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Rivolta in Nuova Caledonia contro riforma elettorale, 4 i morti

Il presidente Emmanuel Macron dichiara lo Stato di emergenza

di Riccardo Sorrentino

La foto mostra un incendio in strada dopo il saccheggio di un supermercato e gli atti vandalici nei negozi nel quartiere N’Gea di Noumea, il 14 maggio 2024. Nuova Caledonia (Photo by Delphine Mayeur / AFP)

4' di lettura

Una rivolta contro il suffragio universale. È di quattro morti, tra cui un gendarme, centinaia di feriti, e decine di persone arrestate il bilancio degli scontri violenti che sono scoppiati a Nouméa, in Nuova Caledonia, contro la riforma costituzionale voluta da Parigi. È la rivolta aspra - almeno da quella, dai contorni etnici, scoppiata tra il 1984 e il 1989, gli Événements - nella storia del territorio d’oltremare francese, strategico per la sua posizione nel Pacifico e per le ricche miniere di nickel, metallo oggi anche più importante per la produzione delle batterie.

Macron dichiara lo Stato di emergenza

Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha chiesto al governo di dichiarare l’état d’urgence - della durata di dodici giorni, rinnovabili solo con l’autorizzazione dell’Assemblée - come era stato chiesto dalle opposizioni di destra. Ha anche convocato una riunione di crisi del Consiglio di difesa e sicurezza nazionale, con un numero ristretto di ministri. «Tutte le violenze sono intollerabili, e saranno oggetto di una risposta implacabile per assicurare il ritorno dell’ordine repubblicano», ha detto l’Eliseo. Ha anche deciso di inviare rinforzi - altri 500 gendarmi, in aggiunta ai 1.800 presenti sulle isole - e se ha insistito per la prosecuzione del dibattito parlamentare e l’approvazione della riforma ha dato il via libera ai negoziati con gli eletti locali, che saranno presto ricevuti dal primo ministro Gabriel Attal.

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Verso la terza notte di scontri

Nell’arcipelago francese nell’Oceano Pacifico è stato imposto il coprifuoco, dopo che nella notte di lunedì numerose case, strutture pubbliche e aziende sono state date alle fiamme e sono state saccheggiate dai rivoltosi. La misura non ha impedito nuovi scontri, più violenti, anche nella notte di martedì e si teme una terza notte di rivolta (sulle isole l’orologio è nove ore più avanti rispetto a Roma e Parigi). Sparatorie, saccheggi e incendi si segnalano in tutto l’arcipelago, in preda a una situazione di tipo «insurrezionale», secondo le autorità locali. Alcuni cittadini hanno invece formato delle milizie volontarie per proteggere le strade dai violenti.

Il richiamo alla calma dei partiti locali

Cinque partiti dell’arcipelago - Union calédonienne, l’Union nationale pour l’indépendance, L’Éveil océanien, Les Loyalistes e Le Rassemblement-LR - hanno invitato alla calma. «Facciamo solennemente appello all’insieme della popolazione alla calma e alla ragione», hanno scritto sulle stesse reti sociali con le quali i ribelli si organizzano. «Siamo convinti che solo con il dialogo e la resilienza potremo uscire collettivamente da questa situazione», hanno aggiunto ricordando i lunghi colloqui che hanno preceduto la contestata riforma costituzionale e che «sono stati identificati degli equilibri e un accordo è possibile».

I privilegi dei kanaky

Gli scontri sono animati dai kanaky, gli abitanti autoctoni melanesiani, che rappresentano il 40% circa della popolazione. La popolazione giovane - molti dei fermati hanno tra 15 e 25 anni - è molto radicalizzata e si raccoglie attorno alla Cellule de coordination des actions de terrain, braccio estremista del Front de libération nationale kanak et socialiste, che comprende invece partiti e gruppi più moderati. Molto attenti al loro peso sulle isole, i kanaky temono di “annegare” in una popolazione in crescita. Nel tempo sono riusciti quindi a conservare l’indicazione dell’etnia nei dati anagrafici - assente nel resto della Francia - e soprattutto un “congelamento” del corpo elettorale per il voto locale. Se per le presidenziali o l’Assemblée nationale di Parigi possono votare 220mila persone, per le province dell’arcipelago hanno diritto di voto 178mila persone: coloro che facevano parte del corpo elettorale del ’98, e i discendenti. I referendum per l’indipendenza dell’arcipelago - se ne contano ormai tre, nel ’98, ’18 e ’20, tutti respinti - hanno un corpo elettorale anche più ristretto. I kanaky hanno anche accesso privilegiato ai posti di lavoro.

La riforma di Macron

La deroga è stata ammessa dal Conseil Constitutionnel francese - dichiarata anticostituzionale nel ’99 fu reintrodotta da Jacques Chirac nel 2007 - e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo perché parte di un «processo di decolonizzazione», ma a patto di essere considerata «davvero transitoria». La riforma costituzionale di Macron, votata con 351 voti a favore e 153 contro allarga il corpo elettorale a coloro che abitano sull’arcipelago da almeno dieci anni e a coloro che vi sono nati, aggiungendo circa 25mila persone. Deve ora essere approvata dai 3 quinti delle camere riunite in “Congresso” a Versailles, probabilmente - ha detto Macron «entro la fine di giugno» a meno che indipendentisti e lealisti non si mettano d’accordo entro quella data per un testo di legge più consensuale.

Ripercussioni politiche in Francia

Forti, in un clima preelettorale, le ripercussioni politiche nella Francia metropolitana. Le sinistre - vicine al Front de libération nationale kanak et socialiste e all’Union calédonienne che ne fa parte - accusano il governo di «aver soffiato sul fuoco», mentre la destra ha invocato l’état d’urgence, poi adottato da Macron. Il candidato del Partito socialista e di Place publique alle elezioni europee, Raphaël Glucksmann, astro nascente della politica francese, ha espresso «solidarietà al popolo della Nuova Caledonia» e ha fatto appello alla «solidarietà» e al «dialogo».

Nickel e geografia: un arcipelago strategico

Economicamente molto vivace, la Nuova Caledonia è strategica, per la Francia, per il nickel, alla cui estrazione è dedicata il 15% del territorio. Nel 2019, le riserve erano pari al 7% del totale mondiale, in quarta posizione a pari merito con le riserve russe. Attualmente le esportazioni si dirigono soprattutto in Cina (il 72% nel 2019), Giappone, Corea del Sud e Spagna, ma la situazione potrebbe cambiare.
Ha inoltre un innegabile interesse militare: permette alla Francia, insieme agli altri territori del Pacifico (Polinesia francese e Wallis-et-Futuna), di essere presente in uno scacchiere sempre più importante, anche sul fronte delle alleanze (con Australia, Stati Uniti, Nuova Zelanda). Parificata politicamente al territorio metropolitano - i cittadini votano per il presidente e hanno rappresentanti nell’Assemblée nationale, la Nouvelle-Calédonie usa una moneta comune a tutte le collettività del Pacifico, il franco pacifico, con cambio fisso con l’euro, la cui adozione è stata di fatto bloccata dal solo arcipelago di Nouméa.

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