando guarda un film horror?

“Non mi piacciono le cose che si muovono sotto la pelle: impazzisco quando le vedo! C’è un episodio di X-Files su questo che mi ha segnato a vita”.

È successo qualcosa di spaventoso sul set?

“Gli animali impagliati mi hanno messo i brividi! La casa è vera, si trova a Dublino, e Kathryn Newton, che interpreta Sammy, era convinta che fosse infestata dai fantasmi”.

La cosa interessante di Abigail è che non c’è nessun eroe: sono tutti cattivi. È più stimolante recitare in un film del genere?

“Il fatto che non ci sia nessun eroe ti fa immergere di più nel film: ogni personaggio viene da realtà completamente diverse. In questo modo la pellicola ci dice che siamo tutti uguali: anche se siamo diversi, siamo tutti esseri umani”.

Nessuno si fida dell’altro. E a ragione. Potremmo dire che il rapporto tra loro è un po’ come muoversi in mezzo a fake news e immagini create con l’intelligenza artificiale? Come si fa leggere la realtà oggi?

“Oggi siamo tutti così sospettosi nei confronti degli altri. Nel film ci facciamo tutti a pezzi e, metaforicamente, succede anche nella realtà. È difficile capire chi sia il vero cattivo della storia oggi. Questa piccola gang di criminali è un ritratto della società: sono tutti avidi e completamente concentrati su loro stessi”.

Frank vuole il potere a tutti i costi. È un caso che sia l’uomo bianco del gruppo? C’è un commento sociale secondo lei?

“Non è soltanto un uomo bianco, è anche un poliziotto! Frank è sicuramente una persona che ha fatto delle pessime scelte. E nel film ne fa un’altra! Sta scappando dal proprio passato. Era un detective, che però ha scoperto che il crimine gli piace. È molto arrabbiato, ce l’ha con tutto il mondo, e non sopporta chi fa la vittima: secondo lui ormai è diventata una moda rivelare di aver subito un trauma e soffrire per questo. Non so se sono d’accordo con lui, ma sicuramente ha un punto di vista sulla società di oggi”.

Senza rivelare troppo della trama, possiamo dire che anche i mostri hanno problemi con i propri padri?

“Sicuramente. Tutti i personaggi del film hanno un problema con le loro famiglie. E la stessa Abigail alla fine non è così cattiva: anche lei è intrappolata in un ciclo eterno”.

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