Il bullismo nella società
Il bullismo nella società

Shoah e bullismo sono due parole molto forti, cariche di riflessioni e significati. Sembrano tanto lontane tra loro ma in realtà rappresentano l’esistenza dei famosi corsi e ricorsi storici. Non è stata la Shoah una prima forma di bullismo? Il decidere chi dovesse vivere e chi dovesse morire, la trasformazione dell’uomo a cosa, la completa violazione dei Diritti Umani. D’altronde, il nazismo, non è stato che la costruzione di un regime criminale legale, un apparato di morte ordinato e gerarchico che divenne normalità.

Si dice sempre che dalla storia dobbiamo imparare a non commettere gli stessi errori del passato. E allora perchè, dopo tanti anni di storia, ancora esistono fenomeni come il bullismo? il razzismo, l’omofobia, il sessismo, il mobbing?

Antonio Vitello, vittima di bullismo e scrittore, racconta la sua esperienza personale nel suo libro e fornisce un metodo innovativo per prevenire e contrastare tale fenomeno attraverso la didattica della Shoah e l’insegnamento dei Diritti Umani. Tale libro, edito da Multimage, nasce dall’esigenza di far conoscere un fenomeno troppo spesso sottovalutato che però porta tantissima sofferenza e molte volte è causa di suicidi: il bullismo giovanile e adulto. Nel libro vengono raccontate moltissime storie e vengono riportati i nuovi dati sul bullismo mondiale e l’approfondimento anche dell’ageismo, il bullismo fatto agli anziani.

L’autore ha dichiarato: “La situazione è gravissima. Nel 2019, l’UNESCO ha pubblicato un report dove spiega come uno studente su tre nel mondo sia vittima di bullismo. Nel marzo 2022 è stato riportato, grazie a uno studio descritto sulla rivista The Lancet Child & Adolescent Health, che il 38% dei minori disabili, a livello globale, abbia subito atti di bullismo, quindi circa uno su tre. Save the Children, in merito al bullismo in Italia, nel novembre 2023 ha diffuso un rapporto dove spiega come il 25,3% degli studenti e delle studentesse riportino di essere stati vittima di bullismo. Per quanto riguarda i dati del Mobbing in Italia, considerando comunque che sono notevolmente sottostimati, nel 2021 l’INAIL ha spiegato come siano circa un milione e mezzo i lavoratori italiani vittime del mobbing su circa 21 milioni di occupati, mentre siano 5 milioni il numero minimo stimato di persone in qualche modo coinvolte nel fenomeno. Naturalmente le conseguenze sulla salute sia del bullismo giovanile che adulto sono devastanti e possono portare al suicidio.”

L’autore, per prevenire e contrastare il bullismo, propone la didattica della Shoah cioè partire dallo studio della Shoah studiando tutte le differenti tipologie di vittime, che oltre agli ebrei erano i rom, i sinti, gli omosessuali, i testimoni di Geova, i disabili psichici e fisici e gli oppositori politici. In questo modo è possibile rendersi conto di quanto qualsiasi forma di violenza sia sbagliata verso qualsiasi persona. Un percorso riflessivo che dalla Shoah si conduce al bullismo, condannato dalla stessa senatrice Liliana Segre.

Abbiamo intervistato Antonio Vitello per conoscerlo meglio e riportarvi alcune curiosità sul suo libro e della sua infanzia.

Che tipo di bambino è stato? Che sogni aveva? E soprattutto, nel suo cammino, come si è posto dinanzi al fenomeno del bullismo?

Ero un bambino a cui piaceva molto stare con gli altri non sono mai stato un bullo anzi, mi ricordo bene come all’asilo e alle scuole medie fossi l’unico a giocare e parlare con i miei compagni/e cinesi. All’asilo l’unico bambino cinese, Leonardo, era il mio migliore amico. Mi sono sempre piaciuti i super-eroi Marvel e DC e alle medie rispondendo a una domanda su chi sarei voluto essere se avessi potuto scegliere, io risposi Spider-Man. Nel cammino mi sono sempre posto contro ogni forma di discriminazione e bullismo ma gli altri specie al liceo no, sono stati indifferenti anche i prof che premiavano i bulli con voti più alti e alla fine fecero passare i pochi che mi parlavano dalla parte dei bulli per non essere esclusi dalla vita sociale. Sono stato tanti anni poi a fare una cura farmacologica e alla fine ho trovato la psicologa giusta e ora ho smesso con i farmaci ma è stata dura. La passione per lo studio mi ha aiutato molto.

