Ailanto, l'albero del paradiso
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Briciole di natura

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A cura di Riccardo Raggi

Ailanto, l'albero del paradiso

L’Ailanto (Ailanthus altissima) è originario della Cina e delle isole Molucche e, una volta introdotto in Europa, Stati Uniti d'America, Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda, si è rapidamente naturalizzato

Nonostante il nome, è una delle piante più infestanti che possiamo trovare in Europa, sebbene, grazie alle sue caratteristiche morfologiche, in passato fosse considerato un albero ornamentale e decorativo. Si sta parlando dell’Ailanto, essenza arborea ben difficile da estirpare ed estremamente invasiva. L’Ailanto (Ailanthus altissima) è originario della Cina e delle isole Molucche e, una volta introdotto in Europa, Stati Uniti d'America, Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda, si è rapidamente naturalizzato.

Arrivato in Inghilterra nel 1751 e, un decennio dopo, nell'Orto Botanico di Padova, nella seconda metà dell'800 vide una grande diffusione, perché pianta ospite del Bombice dell’ailanto (Samia cynthia), una farfalla il cui bozzolo era utilizzato per la produzione di una seta molto resistente. Tutto ciò durò alcuni decenni, finché i bachi dell'ailanto iniziarono ad avere difficoltà di ambientamento: la produzione venne interrotta, ma la pianta rimase e si naturalizzò, grazie alla sua adattabilità e al vasto impiego come albero ornamentale e da rimboschimento. 

L’utilizzo come pianta ornamentale fu massimo verso la metà del ‘700, un'epoca in cui il gusto per le cosiddette cineserie influenzava notevolmente il senso estetico in Europa: erano apprezzate essenze arboree che ricordavano paesaggi orientali, tanto che venne largamente impiegato per le alberature stradali e nei parchi cittadini. Oltre che per l’estetica, la scelta di questo albero era motivata anche dalla sua crescita rapida, che assicurava in poco tempo ombra lungo le strade; inoltre, la sua capacità di svilupparsi in ambienti degradati e inquinati lo rendeva una pianta ideale per la sua efficienza nell'assorbimento di sostanze nocive, come il diossido di azoto, l'ozono e le polveri sottili.

Quest’albero porta con sé tutte le caratteristiche delle specie pioniere (le prime piante che colonizzano ambienti poveri di vita): resistenza alla luce intensa, accrescimento rapido, longevità limitata, precoce raggiungimento della maturità e quindi della produzione di semi, riproduzione vegetativa tramite polloni, capacità di prosperare in condizioni avverse, anche in suoli poco profondi e poveri di sostanze nutritive. La sua spiccata invasività è accentuata dal fatto che le radici producono una tossina, l'ailanthone, capace di inibire la crescita e lo sviluppo di piante concorrenti vicine, tanto da creare in pochi anni dei boschi puri di ailanto; anche cercare di eliminarlo tagliandolo è un errore, per via della sua sorprendente capacità rigenerativa, che gli permette di emettere ovunque nuovi polloni, impossibili da contenere.

Sempre per la sua adattabilità e per la sua grande velocità di crescita, e crescendo bene anche in situazioni difficili, l'ailanto si è dimostrato utile anche per il consolidamento di terreni franosi e sterili e perciò venne largamente impiegato, favorendo la sua diffusione, purtroppo anche là dove non si voleva la sua presenza o dove non era necessaria. La pianta è ben riconoscibile in natura: ha una corteccia chiara e liscia, di colore grigiastro, con i rametti dell'anno di colore rossiccio. Il legno è di un giallo chiaro, di scarsa qualità perché leggero e fragile. Le foglie sono alterne, lunghe 40-60 cm, di colore verde-scuro, formate da 6-12 paia di foglioline lanceolate e acuminate all'apice: se vengono stropicciate emettono un odore sgradevole.

Le infiorescenze sono costituite da pannocchie con piccoli fiori di colore verde-giallastro, lunghe circa 10-20cm, mentre il frutto è costituito da grappoli di samare, rossicce quando sono giovani. L’etimologia del nome generico “Ailanthus” deriva dal malese “ailant o aillanitol” e significa “alian", mentre l’epiteto specifico “altissima”, fa riferimento alla grande velocità con cui quest'albero si sviluppa in altezza. Tale caratteristica gli è valsa il nome italiano di "albero del paradiso"): ogni anno cresce di un metro in altezza e 1,5 cm in diametro, raggiungendo a maturità circa 25 metri. Fortunatamente è poco longevo, ma ha una sorprendente capacità di generare polloni, permettendo alla pianta di rigenerarsi per molto tempo.

Questa tenacia si sta rivelando un grosso problema nella sua gestione e contenimento e non si può contare neppure su rimedi “naturali”: il numero di parassiti che ne infestano foglie o radici è ridottissimo (oltre al Bombice dell’Ailanto, solo due coleotteri e una cocciniglia). È anche di scarso interesse per gli uccelli, che non lo scelgono per costruire il nido, o per i boscaioli, che lo evitano perché il tronco spesso si spacca all'improvviso in senso longitudinale e perché il legno brucia male… sembra che il suo unico scopo su questo pianeta sia togliere spazio alle piante spontanee dei nostri boschi!
 

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