L’originalità del suo libro consiste nel fatto che sia molto completo sia nel trattare cos’è il bullismo e come prevenirlo; sia nell’andare oltre spaziando dal contesto scolastico a quello lavorativo. Quando e perché ha appunto pensato di scriverlo? Ha incontrato delle difficoltà? Se sì – quali?

Ho deciso di scriverlo alcuni anni fa, quando stava per uscire il mio saggio storico titolato “Il nazista che salvò gli ebrei. Storie di coraggio e solidarietà in Danimarca” con la prefazione di Moni Ovadia. Fu proprio il mio caro amico Moni a spingermi a scriverlo mettendomi anche in contatto con Riccardo Noury portavoce Amnesty International Italia. Sapevo che l’argomento era ed è ancora oggi sottovalutato così presi coraggio e mi misi a scrivere. Le difficoltà le ho avute nel riportare tutte quelle storie di suicidi dovute al bullismo e al mobbing, perché ogni volta che ne scrivevo una stavo malissimo ma sapevo che dovevo andare avanti per ricordare quella storia che altrimenti rischiava di finire nell’oblio.

La Shoah rappresenta senz’ombra di dubbio un capitolo buio della nostra storia. Tuttavia, le nostre generazioni del dopoguerra hanno empatizzato e sono state sensibilizzate dai racconti dei nonni partigiani e/o dagli interventi e le memorie dei sopravvissuti. Qual è la sua opinione al riguardo? Ha il sentore che le giovani generazioni di oggi siano più lontane? Il timore che per loro la Shoah possa essere solo un ricordo, un racconto. Quando tutti i sopravvissuti non ci saranno più, come faremo a mantener vivo questo ricordo?

Purtroppo già oggi è così, nei manuali scolastici alla Shoah vengono dedicate massimo 3 o 4 pagine e spesso vengono dimenticate le altre vittime: i testimoni di Geova, gli omosessuali e le lesbiche, i Rom e i Sinti, i disabili psichici e fisici, gli oppositori politici, i russi, gli slavi i polacchi, gli internati militari italiani ed altri. Di questi parlo nel mio libro, in una pillola di storia, proprio per spiegare che quando si spiega la Shoah bisogna parlare di tutte le categorie di vittime senza tralasciarne nessuna. Il genocidio degli armeni, avvenuto durante la prima guerra mondiale, in molti casi viene dimenticato e non trova spazio nei manuali scolastici. Per mantenere vivo il ricordo dei genocidi, anche quando i sopravvissuti saranno scomparsi, bisognerà inserirli, non con poche pagine, in tutti i manuali di storia che trattano il ‘900, dando ai prof più ore per trattarli adeguatamente. Ovviamente i media e le istituzioni dovranno dargli il giusto spazio investendo anche di più nella scuola, l’Italia purtroppo è uno dei paesi dell’unione Europea che investe di meno in questo fondamentale settore.

Secondo lei come si sconfigge il bullismo?

Io nel libro come si evince anche dal sottotitolo del libro, propongo un nuovo modo la didattica della Shoah e dei Diritti Umani. Spesso ci si dimentica o passano in secondo piano tutta una serie di categorie di persone che vennero perseguitate durante il nazismo, i membri delle quali ad oggi ricevono spesso bullismo come i disabili, le lesbiche e gli omosessuali, chi e di etnia diversa, i Rom e i Sinti, chi non appartiene alla religione professata dalla maggioranza (Testimoni di Geova ed altri), e naturalmente purtroppo gli stessi ebrei che continuano ad essere attaccati ancora per vecchi pregiudizi e tesi cospirative. Ma la Shoah non ha insegnato niente? Discriminare, vessare, attaccare una persona per via del suo orientamento sessuale, il suo credo religioso, a causa dei pregiudizi o altro e assolutamente sbagliato, inoltre dimostra quanto faccia paura chi e considerato diverso, ma basterebbe conoscerlo per non provarla più. Lo studio della Shoah ci può permettere di prevenire nuovi genocidi, inoltre ci insegna a non restare indifferenti e ad accettare ed a convivere con le altre persone anche se sono diverse da noi per una società basata sulla tolleranza, la comprensione e lo scambio di conoscenze. A questo punto qualcuno potrebbe avere da ridire citandomi i collaborazionisti o gli indifferenti che permisero all’Olocausto di raggiungere tali proporzioni, sia chiaro non ho intenzione né mi permetterei mai di paragonare il bullismo alla Shoah, pero nel bullismo sono presenti i bulli e le vittime ma anche gli aiutanti del bullo e gli indifferenti, questo sia nel settore scolastico che lavorativo. Questo è dovuto anche alla mancanza nel riconoscere la propria responsabilità personale, nonché ad una scarsa empatia e capacita di mettersi nei panni dell’altro. Per questo alcune persone potrebbero chiedermi in che modo l’insegnamento della Shoah potrebbe servire da esempio per spingere gli studenti a non essere indifferenti, quando proprio questa catastrofe fu resa possibile anche grazie gli indifferenti e l’aiuto fornito ai nazisti dai collaborazionisti. A questo quesito io risponderei che sarebbe possibile grazie all’insegnamento morale dei Giusti tra le Nazioni. Questo termine e il titolo dell’altissimo riconoscimento conferito ai non ebrei che durante l’Olocausto non rimasero indifferenti ma contribuirono a salvare gli ebrei. Questi, mentre erano circondati dall’indifferenza e dall’ostilità dei propri vicini verso gli ebrei, decisero con coraggio, visto che sapevano bene cosa rischiavano qualora fossero stati scoperti, di compiere una scelta autentica per preservare i valori umanitari e non restare indifferenti. Le loro azioni erano rivolte a proteggere il valore e la dignità dell’essere umano. I soccorritori erano persone normali e comuni, uomini e donne di diverse condizioni sociali e confessioni religiose, ma che condividevano un’umanità, un’empatia e la capacita di mettersi nei panni degli altri.

I Giusti utilizzando il libero arbitrio andarono controcorrente rispetto agli indifferenti e a chi aveva abbracciato i nuovi usi e costumi e la nuova moralità depravata e degenerata, così facendo, decidendo di considerare gli ebrei degli esseri umani la cui dignità andava preservata, scelsero il bene. Perciò le loro storie e il loro esempio morale devono essere insegnati nelle scuole attraverso la didattica della Shoah, ai fini di aiutare le nuove generazioni a costruire una società fondata sui più alti valori umani, e a prevenire nuovi possibili genocidi. Tramite le loro storie si potrà quindi insegnare agli studenti a costruirsi una coscienza e uno spirito critico, nonché a sviluppare un senso di responsabilità e di empatia che gli permetterà di mettersi nei panni degli altri. Tutto ciò e fondamentale, perché scoraggerebbe il bullismo sia nello stesso bullo sia perché magari si ritroverebbe privo di aiuti e di fronte a persone pronte a difendere la vittima e le sue istanze. Insegnare inoltre la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1948 è di fondamentale importanza poiché rappresenta lo strumento per educare ai diritti umani al fine di far comprendere alle persone le norme, i principi e i valori che sono alla base dei diritti umani e dei meccanismi per la loro tutela, inoltre permette a queste di avere gli strumenti necessari per esercitare i propri diritti e per far rispettare e difendere i diritti altrui.

Cosa suggerirebbe a tutti quegli adolescenti che oggigiorno vengono bullizzati che non parlano e/o si confidano con la figura dell’adulto perchè si vergognano?

A chi sta subendo bullismo invito a denunciare, e se non trova aiuto ed un cambiamento di rotta, a cercare di cambiare scuola anche se delle volte e molto difficile o quasi impossibile. Mentre a chi sta subendo in questo momento le conseguenze del bullismo invito a cercare aiuto sia nei familiari, sia in chi vi vuole bene ma in maniera categorica – non rimanete da soli ma apritevi! non perdetevi d’animo e non arrendetevi mai. Aggrappatevi sempre alla speranza senza perdere mai la voglia di portare avanti le vostre aspirazioni. Non dovete assolutamente vergognarvi perché parlare con un adulto può salvarvi la vita o comunque può migliorare sensibilmente la vostra situazione. Non c’è nulla di cui vergognarsi, anzi, dovete parlare perché tenersi tutto dentro fa malissimo e può distruggervi.

Sabrina Mautone

Sabrina Mautone nasce a Napoli il 18/05/96 e vive a Milano. Giornalista pubblicista laureata in Lingue Moderne presso la Federico II e specializzata in Comunicazione e Cooperazione Internazionale per Istituzioni ed Imprese presso l'Università Statale di Milano. Con un master post-lauream in Giornalismo Radio-Televisivo a Roma, lavora da freelancer e segue eventi in Italia e all'estero.

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